Ad oggi i consumi nazionali sono soddisfatti per la quasi totalità da prodotto proveniente dalla Cina e dal Perù. Si tratta tuttavia di zenzero disidratato che a detta degli esperti è meno buono rispetto a quello fresco. E inoltre, visti i paesi di produzione, la tracciabilità dei metodi di coltivazione non è affatto certa.
Ecco perché differenti produttori e distributori oggi guardano alle produzioni nazionali (qui l'articolo di AgroNotizie sui metodi di produzione dello zenzero in Italia) che potrebbero offrire un prodotto di alta qualità, fresco e completamente tracciato. "Abbiamo effettuato il nostro primo raccolto questo inverno", spiega ad AgroNotizie Edoardo Ramondo, presidente di T18, società piemontese che produce e commercializza ortofrutta.
Ramondo, dove avete coltivato lo zenzero?
"Tutto è iniziato quando ho fatto visita ad un amico che ha una serra fotovoltaica in Sicilia, a Santa Croce Camerina, provincia di Ragusa. Una struttura che non offre molte alternative colturali tra cui scegliere, ma che ben si adatta allo zenzero. E così l'anno scorso, visto anche l'interesse del mercato, lo abbiamo piantato per la prima volta".
Soddisfatti delle produzioni?
"A livello di qualità certamente sì. Lo zenzero fresco ha un sapore molto più intenso e un colore giallo brillante, come quello dell'uovo. A livello di produttività siamo invece ancora sotto il punto di pareggio. Ma essendo questa la prima produzione, quasi un esperimento, possiamo dirci soddisfatti".
Quali sono state le performance dell'appezzamento?
"I costi di produzione sono stati più che doppi rispetto al prezzo di mercato dello zenzero cinese. Tuttavia abbiamo scontato la nostra inesperienza nel gestire questa pianta e anche l'utilizzo di un rizoma di provenienza estera che non si era ancora adattato ai nostri areali e che quindi non ha potuto esprimere appieno tutte le sue potenzialità".
L'Italia potrà mai essere competitiva con la Cina o il Perù?
"A livello di costi non credo. Da noi i fattori produttivi, manodopera in primis, sono molto costosi. Il nostro obiettivo è quello di testare se il consumatore è disposto a spendere qualcosa in più per avere un prodotto made in Italy, sicuro al 100% e fresco, quindi con caratteristiche organolettiche superiori".
Il mercato come ha risposto a questa novità?
"Direi molto bene. Diverse insegne della Gdo ci hanno fatto richiesta di commercializzare il nostro prodotto, ma le quantità disponibili erano talmente limitate che abbiamo dovuto rifiutare delle proposte. Anche sullo scaffale i consumatori hanno preferito il prodotto italiano che è andato esaurito nel giro di un mese e mezzo, nonostante il prezzo superiore a quello di importazione".
Lo zenzero può essere una opportunità per gli agricoltori nostrani?
"Secondo me sì, perché c'è una fetta importante di consumatori che, se disponibile, preferisce comprare il prodotto italiano, anche se ad un prezzo superiore rispetto a quello proveniente dalla Cina o dal Perù. Certo è che nessuna azienda può sopravvivere solo con lo zenzero, deve piuttosto essere una integrazione al reddito".
Non c'è il rischio che quella dello zenzero sia una bolla simile a quella del goji?
"Il rischio c'è sempre. Per questo credo che lo zenzero debba inserirsi in una strategia di diversificazione aziendale".