L’Italia per ripartire deve aprire le porte ai giovani, i più capaci di fare impresa in modo brillante ed efficace.
In agricoltura i numeri parlano chiaro: se gli under 35 sono al timone di un’azienda solo in 3 casi su 100, sono proprio queste realtà a ospitare la migliore imprenditoria, in grado di creare il 35% in più del valore aggiunto rispetto alla media. Sono pochi, ma producono meglio degli altri: i giovani, sempre più vittime dell’attuale fase recessiva, sono in realtà le migliori leve di sviluppo e competitività.

Per questo è diventato urgente ricucire la frattura generazionale che investe il settore, lavorando per abbattere gli ostacoli all’apertura di una nuova azienda e per scongiurare definitivamente la marginalità.

E' questo il messaggio che i giovani della Cia hanno riferito al ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, nell’incontro con la giovane imprenditoria italiana.
E' indispensabile, secondo la Cia, che il comparto intercetti queste forze fresche che la crisi ha relegato in quel 35,9% dei giovani italiani disoccupati.

E' la fotografia scattata da Agia - Cia a dimostrare che non sono più motivi culturali a tenere lontani i giovani dalla campagna, ma ragioni pratiche, legate agli ostacoli propri della fase di “start-up” e alla bassa redditività del comparto. Se, infatti, solo il 2,4% dei giovani ritiene il mestiere dell’agricoltore troppo faticoso e disagevole, a scoraggiare il 22% sono le difficoltà connesse all’accesso al credito, necessario nella fase di start-up per fronteggiare i costi iniziali. Il 23,2% è frenato dal costo eccessivo della terra, mentre il fardello della burocrazia è l’ostacolo maggiore per quasi il 16% del campione.

L’elemento che allontana di più, comunque, rimane sempre la poca appetibilità di un mercato poco remunerativo, che ha sommato il 36,6% delle preferenze.
“I nostri giovani agricoltori - ha detto il presidente dell’Agia-Cia, Luca Brunelli - sono sempre più preparati e competenti: tra gli ‘under 40’ il numero dei laureati è cresciuto del 35% e tanti ‘neo-dottori’ nelle discipline più disparate guardano con interesse al settore. A queste ‘nuove leve’ bisogna dare gli strumenti giusti per fare impresa in modo davvero innovativo, valorizzando al meglio le loro grandi potenzialità e la loro naturale propensione alla diversificazione produttiva e alla sostenibilità ambientale".

Già oggi nel centro Italia 4 aziende su 10 praticano agricoltura multifunzionale, mentre nel caso di una conduzione giovane si passa a 5 casi su 10.
I giovani che praticano un’agricoltura più innovativa sono il 4,7% rispetto al 2,7% dei senior.