E lascia intendere che l'attuale regime di indennizzi - pure previsto dalle norme nazionali - potrebbe non essere sufficiente.
Il canone emanato a Lussemburgo dall'avvocato Bot parla genericamente di "indennizzo ragionevolmente commisurato al valore delle piante distrutte". Un criterio che potrebbe essere foriero di nuove cause verso il governo italiano, per indennizzi insufficienti in caso di eradicazione. Da fronteggiare, ancora una volta, senza l'aiuto dell'Unione.
L'avvocato della Corte si è pronunciata in merito alla corretta attuazione della disciplina in materia di protezione sanitaria delle specie vegetali - Direttiva 2000/29/CE – con riguardo ai contenuti della Decisione di esecuzione della Commissione Ue 2015/789 “Misure atte ad evitare l'introduzione e la propagazione nell'Unione del batterio Xylella fastidiosa”.
Cosa ha stabilito l'Ue
In particolare, l’avvocato generale Bot si è pronunciato positivamente sulla legislazione nazionale adottata sulla base della decisione della Commissione di Bruxelles. Vale la pena ricordare che attualmente le norme italiane relativamente al piano di eradicazione, cessata l'emergenza di Protezione civile, sono sostituite da quelle emanate da Regione Puglia. Parere positivo di Bot anche sulle norme italiane che prevedono gli indennizzi agli agricoltori per gli abbattimenti, rimaste in vigore. Il Tar del Lazio, in due distinte cause intentate da agricoltori pugliesi, aveva messo in luce la possibile discrasia tra la Decisione Ue e le norme italiane di attuazione – sia per quanto attiene la disciplina degli abbattimenti, che per quanto riguarda gli indennizzi, questi ultimi non previsti dalla Decisione di esecuzione della Commissione Ue 2015/789.
La reazione di Coldiretti Puglia
“L’Ue fa come Ponzio Pilato sugli indennizzi da riconoscere agli olivicoltori che hanno subito e dovuto affrontare in solitudine l’aggressione del patogeno da quarantena Xylella fastidiosa e devono fare i conti con ingenti perdite di reddito presenti e future" afferma Gianni Cantele, presidente di Coldiretti Puglia.
"Non solo è drammatica la conta dei danni, per il valore inestimabile degli ulivi colpiti perché millenari e centenari e, malauguratamente, in caso di estirpazione, per il valore del soprassuolo distrutto" sottolinea Cantele.
"Oltre a confermare la violenza delle misure precedentemente adottate, l’Ue scarica incredibilmente la patata bollente sull’Italia che dovrà ipotizzare in solitudine un regime che conceda ai proprietari dei fondi interessati un indennizzo ragionevolmente commisurato al valore delle piante distrutte".
“L’Ue ha gravi responsabilità – incalza il direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - circa gli inaccettabili ritardi nell’affrontare l’emergenza fitosanitaria causata dalle frontiere colabrodo. La mancanza di efficaci misure di controllo alle frontiere e del doveroso embargo avverso le aree da cui proviene il batterio che sta distruggendo gli ulivi salentini, come ad esempio il sud America al fine di bloccare il commercio di materiale vegetale infetto, hanno causato un danno irreparabile all’olivicoltura salentina. Ora l’Ue non può lavarsene le mani come se nulla fosse accaduto”.
Alcuni numeri
La provincia di Lecce è uno dei principali bacini produttivi dell’olivicoltura pugliese. In questa provincia è localizzato più di un quarto del comparto olivicolo regionale: 65mila aziende olivicole e 97mila ettari di superficie coltivata a olivo (Istat, 2010). Le aziende agricole leccesi sono per il 92% dedite alla coltivazione dell’olivo, che occupa il 60% della Sau provinciale. Le piante di olivo presenti sono quasi 11milioni, prevalentemente delle cultivar Cellina di Nardò, Ogliarola Salentina, Leccino e Pizzuta, mentre è piuttosto bassa la presenza della cultivar Coratina.
La gran parte delle aziende olivicole salentine, oltre 51mila unità (il 77% del totale), sono specializzate nella coltivazione dell’olivo, ossia ricavano da questa coltura più di 2/3 del proprio reddito. Queste aziende detengono circa 92mila ettari di superficie, pari al 95% della Sau olivicola provinciale.
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Autore: Mimmo Pelagalli