Un piatto di gustosi spaghetti al dente, coperti da sugo al pomodoro ancora fumante, magari con qualche fogliolina di basilico fresco e una spolverata di Grana Padano Dop: è questo il simbolo culinario dell'unità d'Italia.

Il 45% degli italiani ha infatti decretato che è la pasta al pomodoro che accomuna Sud, Centro e Nord, battendo - anche se di poco - la pizza (che riceve il 39% delle preferenze, lasciando poco spazio per altri piatti 'nazionali' come il gelato e la bruschetta).

I risultati del sondaggio condotto sul sito www.coldiretti.it hanno sottolineano la grande importanza data nella nostra cultura alimentare al pomodoro. I dati relativi ai consumi sono ancora più chiari: Coldiretti stima che ogni famiglia italiana durante l'anno acquista almeno 31 chili di pomodori trasformati e, a essere preferiti, sono stati nell'ordine i pelati (12 chili), le passate (11 chili), le polpe o il pomodoro a pezzi (5 chili) e i concentrati e gli altri derivati (3 chili), per un totale di circa 550 milioni di chili di pomodori in scatola o in bottiglia all'anno.

Ma a un tale successo sulle tavole non corrisponde una situazione altrettanto rosea nei campi.
L'effetto della contrazione dei campi coltivati, che si sono ridotti a 74.087 ettari nel 2011 rispetto ai 79.208 dello scorso anno, ha impattato negativamente sulla produzione: le quantità di pomodoro italiano contrattate dalle industrie sono – sottolinea Coldiretti – di 5,5 milioni di tonnellate, in calo del 14% rispetto ai 6,4 milioni di tonnellate nel 2010.

 

Import al raddoppio

E intanto raddoppiano le importazioni: quelle di concentrato di pomodoro straniero segnano un +81%, con gli arrivi dagli Stati Uniti che sono addirittura quadruplicati (+290%). Crescono anche quelli dalla Cina (+34%) che si conferma di gran lunga il primo fornitore dell'Italia, nonostante - ricorda Coldiretti - "i noti problemi qualitativi e di sicurezza alimentare".

La Cina - riferisce l'organizzazione - ha iniziato la coltivazione di pomodoro per l'industria nel 1990 e oggi, dopo aver superato l'Unione europea, rappresenta il secondo bacino di produzione dopo gli Stati Uniti. Dalle navi sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro. Ogni giorno in media arrivano nei porti italiani oltre mille fusti di concentrato di pomodoro dalla Cina che finisce sulle tavole mondiali come condimento tipico dei piatti Made in Italy.
"Una situazione insostenibile per i consumatori e i produttori del Made in Italy che - conclude Coldiretti - provoca danni economici diretti e di immagine al prodotto 'nostrano' sul quale pesano gli effetti di una concorrenza sleale dovuta a situazioni di dumping sul piano sanitario, ambientale e sociale".

 

Arriva il superpomodoro

Per rilanciare il pomodoro italiano l'unica strada sembra essere la qualità: sarà in vendita tra pochi giorni il superpomodoro contro l'invecchiamento tutto made in Italy, risultato di una sperimentazione realizzata nei campi nazionali e coltivato, trasformato e venduto dalle cooperative e dai consorzi che aderiscono al progetto per 'Una filiera agricola tutta Italiana' di Coldiretti.

Si tratta di pomodori naturalmente ricchi di antiossidanti e con un contenuto di licopene tre volte superiore rispetto alle varietà di pomodoro vendute per il consumo fresco e più elevato del 58% rispetto a quelle coltivate per la trasformazione. Secondo numerosi studi scientifici il licopene risulta essere un antiossidante efficace contro l'invecchiamento, nella prevenzione delle malattie cardio-vascolari e anche dei tumori alla prostata. 

Il superpomodoro italiano è stato ottenuto dopo anni di ricerca e sperimentazione con metodi del tutto naturali, senza ricorrere ad organismi geneticamente modificati (Ogm). 

La tipologia di pomodoro selezionata ha una pezzatura delle bacche di circa 70 grammi, forma rotondeggiante, buccia liscia e rossa; oltre ad avere un maggior contenuto in licopene, è anche più gustosa da un punto di vista organolettico.

Nel 2010 questa varietà è stata coltivata in campo da una trentina di aziende agricole localizzate soprattutto in Emilia-Romagna e Lombardia, ma anche in Piemonte e Veneto, secondo metodi di coltivazione integrata, cioè nel rispetto di disciplinari di produzione che orientano i produttori verso processi produttivi che rispettino l'ambiente e conservino le risorse naturali (acqua, suolo, energia) e quindi ecologicamente, economicamente e socialmente sostenibili.

Il prodotto raccolto dal campo è stato inviato presso lo stabilimento del Consorzio Casalasco del pomodoro in Rivarolo del Re (Cr) per la trasformazione industriale, che consente di esaltare le proprietà del licopene. Infatti secondo recenti studi scientifici, il licopene è maggiormente disponibile nel pomodoro cotto, perché la sua molecola, per attivarsi e combattere i radicali liberi, ha bisogno di essere spezzata e questo avviene durante la cottura.

Il risultato sono una superpolpa e una superpassata di pomodoro con il più elevato contenuto di licopene, ma anche caratterizzati da qualità organolettiche uniche: in Italia sono in vendita con il marchio Pomì L+. Si tratta dell'unico pezzo di Parmalat salvato dalla conquista straniera grazie all'acquisizione realizzata dagli agricoltori associati alle cooperative del Cio - Consorzio interregionale ortofrutticoli e del Consorzio Casalasco del Pomodoro per valorizzare la produzione italiana dal campo alla tavola.

"E' possibile fare ricerca con risultati concreti che rispondono a reali esigenze dei produttori e dei consumatori senza ricorrere a metodi innaturali come la manipolazione genetica" ha affermato il presidente di Coldiretti, Sergio Marini, nel sottolineare che "è più facile il trasferimento delle innovazioni dal campo alla tavola quando è più diretto il rapporto tra produttori e consumatori".

Marco Crotti, presidente del Consorzio interregionale ortofrutticoli si è unito a Marini nel ricordare che il superpomodoro "nasce nei nostri campi per dare risposta alle richieste del consumatore".

E per fare in modo che quel piatto di spaghetti al pomodoro sulle tavole degli italiani torni a essere completamente made in Italy, buono e sano per i prossimi 150 anni e oltre.

 

A cura di Francesca Bilancieri