Werth entra poi nel dettaglio: “Parleremo ad esempio della Russia, dove si stanno effettuando grandi e importanti investimenti, sia in termini di terreno che di risorse investite, nelle regioni del Caucaso, quali l’area di Krasnodar e la regione del Cabardino-Balcaria. Qui, negli ultimi cinque anni sono stati attivati migliaia di impianti nuovi, con piante importate da Olanda e Italia. Tutto ciò è interessante perché non si tratta di una semplice innovazione rispetto alla vecchia frutticoltura ex sovietica, ma rappresenta un fenomeno inedito, con grandi società di capitali che investono in frutticoltura".
"Continueremo il nostro viaggio verso oriente con altri paesi dell’Asia centrale che, sebbene non dispongano delle superfici che può offrire la Russia, presentano comunque realtà interessanti in forte sviluppo. Mi riferisco, in questo caso, a repubbliche ex sovietiche come l’Uzbekistan, Kazakistan, il Kirghizistan e il Tagikistan. Ci soffermeremo anche sulla Turchia, la quale ha già una tradizione importante nella melicoltura, ma dove si stanno attivando nuovi impianti. In tutti questi paesi citati c’è un grande fermento, ma non tutto dal punto di vista agronomico va come dovrebbe andare: nonostante la presenza in loco di diversi consulenti ed esperti non mancano i problemi, perché talvolta si scelgono terreni e superfici non adatti”.
Si parlerà anche di Iran, uno dei maggiori produttori mondiali di mele: a livello quantitativo supera di poco Italia e Turchia, ma ha tecniche di produzione ancora arretrate. Si farà una panoramica anche sulle Repubbliche baltiche e sui paesi dell’Europa dell’Est come Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca e Slovacchia, per poi spostarsi nell’estremo Oriente.
“Nelle due Coree - afferma Werth - la situazione tra Nord e Sud è molto differente. A Sud troviamo una realtà paragonabile a quella altoatesina, con piccole aziende familiari che producono in modo intensivo, in Corea del Nord ci sono importanti investimenti esclusivamente statali, spesso però effettuati su terreni non adatti”.
Il volo proseguirà poi in Giappone, dove la situazione non è paragonabile a nessun’altra: il prezzo è anche dieci volte più alto rispetto all’Europa, e una mela non è mai abbastanza perfetta. Si assiste alla ricerca di una qualità eccellente, in cui l’elemento estetico riveste un ruolo fondamentale e vi è un grande apporto di manodopera, che fa lievitare enormemente i costi, con una produzione che è di poco al di sotto di quella altoatesina: 800mila tonnellate, contro circa 1 milione di tonnellate dell’Alto Adige.
“L'India - conclude Werth - produce solo 2 milioni di tonnellate di mele o poco più. Ciò significa che, se ogni indiano si mettesse a consumare 2-3 kg di mele all’anno, verrebbero a mancare sul mercato mondiale circa 3 milioni di tonnellate di prodotto. Una situazione che è guardata da vicino anche dall’Alto Adige, che attraverso l’organizzazione di From ha aperto un canale con il mercato indiano. Tuttavia, rimangono ancora aperti diversi interrogativi: occorrono quantitativi importanti e varietà in grado di assicurare una lunga shelf life”.
La Cina, il primo produttore di mele al mondo con 43-45 milioni di tonnellate all’anno (la produzione globale è attorno agli 83-85 milioni di tonnellate), avrà uno spazio interamente dedicato all’interno del Congresso, con l’intervento del professore Yuan Yongbing, Qingdao Agricultural University.
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Fonte: Fiera Bolzano