Territorio, sostenibilità, naturalità, export, prezzo, sistema: sono concetti che riflettono l’essenza di un distretto – quello del vino – fiore all'occhiello del patrimonio produttivo italiano.
A fotografarli è la seconda edizione della ricerca dedicata alla filiera vitivinicola condotta dal Gruppo 24 Ore con le sue riviste Bargiornale, Gdoweek, Mark Up, Ristoranti Imprese del Gusto e VigneVini.

Dai dati emerge chiaramente come la passione degli italiani per il vino vada coltivata: rispetto a qualche anno fa, infatti, si assiste ad una drastica riduzione dei consumi di vino (sceso a circa 37 litri annui pro-capite, ma metà rispetto agli inizi degli anni ’80), ma anche ad una notevole diversificazione delle scelte in termini di modi e luoghi di consumo.
Se da una parte è cresciuto l’apprezzamento verso locali e ristoranti in cui si può bere vino al calice (giudicati con favore dal 71,1 e dal 76,2% dei due campioni), per quanto riguarda i canali utilizzati per l’acquisto è ulteriormente cresciuto l’acquisto nella Gdo (canale utilizzato dal 72,4% del campione consumatori negli ultimi 6 mesi), ma sono stati riscoperti anche gli acquisti diretti (il 28,8% ha acquistato direttamente dal produttore o presso una cantina/spaccio) ed è in aumento l’acquisto via internet (14%).

Ciò che non è mutato è il valore assegnato al vino, che rimane molto elevato, con un forte accento sulla passione: la maggioranza degli intervistati (il 57 ed il 55% dei due campioni), infatti, ha dato voti molto alti (tra l’8 ed il 10) alla propria passione per il vino. Anche la ricerca della qualità nel vino appare imprescindibile per il consumatore, che la lega al concetto di naturalità e sicurezza-salubrità ma anche di bevibilità.

Su cosa puntare
Pubblico e professionisti del settore sono unanimi nell’indicare come leve prioritarie per aumentare successo, consumi e vendite di vino la naturalità, l’attenzione al territorio e l’export. Seguono, in termini di importanza, anche la sostenibilità ed il prezzo: per quest’ultima leva risulta particolarmente sensibile il tema della chiarezza, vista la pluralità di posizionamento del prezzo dei vini all’interno dei diversi canali. Non mancano i riferimenti all’importanza di creare partnership e di fare sistema da parte di produttori e distributori.
Sono giudicati meno rilevanti il fatto di puntare su marca e formule di e-commerce: quest’ultimo, probabilmente, è considerato più un mezzo utilitaristico che un’opzione strategica.

L'e-commerce
Quello dell’utilizzo dell’e-commerce e, in generale, del web come canale per promuovere l’acquisto del vino è un tema particolarmente importante.
Nel corso della tavola rotonda “I valori del vino visti dalla filiera”, tenutasi ieri a Milano, Michela Coin, responsabile panel HQ24, e Cristina Lazzati, digital & social media chief editor web factory, Business Media hanno sottolineato che il consumatore 2.0 è nomade, sempre connesso attraverso una molteplicità di device, utilizza internet perché offre semplicità e comodità nel reperimento delle informazioni e consente di interagire con le aziende, permettendogli di essere protagonista nella fase di ricerca ed acquisto dei prodotti.
Per fare il punto su questo fronte, l’incontro è proseguito con la tavola rotonda “L’e-commerce è un “futuro possibile” per il vino”? Come il digitale può influenzare il consumatore”, moderata da Cristina Lazzati.
Ne è emersa la necessità di sviluppare una strategia digitale, che integri la capacità di “racconto” del vino e l’esperienza prettamente sensoriale del punto vendita con un uso attento della multicanalità e dell’infocommerce.
Ci sono però dei punti dolenti: oltre alla molta diffidenza nei confronti dell’e-commerce, visto ancora come canale concorrente e non complementare, è scarsa la dimestichezza con i social network e la comunicazione digitale.
Per converso, questi si sono rivelati temi di grande interesse per il popolo della rete, che ha seguito il dibattito online lanciando provocazioni, domande e sottolineando come talvolta proprio l’autoreferenzialità rappresenti il limite del settore vino, sempre più lontano dai giovani.

I temi di domani
L’incontro si è concluso con una riflessione sul tema “What’s next: I vini di domani”, moderato da Lorenzo Tosi, giornalista area agricoltura, Business Media. Il dibattito ha in primo luogo evidenziato la possibile contrapposizione in futuro tra “vini bevanda”, più facili da bere perché con una minore gradazione alcoolica, e vini del territorio.
Un secondo elemento chiave su cui puntare riguarda l’importanza di innovare anche sul fronte della coltivazione: l’introduzione di nuove varietà di vite resistenti alle malattie consentirebbe di rispondere alla richiesta del pubblico di avere vini “biologici” o, comunque, ottenuti da uve che hanno subito un numero inferiore di trattamenti. Rimarrà comunque importante che le denominazioni non dimentichino le loro radici, continuando ad essere espressione del territorio.

Il rapporto completo è consultabile cliccando qui.