Focalizzata prevalentemente sul segmento dei bovini e lattiero-caseario, l’assemblea ha restituito a un pubblico attento un quadro generale di una zootecnia che, pur essendo stata investita dalla crisi al pari di tutto il settore agroalimentare, ha saputo evolversi in direzione dell’innovazione e della concentrazione aziendale, mostrando chiari segni di ripresa e consentendo di guardare con fiducia al futuro.
Il paziente mostra lenti ma costanti segni di ripresa e, salvo complicazioni, dovrebbe essere di nuovo in forma entro la fine del 2013. Potrebbero essere queste le parole di un ipotetico medico chiamato a stilare una prognosi del settore zootecnico nazionale; almeno a voler prestar fede a quanto è emerso durante l’assemblea.
“E' stato un periodo di grande lavoro – ha dichiarato il presidente di Aia, Nino Andena – e grazie al nostro impegno nel settore del miglioramento genetico e della selezione l’Italia è tra i primi 5 Paesi al mondo a zootecnia avanzata. Resta invece molto da giocare nella partita della valorizzazione del bestiame e dei prodotti derivati che rappresenta un nuovo fronte, sul quale ci stiamo già impegnando con successo, ma che richiede ancora molti sforzi per farci emergere allo stesso livello raggiunto in ambito tecnico”.
L’Associazione rappresenta da oltre 70 anni il punto di riferimento per tutti i professionisti della zootecnia, ha un carattere dichiaratamente tecnico-economico e mira a contribuire a un miglioramento del bestiame e a una più efficiente valorizzazione del bestiame stesso e dei prodotti da questo derivati.
Nel corso degli ultimi anni Aia ha dato il via a un radicale processo di rinnovamento della struttura. “Non abbiamo certo aspettato che ci fosse il taglio dei finanziamenti per rimettere mano alla nostra organizzazione – ha detto Andena – e oggi riusciamo a rispondere alla mutata situazione economica in maniera propositiva, avendo condiviso con tutto il Sistema i traguardi da raggiungere”.
Obiettivo dichiarato: dare sostenibilità e competitività all’allevamento italiano.
“E' un percorso complesso – prosegue Andena – con ricadute economiche, occupazionali, ambientali ed etiche. L’Associazione si è trovata davanti a un bivio: continuare l’attività a favore di pochi allevamenti d’élite oppure rispondere alle esigenze dell’allevatore e del Paese, puntando all’allargamento della base sociale. Abbiamo scelto questa seconda strada, perché in una realtà complessa come l’Italia non sarebbe stato né possibile in termini tecnici, né opportuno in termini sociali fare diversamente.
Per Aia tutti gli allevatori hanno gli stessi diritti, grandi e piccoli, dal Nord al Sud, dalla pianura alla montagna, perché tutti perseguono lo stesso obiettivo e tutti sono i primi attori di una filiera strategica per il nostro Paese come l’agroalimentare”.
Roma, assemblea ordinaria dell'Aia (Foto: Agronotizie ©)
Il primo passo in questa direzione è stata la ristrutturazione centrale e periferica del Sistema allevatori, puntando verso la regionalizzazione, ormai pressoché ultimata.
“Stiamo percorrendo la stessa strada – ha commentato Andena - che il Governo ha intrapreso con il taglio delle Province. Allo stesso modo la nostra riorganizzazione salvaguarderà le realtà dove esistono Apa di grandi dimensioni, che concettualmente possono essere assimilate a vere e proprie ‘aree metropolitane, tanto per usare un termine molto in auge in questi giorni”.
A fianco della regionalizzazione, Aia sta puntando allo sviluppo del progetto Italialleva, a quello dell’attività di assistenza tecnica zootecnica, alla consulenza aziendale, alla rivisitazione del sistema dei controlli e alla stessa revisione dell’attuale calcolo di finanziamento del Sistema.
A questo si aggiungono i nuovi servizi per gli allevatori che dovranno essere la chiave di volta di questo percorso.
“Si tratta un profondo cambiamento di mentalità – ha spiegato Andena - e per poterlo portare a termine chiediamo al ministero delle Politiche agricole di accompagnarci nel cammino, garantendoci però la possibilità di avere una programmazione degli interventi su base pluriennale perché non possiamo sempre lavorare in emergenza.
