Secondo la Corte dei Conti Ue la Commissione Europea ha sovrastimato l'impatto positivo delle risorse destinate alle politiche climatiche per la programmazione 2014-2020. Dei 216 miliardi di euro spesi, 72 miliardi sarebbero stati destinati a politiche non rilevanti per combattere il cambiamento climatico. La Politica Agricola Comune (Pac) la maggior indiziata con 60 miliardi. Deboli i piani di rendicontazione, e in particolare nel monitoraggio basato su ipotesi e nella formulazione dei coefficienti climatici irrealistici. L'obiettivo resta il 30% di spesa climatica entro il 2030.
Secondo una relazione speciale pubblicata dalla Corte dei Conti dell'Unione Europea, la Commissione Europea ha mancato gli obiettivi prefissati per la spesa climatica 2014-2020 basati sugli impegni del Protocollo di Kyoto e sugli accordi di Parigi.
L'Ue ha stanziato 216 miliardi di euro tra il 2014 e il 2020 per la spesa climatica, circa il 20% del suo bilancio, ma i giudici contabili europei stimano che a tale scopo siano stati destinati solo 144 miliardi di euro. All'appello mancherebbero 72 miliardi di euro, che non sarebbero andati effettivamente a beneficio dell'azione climatica, 60 miliardi dei quali dai fondi destinati all'agricoltura.
Nell'agricoltura le lacune maggiori
Circa metà dei fondi destinati all'azione climatica tra il 2014 e il 2020 era contenuta nei due grandi pilastri della Politica Agricola Comune: il Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (Eagf) e il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (Eafrd).
Il primo ha messo a disposizione 302 miliardi di euro e consiste principalmente di sovvenzioni dirette agli agricoltori. Il secondo è stato fornito di una dotazione di 100 miliardi destinati al miglioramento della qualità della vita e alla diversificazione economica nelle aree rurali.
Nonostante le risorse riservate al clima con una somma di 45,5 miliardi di euro del primo dei due fondi e con un importo di 57,7 miliardi di euro da parte del secondo, la Corte sostiene che gli sforzi non hanno contribuito a ridurre le emissioni di gas serra dal 2010.
(Fonte foto: Eca, based on Commission 2020 Annual Management and Performance Report for the Eu budget)
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Greening
Nello specifico, nella voce dei pagamenti diretti, la Commissione differenzia tra attività verdi (greening) e non verdi (non greening).
Con greening si intende "la diversificazione delle colture, il mantenimento dei pascoli permanenti nelle aziende dove siano presenti e il mantenimento o la costituzione di aree di interesse ecologico". Sebbene le attività di greening, dice la Corte dei Conti, abbiano influito relativamente nella riduzione dei gas a effetto serra, le attività non greening (per cui sono stati destinati 17,5 miliardi di euro nei sette anni) hanno un impatto ancora più trascurabile nel ridurre le emissioni di gas serra.
Le sanzioni per gli agricoltori che violano le condizionalità imposte dalla Commissione, con cui l'Esecutivo europeo punta a compensare il moderato impatto positivo di questo tipo di pratiche, in realtà sono rare e non colpiscono i piccoli agricoltori. Bruxelles, quindi, deve rivedere i coefficienti di impatto ambientale sui quali si basa lo stanziamento delle risorse.
Lo sviluppo rurale
Per quanto riguarda lo sviluppo rurale, "resta incerto l'impatto nella mitigazione del cambiamento climatico", si legge nella relazione. Nell'ambito dell'Eafrd invece i 16 miliardi stanziati per le aree con difficoltà specifiche "non affrontano direttamente la questione climatica" perché prevengono l'abbandono delle terre, ma non il loro ripristino. La Corte dei Conti giudica invece parziale il contributo delle risorse destinate alle misure agroambientali e del finanziamento per l'agricoltura biologica (la Corte dei Conti ritiene che il coefficiente di impatto climatico debba essere abbassato dal 100% al 40% in virtù degli scarsi incentivi offerti dai bassi rendimenti per i produttori del biologico).
(Fonte foto: Eca)
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Totalmente sovrastimato è infine l'apporto in termini di lotta al cambiamento climatico del finanziamento nei servizi di base per il rinnovamento dei piccoli centri e nello sviluppo promosso dalle comunità locali; 11,6 miliardi di euro "persi" rispetto allo scopo. Su un totale di 103,2 miliardi di euro che i due fondi destinano alle politiche climatiche nell'ambito della Pac, 59,1 miliardi di euro sarebbero stati orientati verso progetti il cui impatto positivo sull'ambiente è stato sovrastimato.
Le debolezze nella rendicontazione
La Corte Ue, nella sua relazione, ha identificato varie debolezze nella rendicontazione della spesa europea per il clima, che la rendono alquanto inaffidabile.
Come prima cosa, "il monitoraggio è basato solamente su delle ipotesi e non esiste un vero e proprio sistema per verificare i risultati climatici", si apprende dalla relazione. In secondo luogo, i coefficienti assegnati dalla Commissione Europea ai vari programmi di spesa pubblica per il clima non sono sempre realistici: in alcuni casi la spesa è considerata rilevante per il clima, ma i progetti che la supportano hanno un impatto climatico finale poco rilevante, come capita nel caso delle infrastrutture rurali (in merito i giudici contabili hanno considerato che finanziando la costruzione di strade con tali risorse la Commissione incentiva il traffico veicolare).
Gli obiettivi futuri
La Corte di Lussemburgo ha espresso preoccupazione sull'affidabilità degli obiettivi prefissati dalla Commissione Europea per il periodo 2021-2027. L'Esecutivo europeo ha infatti previsto il raggiungimento del 30% della dotazione di bilancio Ue per il clima entro il 2030 e la Corte dei Conti ha sottoscritto una serie di raccomandazioni alla Commissione in materia climatica.
Serve innanzitutto "stabilire il contributo delle politiche agricole per il clima su basi scientifiche e creare linee guida applicabili a tutte le diverse aree rilevanti per la spesa climatica". È inoltre fondamentale rivedere il calcolo dei coefficienti climatici e migliorare il monitoraggio della spesa climatica per ogni periodo di programmazione, in modo da poter tenere traccia anche dei fondi non utilizzati.
Si tratta di passaggi fondamentali anche in vista dell'attuazione del piano di ripresa post pandemia del Next Generation EU, alla base del quale le attività finanziarie non devono "arrecare un danno significativo" (e quindi non devono essere una minaccia) per gli obiettivi ambientali e climatici.