Rivedere il concetto di made in Italy evolvendolo in quello di “prodotto italiano”, mettendo al centro dell'attenzione non il semplice territorio ma l'articolata e variabile combinazione di fattore umano, territorio e cultura, nei mille modi in cui può declinarsi.

Prodotto italiano è il prodotto la cui realizzazione coinvolga in misura significativa le risorse umane, il territorio e la cultura italiana, ed in relazione al quale la creazione di valore aggiunto economico sia in modo significativo attribuibile e di pertinenza di cittadini italiani e dell’Italia, anche se realizzato all’estero o in Italia con materia prima straniera". 

E' questa la filosofia di Brazzale, gruppo lattiero-caseario con quartiere generale a Zanè, in provincia di Vicenza, ma con due importanti sedi estere, in Repubblica Ceca, con una filiera lattiero-casearia, e in Brasile, con un'azienda di allevamento per la carne.
Siamo un gruppo lattiero-caseario, con una diversificazione nel settore dell’allevamento innovativo e sostenibile dei bovini da carne – spiega il presidente del gruppo Roberto Brazzaledove abbiamo realizzato metodi rivoluzionari in termini di benessere animale e impatto ecologico”.

Brazzale vuole cambiare il concetto di made in Italy come è conosciuto finora.
Se prendiamo del latte prodotto in Italia con marchio italiano, non è detto che tutti le fasi di lavoro siano caratterizzate da elementi italiani, in quanto la soia e il mais o i foraggi utilizzati per nutrire gli animali potrebbero essere di importazione, i lavoratori stranieri, le tecnologie pure. Di italiano, molto spesso c’è soltanto la localizzazione geografica dei processi e la terra, per il resto gli elementi di apporto sono del tutto stranieri. L’Italia agricola non può dare più materia prima, perché limitata fisicamente in un territorio molto montuoso, urbanizzato e ristretto".

"Le potenzialità di trasformazione, invece, sono praticamente illimitate - continua Brazzale - e coinvolgono migliaia di imprese, artigiane, industriali, agricole, cooperative. Le lasciamo atrofizzare o ritorniamo a valorizzarle, uscendo dalla sudditanza verso gli interessi di chi possiede la terra in Italia e vuole massimizzarne la rendita? Il made in Italy come è oggi concepito è un freno allo sviluppo: ha costi troppo elevati e fuori mercato per poter partecipare alla imponente crescita che il mercato mondiale del food sta registrando da anni e per molti anni ancora. Stiamo regalando il mercato agli stranieri, ed i nostri giovani restano disoccupati o se ne vanno”.

Gli italiani potrebbero approfittare meglio delle opportunità che l'estero offre, trasformando in Italia più materie prime realizzate fuori o governando direttamente processi produttivi agricoli e agroindustriali all’estero. Con il Gran Moravia siamo stati dei pionieri, in un'Italia che ha vocazione europea solo a chiacchiere e dove permane ancora la mentalità arretrata che la materia prima presa da fuori è peggiore, solenne falsità sulla quale si basa gran parte della retorica auto celebrativa dei nostri connazionali. Il vero valore distintivo italiano è nella trasformazione".

Il formaggio a pasta dura “Gran Moravia” è prodotto in parte in Italia e in parte in Repubblica Ceca, nella splendida zona della Moravia, “dove siamo presenti con uno stabilimento – continua Brazzale - dove gli operai sono locali, ma la conduzione, il know how e i tecnici sono tutti italiani, così come tutta la seconda parte della filiera, che avviene direttamente in Italia. E’ un prodotto davvero “europeo”, perché figlio delle formidabili opportunità di miglioramento ed efficienza che l’unione europea ha permesso di realizzare, a beneficio del consumatore e del progresso".

"In Brasile, tecnologia, know how e conduzione tecnica è affidata a mio fratello ed al gerente, il dottor Maronese: una guida totalmente italiana. Gli operai, certo, sono brasiliani, ed il prodotto è destinato a quel mercato, perciò non parlerei in questo caso di prodotto “italiano”, bensì di occasione importante per crescere assieme ad altri paesi.
Il nostro sistema del pascolo riforestato è rivoluzionario, perché permette il raddoppio della produzione di carne per ettaro con un impatto virtuoso di 300 alberi per capo che non solo abbattono l’impatto ecologico del capo allevato, ma producono ossigeno per compensarne altri otto. E’ come un grande depuratore d’aria, che espande i suoi benefici all’ambiente esterno
”.

Brazzale ricorda poi quello che il suo Gruppo ha fatto in Repubblica Ceca per diffondere l'italianitàAbbiamo aperto una catena di diciotto negozi con prodotti tutti italiani, non solo i formaggi di nostra produzione, ma anche la pasta, l'olio e tutti i principali ingredienti per la cucina italiana. Abbiamo conquistato un milione e mezzo di clienti l’anno che amano e conoscono sempre meglio il nostro paese e le nostre tradizioni”.

Anche la questione del burro è diventata importante, specialmente per la rivalutazione all'interno delle diete alimentari e prodotto di grandi prospettive per il mercato.
E' finalmente uscita la verità – esulta il presidente Brazzale – la demonizzazione del burro alimentata negli ultimi quarant’anni non è mai stata supportata da alcuna prova scientifica, ed ha causato un sensibile aumento del consumo di carboidrati ed il conseguente peggioramento della salute della popolazione, che ha visto aumentare obesità, diabete e malattie cardiache. L'equazione consumo di burro uguale aumento del colesterolo non ha alcun senso ed il burro, invece, oltre ad essere componente insostituibile delle diete mediterranee, è un prodotto assolutamente necessario per la salute, la cui carenza è un danno. In Italia ne consumiamo pochissimo rispetto a Francia e nord Europa".

"Per quanto riguarda le prospettive di mercato - conclude Brazzale - nonostante le attuali difficoltà dovute alla sovrapproduzione europea di latte ed al crollo della domanda dovuta al bando russo, sul lungo termine i consumi mondiali continueranno a crescere, mentre l’Italia agricola è destinata a declinare tristemente se non riuscirà ad uscire dalla gabbia dell’euro”.