La filiera dell'avicoltura nazionale, nonostante il tiro incrociato di congiuntura economica e mode alimentari 'veggy', stando a quanto emerso da un rapporto Nomisma presentato a Roma da Unaitalia, gode di ottima salute.
Negli stessi anni in cui si è registrato un calo della spesa per le carni e i derivati pari a -7,5% a valori costanti, tra il 2009 e il 2015 i prodotti avicoli hanno visto aumentare i consumi da 18,6 kg pro-capite a 20,2 kg, la produzione del 9%, la ricchezza prodotta dagli allevamenti del 27% e quella prodotta dalla trasformazione del 6,2%, raggiungendo il 106% di copertura del fabbisogno interno.
 
Il report Nomisma
I numeri positivi del comparto sono da attribuire, secondo Nomisma, all'evoluzione strutturale e organizzativa del settore avicolo verso un modello costituito da pochi operatori di medie e grandi dimensioni che coinvolgono una moltitudine di imprese agroalimentari fortemente integrate lungo la filiera, ma anche alla capacità da parte del sistema produttivo avicolo di interpretare il radicale mutamento delle abitudini di consumo.

Negli anni '60 e '70, ad esempio, gli italiani consumavano quasi esclusivamente pollo intero, mentre a partire dagli anni '80 le preferenze si sono spostate sempre di più verso il pollo in parti (che nel 2014 ha rappresentato il 61% dei consumi di carne di pollo) e, parallelamente, verso quello lavorato e ad alto contenuto di servizio, che nel 2014 ha raggiunto il 28% del totale dei consumi di categoria, contro solo l'11% relativo al prodotto intero.
 
Oltre ai risultati economici, più che significativi sono i numeri 'strutturali' della filiera: parliamo di circa 18.500 allevamenti che impiegano 38.500 addetti, con produzione e occupazione in gran parte concentrati in 6mila allevamenti professionali con almeno 250 capi, cui si affiancano un gran numero di allevamenti di tipo rurale distribuiti all'interno del territorio nazionale.

La fase della trasformazione (macellazione, sezionamento e preparazione delle carni e lavorazione delle uova) è assicurata da circa 1.600 imprese agroindustriali, che danno lavoro direttamente a circa 25.500 addetti e che grazie alla filiera integrata possono contare su una base produttiva stabile con la quale investire per rispondere alle nuove esigenze della domanda.
 
Secondo il rapporto, nella fase primaria gli allevamenti avicoli assicurano l'8,5% del valore della produzione agricola italiana e il 4,2% degli addetti dell'intero comparto agricolo.
In quella successiva di macellazione e trasformazione le imprese di lavorazione di carni avicole e produzione di uova rappresentano il 4,2% delle vendite e il 5,7% degli addetti dell'industria alimentare italiana.
 
L'integrazione di filiera adottata dall'avicoltura italiana fornisce agli allevatori la possibilità di beneficiare di garanzie non sempre presenti in agricoltura: un rapporto di collaborazione stabile nel tempo, un qualificato supporto tecnico-sanitario e, soprattutto, una maggior tutela da condizioni di mercato perturbate, consentendo inoltre loro di condividere e adottare rapidamente best practice, implementando sistemi di autocontrollo che si integrano con le attività ispettive di monitoraggio e analisi delle autorità sanitarie pubbliche.

Esemplari in questo senso i risultati del Piano nazionale per l'uso responsabile del farmaco veterinario e la lotta all'antibiotico-resistenza in avicoltura, elaborato da Unaitalia in collaborazione con la Società italiana di patologie aviarie e con la supervisione del ministero della Salute: il Piano prevedeva di ridurre del 15% rispetto al dato 2011 il consumo totale di antibiotici entro il 2015, e di arrivare a meno 40% nel 2018.
Con il 39,95% di riduzione dell'indicatore di consumo registrato lo scorso anno, si può praticamente sostenere che il risultato del 2018 è stato raggiunto con tre anni di anticipo.

Altro esempio presentato da Nomisma è quello riferito alla presenza negli animali vivi e nei prodotti immessi sul mercato di eventuali residui di sostanze anabolizzanti e farmaci veterinari: nel 2014 le ispezioni delle produzioni avicole hanno prodotto un risultato di non conformità pari allo 0,04%.

 
Aldo Muraro, presidente di Unaitalia
 
Una filiera alla ricerca della perfezione
"Abbiamo voluto mettere intorno ad un tavolo le istituzioni e i rappresentanti del mondo agricolo e della filiera - spiega il presidente di Unaitalia Aldo Muraro - ponendo al centro del dibattito l'esigenza di valorizzare le produzioni zootecniche nazionali e rivendicando il loro ruolo economico primario nel sistema agroalimentare.
Vogliamo stimolare una riflessione sui modelli più adatti a sostenere le sfide del futuro, per disegnare un nuovo approccio a una zootecnia sempre più sostenibile, con una crescente attenzione al benessere animale.
Crediamo che l'avicoltura, con il suo sistema di integrazione di filiera che si è rivelato vincente, e su cui c’è forse scarsa conoscenza e qualche pregiudizio, possa rappresentare un interessante punto di riferimento per l'intero comparto zootecnico italiano"
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