“Nel momento in cui si definiscono misure molto importanti per la produzione agricola nei prossimi anni – afferma Guido Dall’Ara, presidente dell’associazione che riunisce le aziende sementiere italiane – è nostro dovere ribadire il ruolo che svolge il seme per caratterizzare le produzioni e salvaguardare dalla base le filiere nazionali, in considerazione anche dell’interesse crescente che giustamente tutto il mondo ripone sulle sementi”.
“Siamo soddisfatti che grazie agli accordi della scorsa settimana la soia ed il frumento duro siano stati inseriti tra le altre colture come riso, proteiche e proteaginose che potranno avvalersi di un aiuto accoppiato – continua Dall’Ara – Tuttavia, se vogliamo rendere la Pac più efficace è necessario preoccuparsi anche delle sementi e adottare una decisione coraggiosa, cioè prevedere l’obbligo di impiegare sementi certificate per accedere agli aiuti accoppiati riservati ai seminativi”.
“Il documento ministeriale di presentazione delle proposte sottolinea ad esempio l’obiettivo di favorire la coltivazione di soia Ogm free italiana. Eppure, mentre ogni anno lo stesso ministero finanzia un piano di controllo Ogm delle sementi di soia poste in commercio dalle aziende sementiere, in questa sede non ci si preoccupa di legare l’aiuto accoppiato – sottolinea Dall’Ara – all’uso di seme ufficialmente certificato, per evitare che poi l’agricoltore impieghi o acquisti seme non controllato”.
“Il settore sementiero italiano si regge inoltre molto sulle sementi certificate e senza una tutela indiretta attraverso gli aiuti accoppiati si potrebbe mettere a rischio la tenuta del made in Italy - spiega il presidente di Assosementi – Il grano duro, uno di questi simboli, registra una crescente presenza sul mercato di varietà di costituzione non italiana, che oramai hanno superato il 50%. La Francia riesce a destinare ad esempio alla ricerca varietale sui cereali a paglia oltre 50 milioni di euro all’anno, grazie al cosiddetto contributo per la ricerca prelevato su ogni quintale di granella da consumo prodotta in quel paese, contro i soli 4-5 milioni del nostro paese, ricavati attraverso la vendita del seme".
"Ecco perché sostenere l’utilizzo delle sementi certificate nella Pac – conclude Dall'Ara – è un segnale di lungimiranza nella difesa dell’agroalimentare nazionale”.
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Fonte: Assosementi