Trenta giorni, oppure 45. Se va male male 60. Questi sono i tempi di pagamento che normalmente valgono in Europa quando si tratti di transazioni commerciali. E sono termini che vengono rispettati senza se e senza ma. Nei Paesi nostri vicini di "scaduto" pare quindi sia rimasto solo qualche barattolo di yoghurt nel frigorifero.
 
L'Italia no, si discosta dalla media europea. Nel Paese dei Santi, poeti e navigatori, spazio per i buoni pagatori pare non ne sia rimasto molto.
L'agricoltura poi è un caso patologico all'interno di scenari comunque malsani, visto che sono all'ordine del giorno i pagamenti "Abm": a babbo morto.
 
Chi lavora nel settore sa bene che la scadenza di una fattura non turba i sonni di alcuno. Per mesi. Come pure non sono rari i casi in cui vengono usati assegni post-datati (proibiti per legge), salvo poi farli annullare sostituendoli con altri più freschi. Magari altrettanto post-datati.
Un giro che più che di affari pare un Souk della Casbah, ove il denaro appare, scompare, viene promesso e, solo alla fine,  viene consegnato al fornitore. Ottenere il saldo per merci consegnate l'anno precedente solo al momento dell'ordinativo di quelle nuove non è infatti una rarità.

E in fondo, perché mai dovrebbe un privato sentirsi in dovere di pagare puntualmente un proprio fornitore, quando molte amministrazioni pubbliche pagano i loro di fornitori con tempi che somigliano sempre più a ere geologiche? Sempre che le amministrazioni alla fine paghino, perchè non sono poche le aziende andate fallite pur vantando crediti consistenti verso lo Stato, ove per Stato si intende l'insieme di ogni amministrazione pubblica presente in Italia.
Con il famoso "patto di stabilità", poi, si è perfino sdoganato un principio che sconfina nel delinquenziale: con la scusa di essere state obbligate dal Governo a rispettare rigidi limiti di spesa, molte amministrazioni pubbliche hanno sospeso i pagamenti ai propri fornitori anche per servizi o beni già forniti.

Quindi, grazie a ciò, il grottesco risultato che si ottiene è che la stretta alla spesa non viene realizzata economizzando sugli sprechi oppure rinunciando a svolgere lavori pubblici, perché questo impatterebbe sui voti alle elezioni successive, bensì piantando "chiodi" a fornitori che devono continuare a rifornire le amministrazioni di beni e servizi facendo loro pure da banca. Peccato che questo tipo di "banca" sia ad interessi zero.

Si è stimato in 70 miliardi di euro il cumulo di debiti che il comparto pubblico ha verso i privati. Debiti che ovviamente non possono andare in compensazione con i pagamenti delle tasse. Del resto, chi avesse provato ad andare a credito d'Iva può ben testimoniare che in Italia siamo ben lungi dall'osservare la medesima puntualità tedesca, grazie alla quale il 10 del mese successivo al calcolo del credito giunge il bonifico in banca all'imprenditore.
Magari, se fosse proprio il Pubblico a dare il buon esempio, ci sarebbe meno bisogno di rendere la puntualità fra privati doverosa per decreto, come si sta cercando di fare con il DL 192/2012.

Il nuovo DL 192/2012: finalità e modalità

Per cercare di raddrizzare l'atavica stortura tutta italiana dei tempi "biblici", lo scorso primo gennaio è entrato in vigore il Decreto Legislativo 192/2012, il quale ha recepito la Direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Il DL192/2012 va quindi a modificare il precedente D.Lgs. 231/2002. 
Il nuovo Decreto fa il paio con l'ormai famoso articolo 62 della "Legge di stabilità", il quale però norma i termini di pagamento dei prodotti alimentari, ovvero fissa in 30 giorni il pagamento che gli esercenti devono effettuare a favore degli agricoltori in caso di merci deperibili, mentre è di 60 per tutte le altre merci.
 
Indipendente nell'applicazione, ma coerente nelle intenzioni, anche il DL 192/2012 interviene sulle modalità di pagamento fra controparti commerciali. Soprattutto per quanto riguarda i tempi, vero vulnus per gli scambi economici che avvengono nello Stivale.
Obiettivo ultimo è quello di migliorare la competitività delle imprese europee, contribuendo ad aumentarne la liquidità e, di conseguenza, l’occupazione e la crescita.
 