Allo stesso modo occorre un forte sostegno per l’innovazione tecnologica e nuovi strumenti informatici per liberare risorse da riconvertire in attività orientate a favore degli allevatori. Ma chiediamo anche il varo di programmi specifici per il rilancio delle singole filiere, come ad esempio il Piano carni, che rappresenta un passaggio strategico per il sistema Paese. I dati ci danno ragione – ha ricordato il presidente Andena - e non sarà un caso che in questi anni si stia contraendo il numero delle aziende, ma aumenti quello dei capi, un processo all’insegna di una sempre maggiore efficienza”.
Il migliore esempio della 'Neue Welle' di Aia è costituito da ItaliAlleva, il marchio di origine italiana garantita al 100% promosso dall’associazione che a oggi conta 295 concessionari in tutte le regioni d’Italia tra cui molte importanti realtà lattiero casearie e del settore carne; 3.789 allevamenti coinvolti; 2.796 referenze e accordi quadro con due catene distributive come Metro e Conad.
“Grazie all’evoluzione del Sistema allevatori – ha concluso Andena - oggi riusciamo a fare di più, con meno risorse, ma sempre in un’ottica di servizio a favore del Sistema Paese. Non vogliamo alcuna forma di assistenzialismo, chiediamo solo che lo Stato investa su un settore chiave dell’economia nazionale come l’agroalimentare, comparto che in alcuni segmenti è ancora capace di crescere a due cifre”.
Il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania (Foto: Agronotizie ©)
La più grande attestazione della qualità del lavoro svolto negli ultimi anni da Aia e dei suoi progetti per il futuro, sono giunti dal ministro Catania che ha aperto il suo intervento dichiarando: “Non c’è organizzazione nel mondo agricolo che noi al Mipaaf sentiamo più vicina di Aia”.
Nel proseguo dell’intervento Catania ha esternato il suo moderato ottimismo per come il comparto lattiero-caseario italiano reagirà all’abolizione delle quote, per le quali non ravvede, come detto, “alcuna possibilità di proroga”.
Un ottimismo basato sulla vitalità del sistema delle Dop con la sua spiccata propensione all’export e sull’accresciuta competitività degli allevamenti italiani, ma anche sul calo della forbice tra i prezzi dei prodotti non Dop made in Italy e quelli dei lattiero-caseari franco-tedeschi.
“Per quanto riguarda il settore della carne – ha aggiunto Catania – la situazione è più complessa. Dobbiamo continuare a difendere le linee di produzione autoctone, e noto con soddisfazione che il mercato sta dando segnali chiari e incoraggianti, con una tendenza a remunerare correttamente le nostre razze. Pur essendo ridotti i numeri di questo segmento, dobbiamo presidiarlo. La vera sfida è riuscire ad aggiungere alle nostre linee da carne tra i 200 mila e i 300 mila vitelli da carne nati dalle nostre lattifere. In questo Aia può svolgere un ruolo fondamentale anzi, senza di essa, un’operazione del genere non è fattibile”.
Moderata fiducia anche per quanto riguarda la riforma della Pac; “Stiamo entrando nel vivo del negoziato per la riforma della Politica agricola comune. Il Governo sta rispondendo in termini positivi alla necessità di fare dell'agricoltura un tema centrale per il negoziato, soprattutto per quanto riguarda le prospettive di bilancio. Su questo aspetto sto lavorando fianco a fianco con il Ministro Moavero, capofila del dossier sul bilancio Ue, nel quale ho trovato molta attenzione e consapevolezza del fatto che la spesa agricola è virtuosa e va difesa. Anche il premier Monti – ha rivelato Catania – ha chiarito, a margine di un vertice a Bruxelles, che l’Italia vuole di più per il settore agricolo”
Dopo un cenno alla questione nitrati e ai nuovi, importanti provvedimenti del Governo sulle energie rinnovabili, il ministro ha affrontato la questione del finanziamento del Sistema allevatori.
“Per il 2013 – ha promesso Catania – faremo tutto quanto è nelle nostre possibilità, ma la vera partita si giocherà con i nuovi Piani di sviluppo rurale, nell’ambito dei quali occorrerà trovare un accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni per una gestione delle risorse disponibili che per alcune misure preveda anche la possibilità di interventi unitari a livello centrale”.