"I 24 milioni di euro stanziati dal nuovo Piano regionale di Sviluppo rurale per gli imprenditori delle energie rinnovabili, sono un segnale positivo ma ciò che il comparto chiede, ora, è di dare continuità alla programmazione anche nel lungo termine perché questo tipo di investimenti – ha dichiarato il responsabile Agroenergie di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini, Alberto Mazzoni - spesso si affronta con importanti finanziamenti bancari che necessitano di anni di lavoro per essere ripagati. Il riferimento di Mazzoni è chiaro: sono centinaia gli imprenditori emiliano romagnoli ancora in attesa di un responso della Corte costituzionale in merito al ricorso presentato da Confagricoltura e Assorinnovabili contro la misura contenuta nell'articolo 26 del decreto Competitività - diventato la legge 116 dell'11 agosto scorso ossia lo “spalmaincentivi” - che di fatto ha negato gli incentivi già pattuiti per le fonti fotovoltaiche. "Apprezziamo lo sforzo della Regione Emilia Romagna per sostenere il settore, auspicando però – prosegue Mazzoni - che in sede di revisione, si tenga conto delle effettive necessità e volontà delle imprese sulle agroenergie e sulla efficienza energetica, tenendo conto dell'evoluzione del quadro normativo".
"L’attenzione è massima – assicura Mauro Fini della Regione Emilia Romagna -. I primi bandi partiranno subito nel 2016. Si va dall’Operazione 6402 che prevede 14 milioni di euro a sostegno dell’agricoltore che diversifica la propria attività con impianti per la produzione di energie da fonti alternative, alla 7201 (budget 4 milioni) diretta agli enti pubblici ovverosia ai comuni che siglano però una convenzione obbligatoria con l’azienda agricola per la fornitura della biomassa. Infine l’Operazione 6403 (6 milioni) rivolta agli agricoltori che realizzano impianti dove si produce energia utilizzando il sottoprodotto o prodotto di scarto".
Come indicato nella relazione sullo stato della Green Economy in Italia, presentato agli Stati Generali, l'agricoltura ha una vocazione naturale nello svolgimento della sua attività, tenendo conto non solo degli obiettivi economici, ma anche di quelli ambientali: il 56,1% delle imprese agricole produce beni e servizi ambientali o ha adottato modelli di produzione “green”. Tali capacità crescono ulteriormente in relazione alla dimensione aziendale e alla propensione a soddisfare le nuove esigenze dei consumatori, sia sul mercato interno sia su quello estero.
“La sintesi tra competitività e sostenibilità ambientale - ha detto Ezio Veggia, vicepresidente di Confagricoltura - è il nuovo modello di agricoltura che si sta affermando sempre più in un'ottica di innovazione che guarda con attenzione alla bioeconomia e che è sempre più in sintonia con l'applicazione dell'economia circolare”.
Il settore agricolo e forestale, infatti, nel mantenere la sua più importante funzione di produrre cibo riesce ad integrare nella sua attività la produzione di energia rinnovabile ed è l’unico che contribuisce anche all’assorbimento di CO2, sia con le foreste e le coltivazioni, sia con specifiche tecniche di gestione dei suoli e dei pascoli, come nel caso dell'agricoltura conservativa e dell'agricoltura di precisione.
Proprio su questi ultimi aspetti l’appuntamento della Cop 21 di Parigi sul Protocollo di Kyoto rappresenta un momento fondamentale per riconoscere definitivamente il ruolo dell’agricoltura anche dal punto di vista economico.
Le filiere delle biomasse e del biogas, e a breve quella del biometano, che privilegiano l’impiego di biomasse residuali, tra cui gli effluenti zootecnici ed i sottoprodotti, e che utilizzano colture non alimentari e colture intercalari sono, a parere di Confagricoltura, la sintesi di una visione d'insieme, strategica e tecnologica di un percorso virtuoso in campo energetico ambientale. Dando la possibilità di recuperare anche le aree marginali e favorendo il ripristino della sostanza organica nei suoli attraverso l’utilizzo agronomico del digestato.
"Per assicurare continuità agli importanti risultati già raggiunti dal nostro Paese nel campo delle energie rinnovabili in ambito agricolo, sulla riduzione delle emissioni e sull’assorbimento di CO2 – è la conclusione di Ezio Veggia - occorrono politiche nazionali e regionali, che siano in grado di fornire un quadro normativo stabile e certo. E in questo senso va la stabilizzazione della tassazione sulle agroenergie prevista nel ddl stabilità. Come d'altra parte occorre procedere ad una rapida emanazione del nuovo decreto sulle Fer non fotovoltaiche per dare la possibilità agli imprenditori di programmare gli investimenti. Così come occorrono politiche di sostegno che siano capaci di raggiungere i nuovi obiettivi al 2030 dell’Unione europea sul clima e l’energia. Ed è in questo ambito che le misure previste dai Piani di sviluppo rurale possono dare un ulteriore impulso sia nel favorire gli investimenti, sia nel sostenere il trasferimento dell'innovazione attraverso la creazione di reti di imprese e gruppi operativi".
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