Il mercato della carne di coniglio è in sofferenza e non da oggi. Le quotazioni medie per il mese di agosto riportate da Ismea parlano di 1,56 euro al chilo per gli animali vivi. Un anno fa, e già si parlava di crisi del settore, le quotazioni erano persino più alte, seppure di poco; 1,68 euro al chilo. Prezzi che non coprono nemmeno le spese di produzione e non è un caso se il numero di allevamenti va continuamente assottigliandosi. Si parla di una contrazione della produzione che sfiora il 40%, un calo che supera di gran lunga la leggera flessione dei consumi (meno 2%) che si è registrata negli ultimi sei mesi. Uno scenario che dovrebbe vedere un netto rialzo dei prezzi di mercato, visto il divario fra offerta (poca) e domanda (comunque superiore alla produzione). Così non è perché l'insufficiente produzione interna è compensata dalle importazioni. Oltre centomila conigli a settimana entrano in Italia, denuncia l'Anlac (Associazione nazionale liberi allevatori di conigli), una quantità che rappresenta oltre un quinto delle macellazioni nazionali. E spesso si tratta di prodotti di dubbia origine, in prevalenza congelati (il 60%).
La denuncia di Anlac
“L'Europa non ci tutela come dovrebbe - ha denunciato il presidente di Anlac, Saverio De Bonis - ed è ora che il Governo intervenga per aumentare i controlli.” Fra le richieste dell'Anlac figura così l'ipotesi di rendere obbligatoria l'etichettatura di origine della carne di coniglio, già prevista per altre carni, ma esclusa incomprensibilmente per quelle di coniglio. Una richiesta legittima, ma oggi, dopo il no del Parlamento europeo alle etichette facoltative per le carni bovine, le speranze che alle carni di coniglio sia riservato un trattamento diverso, sono assai modeste.