Lo scorso 28 settembre la Conferenza Stato Regioni ha dato il suo via libera al Decreto Ministeriale di adozione del Piano Castanicolo Nazionale 2022-2027, frutto del lavoro del Tavolo Nazionale per la Frutta in Guscio e delle strutture del Mipaaf. Si tratta di un programma di largo respiro che punta a creare maggiore reddito per i castanicoltori, incrementando e migliorando sia la produzione di castagne e marroni che quella di legna, facendo leva sull'imponente patrimonio castanicolo italiano, al quale vanno aperti sempre più ampi sbocchi di mercato, facendo leva su ricerca, innovazione e comunicazione.

 

Castagneto Italia

Il Piano parte da una ricognizione del patrimonio castanicolo italiano, aggiornata al 2021 e in attesa dei dati dell'ultimo censimento dell'Agricoltura Istat. Il Belpaese è forte di ben 34.273 ettari di castagneto (-19,8% sul 2016) e di una produzione di castagne che nello scorso anno ha sfiorato le 43mila tonnellate per una resa media nazionale di 1,2 tonnellate per ettaro. Questi dati sono frutto di una diminuzione del potenziale produttivo, che ancora nel 2016 poteva contare su 43mila ettari di superficie investiti a castagneto da frutto. Nel 2021 la Campania si conferma come la principale regione castanicola italiana: 15.178 ettari investiti (il 44,3% d'Italia), 19.949,5 tonnellate di frutti raccolti (il 46,4% della produzione nazionale).

 

Produzioni di qualità

"Nel campo delle denominazioni di origine protetta (Dop) e Indicazione geografica protetta (Igp) ci sono 16 prodotti riconosciuti (8 Dop e 8 Igp) comprendenti 11 varietà frutticole, 3 mieli e 2 farine" è scritto nel Piano, dove si rileva anche: "In Italia, dalle Alpi alla Sicilia esistono circa 350 varietà di castagne e 90 di marroni (censite da uno studio del Mipaaf: "Atlante dei fruttiferi autoctoni italiani", 2016); queste presentano nomi diversi che rappresentano i luoghi di origine, una cultura ed una tradizione ma anche le loro caratteristiche peculiari che le rendono uniche". Un patrimonio da valorizzare, atteso che la filiera si presenta molto debole al suo interno.

 

Le 21 politiche di rilancio

L'obiettivo strategico generale del Piano è lo "Sviluppo competitivo, sostenibile, integrato e multifunzionale del settore castanicolo italiano attraverso la valorizzazione dei prodotti castanicoli, in coerenza con le politiche europee e nazionali in materia agroalimentare, forestale, ambientale e del turismo, in ragione dell'importante contributo del settore al raggiungimento degli obiettivi di queste politiche".

 

Seguono ben 21 obiettivi strategici di dettaglio, accompagnati da innumerevoli "azioni chiave" che vanno da quelle di natura fitosanitaria - con lo studio dei fattori che limitano l'azione del parassitoide Torymus sinensis nella lotta al cinipide del castagno - fino alla valorizzazione del prodotto lavorato sui mercati nazionali ed esteri, passando per gli incentivi ad una maggiore meccanizzazione del settore fino alla valorizzazione dei prodotti della filiera legno.

 

Inoltre, porte aperte all'innovazione varietale e alla ricerca finalizzata all'incremento della produttività e al monitoraggio di tutte le avversità del passato che sono diventate più virulente con l'attacco del cinipide, che ha indebolito e debilitato i castagni. In particolare si punta ad ottenere frutti con le caratteristiche qualitative di Castanea sativa, ma più produttive e tolleranti ai fattori biotici ed abiotici, oltre che ad ottenere portinnesti adatti a diverse condizioni pedoclimatiche e compatibili con le cultivar. Il Piano da questo punto di vista è molto articolato, ma resta da sciogliere il nodo risorse.

 

Risorse in ordine sparso

Le risorse non sono tantissime, soprattutto sono piuttosto disperse. Il Piano le individua, oltre che nei Programmi di Sviluppo Rurale delle regioni, nelle ultime due leggi di bilancio dello Stato. Quella per il 2021 (legge 30 dicembre 2020, n. 178), al comma 138 dell'articolo 1, aveva stanziato 10 milioni di euro per varie filiere, tra queste quella della "frutta in guscio". Nella successiva Legge di Bilancio per il 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234), al comma 859 dell'articolo 1, per le sole filiere apistica e della frutta in guscio, l'importo veniva aumentato di 12 milioni e 750mila euro per l'anno 2022 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Si tratta quindi di risorse non dedicate in via esclusiva, ma contendibili e, in ultima analisi di non immediata determinazione. E che appaiono piuttosto risicate rispetto ad un piano che si presenta molto completo e soprattutto giustamente ambizioso.

 

Le regioni interessate potranno molto, se lo vogliono, ma dovranno attenersi ai seguenti criteri:

 

  • Dovranno attivare "un processo di concertazione" tra loro;
  • Vanno individuate dalle regioni delle coerenze, delle sinergie e complementarità con altre forme di intervento finanziate dalla programmazione nazionale (come i contratti di filiera) o da quella comunitaria (i progetti integrati territoriali) e dalla politica di coesione 2021-2027, in vigore dal 1° luglio 2021;
  • A sostegno dei progetti di filiera a dimensione regionale, le regioni possono attivare più misure previste dal Regolamento (CE) 1698/2005, quindi non solo quelle dell'Asse I, che appaiono quelle più direttamente interessate alla definizione del progetto stesso;
  • Andranno rispettati - nella predisposizione delle misure - i principi di concorrenza tra gli operatori economici che operano sulle singole filiere (legno o frutto).