Finalmente c'è l'accordo sul clima. Ieri i sette primi ministri del G7, riunitisi in Germania a Elmau, insieme ai presidenti di commissione europea e consiglio, Jean Claude Juncker e Donald Tusk, hanno raggiunto l'intesa per il mantenimento dell'aumento della temperatura globale entro il limite di due gradi rispetti ai livelli preindustriali. Un grande risultato, se si considera che il tema era stato fortemente divisivo fino a poco tempo fa. Coldiretti saluta positivamente la firma.

A spingere per l'accordo è stata la consapevolezza dell'escalation in atto nel surriscaldamento del pianeta – commenta l'associazione agricola – con il primo quadrimestre 2015 che è stato il più caldo di sempre a livello mondiale facendo registrare una temperatura media registrata sulla superficie della terra e degli oceani, addirittura superiore di 0,80 gradi celsius rispetto alla media del ventesimo secolo”. “Quest'ultimo quadrimestre è stato il più bollente del 1880 – spiega Coldiretti – ma è solo l'ultima della serie di record che conferma la tendenza al surriscaldamento del pianete. Infatti tra i 10 anni più caldi, ben nove sono successivi al 2000. Il 2014 è in testa alla classifica degli anni più bollenti davanti al 2010, seguito poi dal 2005”.

Bisogna affrontare i drammatici effetti dei cambiamenti climatici – ammette Coldiretti – questi si manifestano sottoforma del moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi, oltre all'aumento dell'incidenza di infezioni e fungine dello sviluppo di insetti che colpiscono l'agricoltura. Nel lungo periodo sono numerosi gli effetti dei cambiamenti climatici sull'agroalimentare nazionale. Per esempio il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi trent'anni, mentre una coltura come l'olivo ha visto un significativo spostamento dalla zona di coltivazione tradizionale fino a ridosso delle Alpi. Nella Pianura Padana, invece, si produce la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterraneo”.

Il riscaldamento provoca quindi il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali – conclude Coldiretti – la situazione mette a rischio di estizione il patrimonio dei prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratterische essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico compresivo dei fattori umani e quindi proprio dalla combinazione di fattori naturali e umani”.