Che sapore ha una insalata spaziale, un pomodoro cresciuto sulla Luna o una patata marziana? Presto potremo saperlo perché team di scienziati di tutto il mondo stanno sviluppando le tecnologie per coltivare piante nello spazio e sulla superficie di altri pianeti.
Proprio di 'space farming' si è parlato a Venezia durante un convegno promosso dall'Università di Bologna sul tema della 'smart agricolture', nell'ambito dell'International inventors exhibition.

"L'agricoltura sarà essenziale per colonizzare lo spazio perché permetterà agli astronauti di riciclare risorse e produrre il nutrimento necessario a vivere lontano dalla Terra", spiega ad AgroNotizie Stefania De Pascale, professoressa dell'Università degli studi di Napoli Federico II, che con il suo team sta portando avanti da anni ricerche promosse dall'Agenzia spaziale italiana e dall'European space agency sull'Agrospazio.

Professoressa De Pascale, che cosa si intende per 'space farming'?
"L'agricoltura spaziale riguarda i sistemi e le tecnologie per la coltivazione delle piante superiori in ambiente non terrestre. Quando si parla di ambienti spaziali si intendono veicoli spaziali, piattaforme orbitanti, come la Stazione spaziale internazionale (Iss, ndr) o la superficie dei pianeti diversi dalla Terra".

Perché dovremmo coltivare delle piante nello spazio?
"Per molti motivi, sulla Iss principalmente per rendere disponibili agli astronauti cibi freschi che hanno sia un valore nutritivo sia un effetto psicologico positivo. L'anno scorso gli astronauti dell'Iss hanno potuto mangiare per la prima volta insalata cresciuta nello spazio. E' stato il primo pasto fresco dopo mesi. Ma in prospettiva le tecnologie sviluppate saranno indispensabili per supportare la vita degli equipaggi durante i lunghi viaggi verso altri pianeti e le future colonie spaziali".

Pianeti che verranno colonizzati grazie all'agricoltura?
"Nel film The Martian Matt Damon sopravvive sul suolo marziano coltivando patate. Il nostro obiettivo è proprio questo: creare le condizioni perché futuri pionieri spaziali possano colonizzare altri pianeti. Ma le sfide da affrontare sono enormi".

Di quali sfide parla?
"Prima di tutto tecnologiche. I pianeti al di fuori della Terra non hanno condizioni compatibili con la vita dell'uomo e delle piante. Dunque dovremo creare delle serre per proteggere le colture ad esempio dalle radiazioni provenienti dal Sole e dallo spazio esterno che hanno energia sufficiente a ionizzare atomi e molecole con cui interagiscono".

Sulla Terra non ci sono queste radiazioni?
"Sul nostro pianeta siamo protetti perché la magnetosfera riflette la maggior parte delle radiazioni ad alta energia e l'ozonosfera assorbe il 97% di quelle ultraviolette del Sole. Ma su Marte l'atmosfera è estremamente rarefatta: la pressione rilevata è circa 1/100 della pressione atmosferica terrestre e l'aria è costituita per circa il 95% da anidride carbonica ed è troppo 'sottile' per proteggere la superficie dalle radiazioni".


Che tipi di serre avete immaginato allora?
"Si pensa a diverse tipologie di serre. Strutture, magari gonfiabili, realizzate con materiali in grado di schermare le radiazioni e proteggere le piante dai venti marziani. Oppure dovremo costruire degli ambienti sotterranei, ma in questo caso dovremo far crescere le piante con illuminazione artificiale e saranno necessarie tecnologie quali collettori solari e fibre ottiche.
Come vede siamo di fronte a sfide complesse che richiedono competenze interdisciplinari".


Sulla Stazione spaziale internazionale le piante crescono in involucri simili a sacchetti di plastica, come mai?
"Sulla Iss i sistemi di coltivazione per le piante devono fare i conti con l'assenza di gravità. Per questo motivo si utilizzano tecniche idroponiche e substrati inerti studiati ad hoc. Con queste tecniche le piante vengono alimentate da soluzioni complete di tutti gli elementi nutritivi necessari".

Torniamo al film The Martian, in una scena Matt Damon unisce al suolo marziano i rifiuti organici prodotti dall'equipaggio. Sarà davvero possibile coltivare suoli extraterrestri?
"Il film non deve ovviamente rispettare criteri scientifici, ma in linea di principio sì. Il terreno di Marte, detto Regolite, ha caratteristiche fisico-chimiche che non lo rendono utilizzabile tal quale ma con i giusti accorgimenti, quali ad esempio l'aggiunta di sostanza organica, potrebbe essere coltivato".

Uomini e piante dovranno vivere in simbiosi?
"Se vogliamo creare colonie autosufficienti sì. I cosiddetti sistemi biorigenerativi per il supporto alla vita umana nello spazio possono essere considerati dei mini-ecosistemi, nei quali ogni componente è legata strettamente all'altra: le piante producono cibo, rimuovono CO2, generano O2 e purificano l'aria; gli astronauti si cibano delle piante; le scorie di piante ed equipaggio vengono immesse in bioreattori, dove specifici microorganismi degradano il detrito restituendo i nutrienti in forma disponibile per le piante".

Una insalata che cresce nello spazio, senza gravità e con un campo elettromagnetico diverso, è uguale ad una insalata terrestre?
"Può essere diversa perché le piante si sono evolute in ambiente terrestre, dove ad esempio la gravità domina, ma in generale le differenze di composizione sono ridotte. Inoltre l'assenza di gravità priva gli astronauti del senso dell'olfatto e di gran parte del senso del gusto, pertanto non se ne accorgerebbero".

Ammettiamo che degli astronauti arrivino su Marte nel 2030, come promesso da Obama. Quali piante porteranno con loro?
"Sulle astronavi l'obiettivo è avere verdura fresca che integri le razioni e dunque sia facile e veloce da produrre. Servono piante di piccole dimensioni e a ciclo breve, come le insalate.
Sulla superficie di altri pianeti lo scopo sarà invece avere colture che diano un sostentamento completo agli astronauti. Quindi sicuramente patata, grano, riso ma anche la soia per l'apporto proteico. Uno dei problemi poi sarà quello di trasformare i prodotti e conservarli".


Una volta arrivati su Marte, dopo quanto potrebbe esserci il primo 'raccolto marziano'?
"Difficile dirlo, ma l'idea è quella di inviare dei moduli serra sul pianeta prima dell'arrivo degli astronauti. Moduli che devono essere completamente automatizzati in modo da iniziare a produrre cibo prima dell'arrivo dell'uomo".

C'è la possibilità che tecnologie sviluppate per lo spazio abbiano una ricaduta anche sull'agricoltura terrestre?
"Assolutamente sì. Tecnologie e materiali messi a punto per realizzare le serre, come tutta la sensoristica e il controllo remoto, potranno avere una ricaduta anche per l'agricoltura nelle colture protette, che in Italia sono molto sviluppate".