L’innovazione in agricoltura non sta nell’ultimo ritrovato della tecnica o nell’acquisto di una nuova attrezzatura.
L’impresa agricola innovativa è quella che si avvale di una gestione di tipo manageriale e supera i vecchi parametri di riferimento quali dimensione, fatturato, ordinamento colturale.
Questo è solo uno dei tanti concetti scaturiti dall’indagine di Agri 2000 presentata a Bologna su un campione di 1000 giovani imprenditori agricoli, rappresentativi delle imprese che hanno maggiori prospettive nel Paese.
“Il settore agroalimentare italiano – spiega Camillo Gardini, presidente di Agri 2000 – muove il 15% del Prodotto interno lordo considerando anche tutto l’indotto logistico e distributivo. Ma tutto deriva dalla base produttiva, dagli agricoltori. E la ripresa economica italiana può partire solo dal settore agroalimentare che è il più ricco, il più diversificato e quello con il maggior numero di eccellenze al mondo”.
Cosa pretende il consumatore
Dall’indagine di Agri 2000 emerge che per avere successo non conta tanto la dimensione aziendale, quanto la capacità di capire cosa pretende il consumatore. Non è fondamentale acquistare l’ultimo modello di attrezzatura, quanto andare sui mercati con un prodotto ricercato e riconoscibile, meglio ancora se a marchio.
Non è una coincidenza se le aziende gestite con una concezione manageriale (38% del campione) tendono a proporsi sui mercati mettendo il proprio marchio sui prodotti, in misura superiore al 10% rispetto alle aziende tradizionali (62% del totale).
Secondo i dati Istat, in Italia le imprese agricole guidate da giovani sotto i 40 anni sono 170mila su un totale, iscritte alla Camera di commercio, di 824mila. Secondo la valutazione di Agri 2000, le imprese veramente professionali e che vivono di sola agricoltura e guidate da giovani sono 95mila.
Pochissime, rispetto a nazioni come Francia e Germania dove rappresentano quasi l’8% del totale, contro il 3% italiano.
L'agricoltura italiana
L’indagine contribuisce ad abbattere lo stereotipo secondo cui tutto il mondo agricolo nazionale sia in ginocchio.
“Durante il convegno – prosegue Gardini – abbiamo fatto parlare alcuni imprenditori che, grazie all’innovazione di mentalità, oltre che tecnologica, oggi fatturano centinaia di migliaia, o milioni, di euro l’anno".
Un esempio è Tommaso Carioni, 33enne, allevatore della provincia di Cremona con 300 capi in lattazione. All’età di vent’anni ha perso il padre e si è rimboccato le maniche, insieme al fratello, partendo da una stalla con 20 capi. Oggi ha costruito un caseificio, un negozio per la vendita dei prodotti aziendali, un impianto per la produzione di energia da biogas. Tutto questo scrollandosi di dosso le vecchie abitudini gestionali e andando incontro alle esigenze di mercato.
Dal nord al sud con le idee e l’innovazione di mentalità come filo conduttore: è il caso di Donato Fanelli, della provincia di Bari, il quale produce uva da tavola e ciliegie e ha organizzato una associazione di organizzazioni di produttori tramite la quale vende, anche alla Grande distribuzione, frutta e verdura a marchio prodotta in diverse regioni del sud. Un esempio di come la ‘rete’ produca ricchezza.
Bologna, un momento del convegno
Piccolo uguale a reddito
Da anni si dice che il reddito si fa solo con grandi superfici, ma non sempre è vero. Casi emblematici sono i meleti del Trentino, o i vigneti toscani, così come gli impianti fragole del veronese o della Romagna. Durante il convegno è intervenuto Michele Scrinzi, direttore della cooperativa Sant’Orsola, cooperativa che associa produttori di piccoli frutti del Trentino. In questo caso la superficie media aziendale è di circa mezzo ettaro, eppure gli agricoltori fanno reddito. Grazie agli investimenti fatti sul marchio, oggi i piccoli frutti di Sant’Orsola sono i più richiesti dal mercato.
Innovare a cadenza regolare
Un’altra testimonianza è stata quella di Marcello Mutti, dell’omonima azienda di Parma che trasforma pomodoro. Il nome Mutti è legato all’innovazione: nel 1951 lanciò sul mercato il concentrato di pomodoro in tubetto, nel 1971 la polpa in barattolo, nel 2004 l’aceto di pomodoro e, nel 2011, un condimento particolare per pasta ripiena.
Le conclusioni della presentazione del 5° Rapporto di Agri 2000 sono state tratte da Claudio Gallerani, della cooperativa Italia Zuccheri. Se in Italia esiste ancora la produzione di zucchero, dopo la cancellazione quasi totale ‘concordata’ qualche anno fa a livello europeo, lo si deve all’intuizione di Gallerani e pochi altri imprenditori. Un settore, quello dello zucchero, che vede prezzi in ascesa e risente di forti squilibri: la scorsa estate alcune catene della Gdo sono rimaste senza rifornimenti a causa della mancanza del prodotto.
I 5000 soci di Italia Zuccheri producono bietole per cercare di colmare questi vuoti.
5° Rapporto 2011 - Osservatorio sull'innovazione delle imprese agricole (scarica il PDF)
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Fonte: Agri2000