Appoggiato su una rupe di tufo da cui sono state cavate le pietre per costruire il paese, Pitigliano, nella maremma grossetana, è un territorio di vino sin dall'epoca etrusca, con una tradizione enologica e un patrimonio varietale che con tutta probabilità è rimasto pressoché invariato dall'antichità almeno fino all'arrivo della fillossera.

Un territorio che si vide riconoscere nel 1966 la Doc del Bianco di Pitigliano, diventando una delle prime dieci Denominazioni di origine controllata in Italia, insieme a vini che hanno fatto la storia dell'enologia italiana nel mondo, come la Vernaccia di San Gimignano, il Barolo, il Barbaresco, il Brunello di Montalcino e il Nobile di Montepulciano.

E fu la nascita della Doc che portò probabilmente all'affermarsi e il diffondersi dei vitigni prescritti dal disciplinare e di altri più produttivi e il cadere in disuso di alcune varietà autoctone considerate meno interessanti.

Varietà autoctone che furono riscoperte a partire dal 1979 con un progetto finanziato dalla Cassa rurale di Pitigliano e portato avanti dal Crai di Arezzo e dall'Università di Pisa con la collaborazione della Cantina sociale di Pitigliano.

Il progetto, curato dal professor Giancarlo Scalabrelli e dal dottor Angelo Grasselli, classificò ventinove vitigni, descrivendoli e conservandoli in un vigneto collezione.

Tra le varietà recuperate c'erano anche i Nocchianelli, una famiglia varietale composta da quattro varietà a bacca bianca, il Nocchianello reale, il Nocchianello peloso, il Nocchianello peloso a spiga di granoturco e il Nocchianello di Gazzarretto, più una varietà a bacca nera, il Nocchianello nero.
 
Una pianta di Nocchianello nero nei vigneti dell'azienda agricola Sassotondo
Una pianta di Nocchianello nero nei vigneti dell'azienda agricola Sassotondo
(Fonte foto: azienda agricola Sassotondo)

Poi, finito il progetto, l'attenzione cominciò a calare, insieme all'interesse, e nel 2011 il vigneto collezione fu espiantato.

Ma non è andato tutto perduto, perché se da una parte restano gli articoli e gli studi del professor Scalabrelli, dall'altra l'azienda agricola Sassotondo di Carla Benini e Edoardo Ventimiglia ne ha raccolto l'eredità nel 2009, con un nuovo progetto in collaborazione con il Crea-Vic di Arezzo.

Un progetto che ha portato all'inserimento nel registro ampelografico nazionale due vitigni di Nocchianello, alla realizzazione di un nuovo vigneto collezione e alle prime produzioni di vino con i vitigni recuperati.

E noi li abbiamo incontrati per farcelo raccontare.

Come è nato il nuovo progetto e come è stato strutturato?
"Diverse persone ci avevano parlato dell'esistenza di queste antiche varietà, alcune delle quali le avevamo ritrovate nella nostra vecchia vigna di San Lorenzo, a Pitigliano.
Il nuovo progetto è iniziato nel 2009 per la nostra curiosità che ha sollecitato l'interesse del Crai di Arezzo dove sono ancora conservate, in un vigneto collezione, tutte le varietà scoperte nello studio del 1979. Abbiamo assaggiato le uve e scelto i nocchianelli"
.

Quale è stato il ruolo del Crea e quello dell'azienda Sassotondo?
"Il Crea, che allora si chiamava Crai, ha fornito alcune marze a cui si sono aggiunte altre marze prelevate da alcune piante antiche recuperate nel vigneto di San Lorenzo. Noi le abbiamo innestate in azienda e nel giro di qualche anno siamo arrivati a circa 260 piante di Nocchianello nero e altrettante di Nocchianello bianco. A partire dal 2013 abbiamo fatto delle microvinificazioni. Il Crea ha fatto tutto il lavoro scientifico, coordinato dal dottor Paolo Storchi, per approntare i dossier che, a ottobre del 2017, ha permesso al Nocchianello nero e al Nocchianello bianco spiga di granoturco, di essere inseriti nel registro nazionale".
 
Grappoli maturi di Nocchianello bianco nelle vigne dell'azienda agricola Sassotondo
Grappoli maturi di Nocchianello bianco nelle vigne dell'azienda agricola Sassotondo
(Fonte foto: azienda agricola Sassotondo)

Ci sono altre realtà coinvolte in questo progetto?
"Per ora no".

Dal punto di vista vitivinicolo quali sono le caratteristiche dei nocchianelli?
"Il Nocchianello nero è piuttosto resistente alle malattie, ha un vinacciolo molto grosso ed una buccia resistente, matura tardi, dopo il sangiovese. La maturazione tardiva, in queste stagioni troppo calde, gli permettere di giungere a maturità con una temperatura che non danneggia troppo profumi e acidità.
Il Nocchianello bianco è anche lui piuttosto resistente, produttivo, matura prima del trebbiano"
.

Dal punto di vista enologico?
"Abbiamo vinificato solo il Nocchianello nero e il vino che ne risulta ha la struttura e la speziatura dei vini vulcanici di Pitigliano. Ha un notevole contenuto di polifenoli ed antociani stabili".

Dopo l'inserimento nel catalogo varietale nazionale, questa varietà entrerà anche nel disciplinare del Pitigliano Doc?
"Probabilmente sì ma ci vorranno anni, ora stiamo realizzando una modifica per introdurre la menzione classico con riferimento ai vigneti situati nella zona vulcanica, comuni di Pitigliano e Sorano".

E da un punto di vista produttivo a tutto tondo, quindi anche economico e promozionale, quali sono i progetti e le aspettative per questi nuovi vecchi vitigni?
"Anche qui ci vorrà tempo, tra qualche anno ci sarà un vigneto di 1800 piante di Nocchianello nero e si potranno sperimentare delle vinificazioni più significative".

Sui giornali si è parlato di 'vitigni etruschi', ma esistono documentazioni archeologiche a riguardo?
"Si può dire tutto sulle origini antiche ma non ci sono studi in merito. L'unica cosa provata con l'analisi del Dna è che i nocchianelli sono assolutamente autoctoni".
 
Questo articolo è stato modificato dopo la pubblicazione in data 8 giugno 2021 nella parte riguardante i dossier del Nocchianello nero e del Nocchianello bianco spiga di granoturco che sono stati rimossi.