L’impianto normativo prevede i seguenti termini legali di pagamento negli scambi tra imprese: 30 giorni dalla data di ricevimento della fattura, oppure da quella di ricevimento della merce o della prestazione dei servizi in caso sia incerta la data di ricevimento della fattura stessa. Oppure ancora quando questa pervenga successivamente al ricevimento dei beni/ servizi.
Sempre 30 giorni, ma dalla eventuale data dell’accettazione o della verifica dei beni o del servizio, qualora la fattura pervenga prima della conclusione dell’accettazione o della verifica. 
 
Ovviamente, nei rapporti fra privati è possibile derogare ai termini sopra riportati, "purché tale deroga non risulti gravemente iniqua per il creditore". Un fornitore e un cliente possono infatti anche accordarsi per effettuare pagamenti fra i 30 e i 60 giorni restando in linea con le intenzioni del Decreto. Se però si sfora anche il limite dei 60 giorni non vi devono essere  condizioni fra le parti tali per cui una delle due deve subire il ritardo in modo iniquo. Ovvero, se il debitore ha una posizione dominante sul creditore e fa valere questo suo potere sui termini di pagamento.
In tal caso, il fatto che la deroga sia prevista dal Decreto "per iscritto" non cambia sostanzialmente le cose. Se un debitore non paga i casi sono due: o gli si fa causa oppure i soldi bisogna aspettare pazientemente che vengano inviati. Ovviamente  quando il debitore può/vuole pagare.
Nella prima delle due situazioni non conviene al creditore spingere sull'acceleratore, perché in tal modo rischia solo di far saltare il debitore e quindi di perdere il pagamento.
E nel secondo caso? Come esperienza suggerisce: "dipende..."
 
Anche se il termine di pagamento risultasse "gravemente iniquo" per il creditore, vi è da chiedersi se a quest'ultimo convenga richiedere la nullità del pattuito. Peraltro, se il debitore, per sua colpa, non soddisfi il giusto diritto del creditore, scattano per legge gli interessi  di mora, senza per giunta alcun bisogno di comunicarlo formalmente. 
Ciliegina sulla torta, nel caso in cui il ritardo sia imputabile al debitore, il creditore ha diritto anche al rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non riscosse tempestivamente.

 
Il nuovo DL 192/2012: dubbi e criticità
 
La questione pagamenti ricorda un po' un'altra legge del passato: quella del divieto al fumo nei luoghi pubblici.
Mentre in Italia esso venne proibito senza se e senza ma, in Spagna si stabilì che la scelta spettasse all'esercente. Se un ristoratore non voleva applicare la legge antifumo, molto semplicemente, non la applicava. Ecco perché mentre in Italia da un giorno con l'altro i fumatori furono costretti ad andare a gustarsi la sigaretta fuori dai locali, in Spagna nulla cambiò. Tranne per i pochi che misero il divieto, vedendo scappare i clienti nel bar o nel ristorante affianco ove invece potevano fumare quanto pareva loro.
 
La domanda sorge quindi spontanea: quale creditore batterà i pugni sul tavolo del debitore, ovvero il cliente, sapendo che dopo pochi mesi dovrà trattare ancora con lui per le forniture dell'anno successivo?
Sicuramente il Decreto avrà un'azione moralizzatrice e piano piano porterà l'Italia ad allinearsi al resto del Continente. Però vi è da temere che l'agricoltura resterà fanalino di coda del processo.
Un settore così basato sulle relazioni personali, l'abitudine, la reiterazione delle trattative, è facile infatti immaginare che mostrerà notevoli resistenze al cambiamento.
 
Un altro aspetto è infine legato alle difficoltà oggettive di cui il comparto agricolo soffre in tema di liquidità.
Il già citato articolo 62 dovrebbe mettere una pezza almeno dal punto di vista dei termini di pagamento, ma sulle cifre nulla dice. Finché i pagamenti agli agricoltori saranno tirati all'osso di trippa per gatti ce ne sarà sempre poca. Vi è poi da sospettare che l'obbligo posto alle Gdo di pagare gli agricoltori a 30 e 60 giorni sarà probabilmente riversato sul valore assoluto riconosciuto.
Vogliamo chiamarlo uno sconto auto concesso a fronte di termini di pagamento più favorevoli che in passato? Ci sta.
 
Peccato che se agli agricoltori per primi non vengono riempite le tasche usando tempi e importi dignitosi, risulta difficile pensare che tutto il resto della catena dei pagamenti possa essere raddrizzata per decreto.