Come accade ogni 31 ottobre per le maschere di Halloween, anche quello sui residui sembra ormai divenuto un rituale horror da cui non ci si riesce proprio a liberare. Con la differenza che almeno le maschere di Halloween sono un'innocua carnevalata che fa divertire per lo più i bambini.
Tutt'altro che goliardico e divertente appare invece l'assalto che va periodicamente in scena in materia di residui di agrofarmaci nei cibi. Un rituale fors'anche più macabro degli zombie e dei vampiri che bussano alle porte chiedendo "Dolcetto o scherzetto?".
Ben lungi infatti dall'apparire uno scherzo - e prevedibili come un peto dopo una feijoada - ogni volta che vengono pubblicati i dati del Ministero della Salute sui residui arrivano comunicazioni strillate ove la realtà viene descritta in modo diametralmente opposto a quella che è.
Quasi che certi discutibili personaggi avessero letto documenti diversi da quelli rilasciati dalle Autorità, gli scenari agro-sanitari italiani vengono infatti costellati di pathos e di "preoccupazioni" immotivate. Preoccupazioni di cui prima o poi sarebbe bene che qualcuno rendesse conto, magari argomentando in modo scientifico anziché soffiare maliziosamente nelle trombe delle paure popolari più istintive.
Con buona pace degli allarmisti di professione e degli ingenui che van loro dietro, gli scenari residuali italiani sono invece sempre più positivi e incoraggianti, posizionando il Bel Paese al primo posto in Europa e facendo ritenere del tutto sicuri i cibi che mangiamo. Sicuri per lo meno dal punto di vista dei residui di agrofarmaci.
Ben se n'è accorta perfino la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale ha appena lanciato uno spot che ha quasi dell'incredibile, considerando i modi con cui di solito vengono presentati ai telespettatori gli agrofarmaci e l'agricoltura: uno spot che inizia spiegando l'importanza dell'uso degli agrofarmaci, come pure che sono ormai ridotti a un terzo i prodotti circolanti dopo la revisione europea, sempre più orientata alla Lotta Integrata ai parassiti. Al report sui residui spetta il gran finale: "Che effetto fa essere i primi della classe?". Della serie, quando fa fare bella figura con gli elettori, la politica nazionale è veloce quanto Speedy Gonzales a prendersene i meriti, salvo poi dimenticarsi in una frazione di secondo delle mille problematiche che la attanagliano, a partire proprio dagli attacchi a quelle tecnologie di cui il comparto ha bisogno e che gli vengono assurdamente negate o boicottate a partire proprio dal Parlamento.
Le analisi 2012
Un numero di campioni raccolti pari a 6.824, di cui 3.231 di frutta, 2.595 di ortaggi, 349 di cereali, 408 di vino, 241 di olio. Notevole anche il numero di molecole cercate, pari a 457 per la frutta e 461 per gli ortaggi.
Mele e pere rappresentano il 23,6% dei campioni di frutta, contro il 22,1% delle drupacee. Appena sotto il 20% agrumi e piccoli frutti, con rispettivamente il 19,9 e il 18,7% dei campioni. Seguono con percentuali decrescenti i frutti a guscio e "varie", come per esempio i kiwi.
Fra gli ortaggi sono le solanacee e le cucurbitacee a rappresentare il 35,4% dei campioni, mentre gli ortaggi a radice o tubero e quelli a foglia rappresentano il 17,4 e il 16,7% rispettivamente.
Le brassicace sono state rappresentate in ragione dell'11,3%, seguite poi con percentuali minori dai legumi, dagli ortaggi a stelo (carciofi, asparagi, sedano etc.) e a bulbo (cipolle, aglio etc.).
All'analisi sono stati avviati 5.934 campioni, di cui solo 30 (trenta!) sarebbero risultati "irregolari", pari cioè allo 0,5% del totale. Di questi, lo 0,1% presentava semplicemente livelli di residui superiori a quelli previsti dagli Lmr nazionali.
Del rimanente 95% di campioni a norma di Legge, ben il 61,8% è risultato privo di residui.
Quest'ultima percentuale varia ovviamente con la tipologia di campione analizzato. Per esempio, nella frutta i "residuo zero" sono stati il 50,2%, contro il 76,3% degli ortaggi.
Interessante notare come fra i campioni che presentano residui, quelli caratterizzati da una sola molecola siano stati il 19,4%, contro il 18,8% dei multiresiduo. Ancora, gli ortaggi presentano valori di multiresidui più bassi della frutta, con un valore di solo 7,5%.
Irregolarità: da dove vengono?
Come detto, solo 30 campioni sono risultati irregolari. Di questi, 16 sono stati di frutta e 14 di ortaggi. Nove su 16 i campioni di frutta prodotti sul territorio nazionale, mentre otto su 14 sono stati gli ortaggi italiani fuori norma.
Le irregolarità hanno riguardato prevalentemente usi fuori etichetta di alcuni agrofarmaci, di cui una parte regolarmente registrata su altre colture, oppure sforamenti dei limiti previsti (Lmr). In altri casi è stata reperita una sostanza attiva ben nota e ampiamente utilizzata in passato, ma ormai cassata dal punto di vista normativo. Per esempio, è stata trovata della propargite su un campione di carote, pur non avendo questa sostanza attiva mai avuto questa coltura in etichetta. In più, propargite è sostanza revocata in sede di Revisione europea. Quindi, qualche agricoltore deve aver utilizzato un fondo di magazzino, per giunta su una coltura non contemplata in etichetta nemmeno quando propargite era ammessa. Tali usi vanno ovviamente stigmatizzati aspramente, dato che per colpa di questi comportamenti tanto superficiali quanto illegali finisce con l'essere esposto ad attacchi sguaiati l'intero comparto dei prodotti per la difesa delle colture.
La percentuale di agricoltori cialtroni, per fortuna, appare veramente irrisoria rispetto a quella di chi opera nel rispetto delle Leggi e dei corretti criteri di applicazione in campo, soprattutto per quanto riguarda il rispetto degli intervalli di sicurezza.
Operando su questo fronte, si potrebbe per esempio ridurre ulteriormente il valore dei campioni irregolari, visto che lo 0,1% di questi sarebbe causato da usi sul filo del rasoio quanto a carenze. Pure si deve proseguire nella lotta agli usi irregolari, in parte dovuti a banale ignoranza e dabbenaggine, in parte a deliberate violazioni della Legge.
Vi è quindi un ulteriore margine di miglioramento del profilo residuale dei raccolti, conseguibile operando soprattutto sugli aspetti tecnici di campagna, onde evitare sforamenti di Lmr o usi fuori etichetta.
Ciò abbasserebbe non solo i campioni cosiddetti "irregolari", ma permetterebbe anche di alzare ulteriormente il valore dei campioni che non presentano residui alla raccolta, con grande vantaggio di immagine per l'intera ortofrutta italiana.
E forse, ciò sarebbe utile anche per rimandare al mittente le reiterate accuse al comparto di avvelenare la gente direttamente attraverso i piatti di cucina, come da troppi anni viene terroristicamente fatto credere all'Italiano medio, il quale viene spesso convinto di essere circondato da tonnellate di molecole cattive, quando in realtà nel proprio frigorifero ne passano solo poche decine di milligrammi all'anno. Alla faccia di tutti quelli che con l'allarmismo agro-sanitario mettono il turbo a business di nicchia e mantengono associazioni che senza tali comunicazioni fuorvianti non saprebbero come dare concrete giustificazioni di se stesse.