“A spingere per l'accordo è stata la consapevolezza dell'escalation in atto nel surriscaldamento del pianeta – commenta l'associazione agricola – con il primo quadrimestre 2015 che è stato il più caldo di sempre a livello mondiale facendo registrare una temperatura media registrata sulla superficie della terra e degli oceani, addirittura superiore di 0,80 gradi celsius rispetto alla media del ventesimo secolo”. “Quest'ultimo quadrimestre è stato il più bollente del 1880 – spiega Coldiretti – ma è solo l'ultima della serie di record che conferma la tendenza al surriscaldamento del pianete. Infatti tra i 10 anni più caldi, ben nove sono successivi al 2000. Il 2014 è in testa alla classifica degli anni più bollenti davanti al 2010, seguito poi dal 2005”.
“Bisogna affrontare i drammatici effetti dei cambiamenti climatici – ammette Coldiretti – questi si manifestano sottoforma del moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi, oltre all'aumento dell'incidenza di infezioni e fungine dello sviluppo di insetti che colpiscono l'agricoltura. Nel lungo periodo sono numerosi gli effetti dei cambiamenti climatici sull'agroalimentare nazionale. Per esempio il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi trent'anni, mentre una coltura come l'olivo ha visto un significativo spostamento dalla zona di coltivazione tradizionale fino a ridosso delle Alpi. Nella Pianura Padana, invece, si produce la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterraneo”.
“Il riscaldamento provoca quindi il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali – conclude Coldiretti – la situazione mette a rischio di estizione il patrimonio dei prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratterische essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico compresivo dei fattori umani e quindi proprio dalla combinazione di fattori naturali e umani”.