Questa visione è stata radicalmente respinta dai bieticoltori, consapevoli di dover accettare la sfida dei mercati ma in un presupposto di parità competitiva, avendo cioè tempo sufficiente, almeno fino al 2020, per portare a termine la ristrutturazione iniziata nel 2006 confidando in una continuità del sistema di quote appunto fino al 2020, che tra l’altro, hanno ricordato, tutela anche i consumatori in termini di stabilità dei prezzi al consumo e di garanzia di approvvigionamento.
Fin dall’inizio la posizione dei bieticoltori italiani è stata nettamente contraria. Ripetutamente la Confederazione generale bieticoltori italiani, presieduta da Alessandro Mincone, insieme a tutte le componenti della filiera, ha sempre espresso dissenso al progetto di riforma.
Fino ad ora, invece, il Governo italiano non ha avuto la medesima determinazione. La Cgbi ha chiesto al neo ministro De Girolamo un incontro urgente per illustrare le posizioni.
I lavori assembleari hanno toccato tutti gli altri punti di attualità per il settore, tra i quali la gestione del mercato interno, le tendenze del mercato mondiale, oggi in flessione, le norme sulle energie rinnovabili e sulla biochimica, con le aperture di nuovi fronti di utilizzo, e le disposizioni in materia di fitofarmaci, con particolare riferimento ai neonicotinoidi. Su quest’ultimo, continua il comunicato Cgbi, è balzato in evidenza il paradosso di una Commissione che da un lato predica il libero mercato, ma dall’altro sembra non essere in grado di sburocratizzare i sistemi e agevolare la competitività delle proprie produzioni.
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