All’apertura del mercato delle nocciole per il raccolto 2018 si presenta una realtà spaccata in due tra Nord e Sud sul fronte dei prezzi: con il prodotto delle Langhe lanciato oltre i 3 euro al chilogrammo, anche se è ancora tutto da verificare quanto reggerà, e le nocciole della Campania a prezzi da saldo, anche sotto i 2 euro al chilo. A regolare i conti è in arrivo la fissazione del prezzo di ritiro dal mercato delle nocciole da parte del governo turco. Ma il prodotto campano quest'anno soffre per la cattiva qualità, indotta dalle piogge di agosto, ma c'è anche dell'altro.
 

Questione di prezzi

A fine agosto, in occasione della 159° Fiera della nocciola, a Castagnole delle Lanze (Asti), è stato annunciato il primo prezzo ufficiale delle nocciole piemontesi, cultivar Trilobata delle Langhe. Il valore è stato fissato in un intervallo variabile da 3,00 a 3,20 euro al chilogrammo.
La fluttuazione è dovuta al fatto che, al momento della fissazione, non era ancora stato possibile valutare a pieno l’entità del raccolto piemontese 2018. Il prezzo delle nocciole è alle condizioni di “pagate al punto resa” ed in relazione anche al grado di umidità. Si tratta di quotazioni piuttosto elevate rispetto al prezzo medio nazionale rilevato da Ismea alla fine della pregressa campagna di commercializzazione, luglio 2018, che è di 2,34 euro al chilo.

In Campania, dove il raccolto è iniziato in anticipo già intorno alla prima decade di agosto, i prezzi all’origine diffusi da Ismea, “franco magazzino di partenza” aggiornati al 23 agosto 2018, descrivono una realtà ben diversa. Si oscilla tra i 1,90 euro al chilogrammo per le nocciole di cultivar Tonda avellinese di prima qualità sulla piazza di Avellino, ai 2,20 euro al chilogrammo per la Tonda di Giffoni sulla piazza di Salerno. Sopra i 2 euro si collocano le nocciole di prima qualità della Lunga San Giovanni: 2,10 euro ad Avellino e 2,05 a Napoli.

Il tutto in un contesto internazionale ancora fermo: con le nocciole turche che sul mercato spuntano tra 1,6 e 1,8 euro al chilo e senza che l’azienda di stato Tmo abbia ancora fissato il prezzo di ritiro dal mercato delle nocciole, che vengono poi avviate ai magazzini militari di Ankara.
 

Qualità e aggregazione

Vista l'elevata differenza di prezzo tra Piemonte e Campania, AgroNotizie ha chiesto lumi a Giampaolo Rubinaccio, corilicoltore in provincia di Avellino e coordinatore frutta in guscio per Ortofrutta Italia.
“Il problema del prezzo ancora basso per le nocciole della Campania in questo momento è dato dalla bassa qualità del prodotto, conseguita in fase di raccolta – spiega Rubiniccio – a causa dell’elevato tasso di umidità causato dalle forti piogge abbattutesi dopo Ferragosto, a raccolta appena iniziata, sui principali areali produttivi, a cominciare dall’Irpinia, fino a Napoli ed al salernitano”.

“Purtroppo gli essiccatori, che avrebbero potuto ovviare in buona parte al problema – aggiunge - mancano nella gran parte delle imprese corilifere della Campania. In tutta la provincia di Avellino ve ne sono appena dieci, ed il prodotto umido pregiudica ovviamente la valutazione di mercato. Resta da capire come si muoverà l'industria verso quelle aziende che sono riuscite comunque a fare qualità”.

Sullo sfondo, e di sicuro come dato strutturale, c’è anche la bassa capacità di aggregazione delle aziende corilifere campane: "Abbiamo ancora unità aziendali estremamente frazionate che in province come quella di Napoli raggiungono anche poco meno di 1700 metri quadrati di superficie – afferma Rubinaccio, che sottolinea - pertanto l’industria, in mancanza di un centro di concentramento dell’offerta, è costretta giocoforza ad affidarsi ai mediatori di campagna per mettere insieme un lotto minimo di acquisto. Tale fattore allunga la catena commerciale ed incide negativamente sul prezzo corrisposto al produttore”.

Una realtà a parte è quella rappresentata dalla zona delle colline salernitane, dove opera la Cooperativa Tonda di Giffoni e il Consorzio tutela della Nocciola di Giffoni Igp: qui la valutazione è più alta che altrove, ma si tratta di una piccola realtà rispetto alle distese di noccioleti della provincia di Avellino e di Napoli.

Altra piccola realtà corilifera è quella dell’alto casertano“Si è attrezzata bene, le imprese sono in grado di competere – dice Rubinaccio, ma il grosso della produzione è concentrata tra Avellino e Napoli: qui, se si vuole continuare a produrre nocciole, bisogna investire sulla qualità del prodotto e nella capacità di fare aggregazione. Inoltre occorre trovare gli strumenti nel Piano di sviluppo rurale 2014 – 2020, come hanno fatto altre regioni, Sicilia in testa”.