E' crisi, e non da oggi, anche per gli allevatori di conigli, che al pari dei  loro colleghi suinicoltori si trovano da tempo a fronteggiare un mercato in difficoltà, con quotazioni che non arrivano a coprire nemmeno le spese di produzione. Le  quotazioni sui principali mercati di riferimento si sono fermate da tempo sotto quota 1,4 euro per chilo, contro un costo di produzione che a fine 2007 era stimato in oltre 1,74 euro. Stime che dovrebbero essere riviste al rialzo, dopo il caro mangimi di questi ultimi mesi, conseguente all'impennata dei cereali.

Delle difficoltà del settore cunicolo ci siamo occupati più volte anche su Agronotizie, ricordando le molte iniziative di alcune associazioni degli allevatori per arginare il problema. Ora si aggiunge al coro anche la protesta di Anlac, l'Associazione nazionale liberi allevatori di conigli che per voce del suo neo presidente, Saverio De Bonis, sottolinea come "per ogni chilo di carne venduto l'allevatore italiano perde almeno 30 centesimi". Una situazione insostenibile e che sta mettendo a rischio la sopravvivenza di tanti allevamenti e di molti posti di lavoro anche nell'indotto.


I rimedi proposti

Urgono dunque adeguati rimedi che per il presidente di Anlac si concentrano nella realizzazione di una campagna pubblicitaria istituzionale promossa dal Mipaaf per rilanciare i consumi. Un'iniziativa alla quale si dovrebbe anche affiancare l'etichettatura obbligatoria della provenienza anche per le carni di coniglio.

Richieste legittime, ma forse non semplici da realizzare. Già si è aperto un contenzioso con la Ue per l'etichettatura delle carni avicole, dove l'indicazione della provenienza è fortemente motivata dal problema influenza aviare.

Difficile poi immaginare una promozione delle carni cunicole "pagata" da Pantalone. E gli altri, che direbbero? Perché i conigli sì e i suini, ad esempio, no?

Qualche possibilità di aiuto, forse, la si potrebbe avere se gli operatori della filiera mettessero mano al portafoglio, come avvenuto qualche anno fa quando fu possibile dare il via ad una campagna radiofonica per la promozione del consumo di carni di coniglio proprio grazie al contributo delle singole aziende.

E forse sarebbe anche opportuno che tutti (specie le associazioni dei produttori), imparassero ad agire con strategie comuni e condivise. Quando ci si presenta divisi e con idee contrapposte si offrono mille scuse agli amministratori pubblici per lasciare le cose come stanno. Lezioni in questa direzione  la coniglicoltura ne ha già avute molte


Stato di crisi in molte Regioni

Intanto, per risollevare almeno un po' il morale del settore, arriva la notizia che in Puglia è stata accolta  la richiesta per ottenere la dichiarazione dello stato di emergenza per il settore. Mentre lo stato di crisi è già stato sancito per Veneto, Friuli V.G., Marche, Piemonte e Campania. “In discussione ci sono ancora – afferma Claudio Maniero di Coniglio Veneto - Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e Abruzzo. Regioni cunicole importanti nelle quali ogni operatore della filiera cunicola si dovrebbe sentire impegnato per ottenere il riconoscimento dello stato di crisi. Questo permetterebbe di presentarci, come filiera,  al prossimo Tavolo cunicolo nazionale con alle spalle le Regioni e quindi in un rapporto di forza, soprattutto verso la distribuzione, molto diverso che non in passato.”

Le speranze sono che già dal prossimo settembre questo “Tavolo” possa trovare accoglienza presso il ministero dell'Agricoltura. Seguendo questa strada gli allevatori di suini hanno ottenuto ascolto e hanno ricevuto strumenti per uscire dalla crisi. Presentandosi però con richieste coerenti e condivise. Ci riusciranno i coniglicoltori? Vedremo.

 

 

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