Malerbe, funghi, ma anche insetti e acari. Le resistenze si possono generare in qualsiasi organismo vivente sottoposto a ripetuti trattamenti con specifiche sostanze. Le buone pratiche, come per esempio l'alternanza dei modi d'azione impiegati, sono sempre auspicabili, ma non sono di per sé garanzia di successi eterni. Lo dimostrano i crescenti casi di resistenze a erbicidi, fungicidi e insetticidi che angustiano tecnici e agricoltori.

 

Un trend, questo, sul quale gioca a favore la drastica riduzione delle soluzioni fitosanitarie a disposizione, soprattutto di quelle ad azione multisito che erano una barriera pressoché invalicabile proprio per le resistenze. 


Tali fenomeni si ravvisano però anche in campo sanitario umano, con la resistenza agli antibiotici che sta causando un crescente numero di decessi a livello mondiale. Solo in Europa vi sarebbero circa 670mila infezioni l'anno causate da batteri resistenti. Il 5% circa dei malati non sopravvive, facendo registrare 35mila decessi di cui 12mila in Italia.

 

Acari resistenti, api morenti

Nemmeno l'apicoltura è esente da fenomeni di resistenza. Come detto, la Varroa, acaro parassita in vetta alle statistiche di mortalità di Apis mellifera, è un osso molto duro con cui avere a che fare e a quanto pare sviluppa anch'esso resistenze. Purtroppo, questo acaro trasmette anche virus letali per le api e quindi il suo contenimento è indispensabile tanto quanto quello dello Scafoideo nei vigneti, contro la Flavescenza dorata, o quello di Philaenus spumarius negli oliveti per arginare l'espansione di Xylella fastidiosa

 

Delle resistenze della Varroa ai prodotti impiegati per il suo controllo negli alveari se ne era già parlato su AgroNotizie®, descrivendo il fenomeno anche nella realtà italiana, ove per fortuna non pare che la resistenza ad amitraz sia al momento diffusa.


Peraltro, amitraz era ampiamente impiegato anche in agricoltura: venne presentato in Italia in occasione delle Giornate Fitopatologiche del 1975 quale soluzione insetticida/acaricida "[...] poco tossico per gli animali a sangue caldo" e per molti anni venne usato per esempio contro le Psille del pero, fino a che nel 2004 venne revocato e ciao amitraz. Questo in agricoltura: in apicoltura ha continuato a essere invece impiegato, ma ora a quanto pare la festa è finita pure in questo settore produttivo. Per lo meno in alcune specifiche parti del mondo.

 

Pessime notizie giungono infatti da Oltreoceano. Stando infatti a un preprint dal titolo "Viruses and vectors tied to honey bee colony losses", ripreso anche da Science,  l'impennata di mortalità mostrata dalle api americane sarebbe in buona parte legata alla resistenza che la Varroa ha sviluppato nei confronti di amitraz.

 

L'emergenza negli Stati Uniti

Già nell'inverno 2024 si era registrata una crescita della mortalità negli alveari, toccando la considerevole percentuale del 55%. Nell'inverno appena trascorso questo infelice record è stato superato, toccando la soglia del 62%


I campionamenti svolti dai ricercatori nelle colonie hanno rivelato alti tassi di virus letali per le api, fra i quali i ceppi A e B del virus delle ali deformi e quello della paralisi acuta delle api. Entrambi sono stati riscontrati, citando gli autori della ricerca, "[...] a livelli insolitamente elevati, sia in campioni aggregati di colonie, sia in singole api che mostravano comportamenti di tremore e morbilità".


Fra le possibili cause ipotizzate dai ricercatori vi è proprio la Varroa, con la sua presenza per giunta favorita dalla resistenza che l'acaro ha sviluppato in diverse aree americane verso amitraz, una delle soluzioni più impiegate negli States contro di esso. Stando allo studio citato, infatti, ogni Varroa analizzata durante la ricerca sarebbe risultata resistente all'acaricida. 

 

Cosa fare?

Certamente vi sono altri fattori di stress che possono facilitare la diffusione di questi patogeni, come per esempio quelli nutrizionali o l'esposizione ad agrofarmaci che sebbene non letali per via acuta possono concorrere in alcuni casi a indebolire le api nelle colonie. Basti pensare a ciò che accade nei mandorleti Californiani, ove un vero e proprio esercito di apicoltori porta ogni anno le proprie colonie per favorire l'impollinazione. Un business molto lucroso, questo, ma che comporta poi effetti collaterali significativi nei mesi successivi, visto che le api vengono esposte ripetutamente ai trattamenti che gli agricoltori effettuano nei mandorleti anche in fioritura.   


Quindi rafforzamento delle buone pratiche, sì, ma anche ricerca di nuove soluzioni acaricide che siano al contempo efficaci su Varroa e sufficientemente selettive per le api. Un equilibrio, questo, non certo facile da trovare. Con i tempi che corrono, però, la ricerca di nuove sostanze attive viene da anni mortificata da normative sempre più asfissianti, come pure i tagli dell'attuale amministrazione americana stanno indebolendo le strutture pubbliche preposte al monitoraggio e alla cura degli alveari. 


Nel frattempo, le api continuano a vedersela brutta. Anche dal punto di vista comunicativo, con associazioni ambientaliste che ne cavalcano le disavventure per stimolare donazioni con la falsa promessa di salvarle dai "pesticidi". La Varroa e i virus ringraziano.