Complice il clima che cambia, in Italia sono sempre più le aziende agricole che decidono di coltivare frutti esotici. Dal mango coltivato in Sicilia all'annona in Calabria, passando per il kiwano, lo yacon e il crosne che hanno fatto il loro ingresso in Sardegna, oggi sono numerosi i prodotti che si possono vantare del marchio made in Italy.

Ma se nel Sud della penisola la scelta ricade principalmente verso questo tipo di coltivazione, al Nord c'è chi invece ha deciso di dedicarsi ad altro, per esempio agli ortaggi giapponesi.

E' il caso de La fattoria del Bricco, una realtà di Luino, in provincia di Varese, guidata da Giuseppe Cherchi e dalla madre.

"Ho cominciato a coltivare ortaggi giapponesi dal 2014 in seguito a un mio viaggio in Giappone" afferma Giuseppe. Anche se la passione per il Paese del Sol Levante è nata anni prima, dopo il trasferimento in Giappone del fratello. Da quel momento, grazie ai numerosi viaggi per andare a trovarlo, Giuseppe ha avuto modo di conoscere direttamente il Paese orientale e innamorarsi della sua cultura, delle sue tradizioni, ma soprattutto del suo cibo.

"Assaggiando prodotti e verdure nei ristoranti locali - precisa - mi è venuta voglia di portare semi e altro in Italia per proporre qualcosa di differente". "Uno dei primi ortaggi che ho tentato di coltivare è stata la Momordica charantia, una cucurbitacea, piatto nazionale in Okinawa, chiamato goya in Giappone. Trattandola come un cetriolo non ho prodotto nulla; poi, comprese le sue esigenze termiche, siamo riusciti a produrla con soddisfazione".

Superato il primo ostacolo la strada è stata più semplice e piano piano nella piccola azienda agricola di circa un ettaro hanno iniziato a prendere forma sempre più coltivazioni orientali. "Oggi coltivo più ortaggi, come il negi (un cipollotto), il nira (una agliacea), il daikon, lo shungiku che è un crisantemo edibile, la mizuna, una specie di insalata ma aromatica, come anche la wasabina. Poi ci sono le patate giapponesi: le dolci satsumaimo o le pelose satoimo".

Tanti ortaggi dai sapori alternativi e differenti rispetto a quelli più tipici della tradizione italiana. Ma nell'azienda a conduzione familiare vengono coltivati anche ortaggi più caratteristici del made in Italy, andando a creare un vero e proprio mix di culture e aromi. "Tanti ortaggi sono identici - spiega Giuseppe Cherchi - ma vengono cucinati in modo differente. Anche quando sono gli stessi, si mangiano parti della pianta che qui non si usano, come le infiorescenze delle crucifere o i germogli".

Foglie di patate dolci giapponesi
Foglie di patate dolci giapponesi
(Fonte foto: La fattoria del Bricco)


Paese che vai, ortaggio che trovi

"Ogni ortaggio ha esigenze diverse e bisogna adattare il nostro ambiente cercando di imitare il suo originario" afferma il titolare della piccola realtà.

Ma com'è coltivare ortaggi giapponesi in un terreno diverso da quello in cui vengono coltivati in Giappone? In realtà Giuseppe spiega che la difficoltà non è rappresentata dalla composizione dei terreni, ma è legata alle stagioni rovesciate. "La primavera in Giappone è una stagione connotata da belle giornate e clima tiepido e asciutto, mentre da noi il clima è estremamente piovoso e con ritorni di inverno. Poi - precisa - per l'estate è anche peggio, là è la stagione delle piogge e dei monsoni, quindi caldo ma umido, mentre qui è caldo e secco con rare precipitazioni. Anche l'autunno è senza precipitazioni e ventilato, mentre qui piove in continuazione".

Nonostante questa problematica oggi a La fattoria del Bricco tutto ricorda il Giappone e gli ortaggi crescono rigogliosi proprio come se fossero nel loro Paese di origine.

Baccelli di soia verde, edamame
Baccelli di soia verde, edamame
(Fonte foto: La fattoria del Bricco)


Prodotti di nicchia, quando i consumatori apprezzano

Anche se nel settore primario non è tutto oro ciò che luccica e "parlare di affari in agricoltura in Italia è un po' arduo", come sostiene Giuseppe, la piccola realtà lombarda si è saputa distinguere sul mercato e oggi questi prodotti di nicchia non solo sono richiesti dai giapponesi che abitano in zona, ma anche dai consumatori italiani. I social network sono stati fondamentali per farsi conoscere, ma "il passaparola tra i giapponesi che abitano in Nord Italia ha fatto la differenza".

E per il futuro il desiderio di Giuseppe Cherchi è quello di trasferirsi in Giappone per poter apprezzare e toccare ancora più da vicino la cultura e le tradizioni culinarie del Paese.

 
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