Il progetto di legge istitutivo del piano agrumicolo, presentato in parlamento, prevede 10 milioni di euro di investimenti per il rilancio del comparto in Italia. E dovrebbe alimentare anche i finanziamenti per la ricerca e la propagazione di piante sane e tolleranti al Tristeza virus, ottenute utilizzando portinnesti tolleranti Ctv: Citrange o Citrumelo.
Un progetto sul quale è necessario accelerare, perché la situazione in Sicilia sta diventando preoccupante. E servono più soldi per rendere il rimpiazzo di piante con portainnesto su arancia amara, attaccabile dal Ctv, più veloce della diffusione del virus. Ma anche più veloce dell’arrivo da altri paesi di piante commerciali, che potrebbero introdurre nuovi patogeni.
AgroNotizie ha sentito Guido Sorrentino, che al Crea - Centro di ricerca per l’agrumicoltura e le colture mediterranee di Acireale si occupa di difesa e in particolare della diffusione e della lotta a Tristeza.
Dottor Sorrentino, nei fatti quanti agrumeti siciliani sono sotto attacco del Ctv oggi?
"Innanzitutto la sua diffusione è iniziata nelle provincie di Catania e Siracusa, ormai pesantemente interessate dalla patologia; in provincia di Palermo è stato segnalato intorno al 2003 un focolaio di poca importanza. Infine, tra il 2013 e il 2015 sono stati individuati focolai di diffusione in provincia di Enna, Messina, Trapani e Ragusa; unica provincia monitorata e risultata esente da infezione è stata Caltanissetta.
Attualmente si stima che la superficie agrumicola colpita dalla malattia in Sicilia è di circa 35000-37000 ettari, a fronte di 90mila ettari di patrimonio agrumetato, ma è comunque un valore che va letto con attenzione, perché anche le percentuali di infezione rilevate nei campionamenti hanno una loro importanza nella previsione della vitalità delle aziende agricole interessate. Se da un lato infatti nelle provincie di Catania e Siracusa si rilevano infezioni prossime al 100% attorno ai focolai iniziali, il resto della Sicilia presenta una situazione ben diversa".
Sembra di capire che quanto a livello di infezione vi sia una situazione a macchia di leopardo, giusto?
"In Sicilia, fino alla annata agraria 2011-2012, Ctv ha interessato con i suoi isolati, soprattutto le provincie di Catania e Siracusa, con una diffusione praticamente endemica soprattutto nella provincia di Catania, caratterizzata dalla presenza di isolato virulento Ctv-DS2.
Alcune aree agrumicole siciliane sembravano indenni al virus, fatta salva la presenza di focolai immediatamente distrutti, tuttavia durante le operazioni di monitoraggio del territorio siciliano anche provincie in cui non era stato segnalato nemmeno un caso di Ctv, tra il 2012 e il 2014 hanno mostrato la presenza di più focolai di infezione con percentuali sicuramente interessanti.
Tra il 2012 e il 2013 in provincia di Enna, nel comune di Centuripe in particolare, area di vecchi agrumeti dislocati lungo alcuni corsi d’acqua piuttosto importanti, sono stati segnalati cinque focolai con percentuali di infezione variabili da un minimo del 4% al 5,7%, valori che in caso di mancata eradicazione fanno prevedere una diffusione a mezzo vettori (afidi) piuttosto importante. Nel 2013 nei comuni di Campobello di Mazara e di Ribera, sono stati segnalati altri quattro focolai con percentuali omogenee del 3%".
I campionamenti più recenti, invece, che realtà raccontano?
"Nel 2014-2015 sono stati effettuati campionamenti nelle provincie di Caltanissetta, Ragusa e Messina, con i seguenti risultati: in provincia di Caltanissetta non sono stati trovati campioni infetti; in provincia di Ragusa su 1800 campioni, prelevati in 18 punti differenti del territorio, nei comuni di Comiso, Acate, Chiaramonte Gulfi e Vittoria, sono stati riscontrati in tutti i punti di prelievo campioni positivi, con una percentuale minima del 4% e una massima del 6%; in provincia di Messina sono stati individuati 60 punti di prelievo e rilevate infezioni allarmanti nei comuni di, Barcellona Pozzo di Gotto, Patti, Capo d’Orlando, Terme Vigliatore e Taormina, con valori oscillanti dal 5 al 13%. Un ultimo dato riguarda la diffusione in provincia di Catania, con focolai evidenti nella zona a nord della provincia, tra Mascali e Fiumefreddo, con valori di infezione del 3,5 in media e un caso isolato in comune di Mascali con infezione al 44%".
Come sono dislocati i ceppi più virulenti?
"Importante è anche la distinzione dei ceppi o isolati individuati nelle varie zone, che hanno una differente azione sulle piante. L’isolato virulento più diffuso, è sempre presente tra Catania e Siracusa e ora nell’area sud occidentale nella zona di Ribera. Nelle altre zone sono presenti isolati blandi o combinazioni ancora non caratterizzate".
A che punto siete con la riconversione?
"Su circa 90.000 ettari di superficie agrumetata regionale, circa 33.000-35.000 ettari sono in attesa di riconversione. Considerato che una parte della superficie inizialmente infetta è già stata riconvertita, si tratta quindi di una potenziale richiesta di 12-14 milioni di piante, che non dovranno essere più innestate su “arancio amaro”, portinnesto tradizionale che purtroppo, in combinazione con le varietà coltivate, diventa suscettibile a Ctv.
La riconversione richiede infatti, anche per Legge Regionale come chiarito dal D.D.S. 1790 del 24 giugno 2014, l’utilizzo di portinnesti tolleranti Ctv, quindi Citrange o Citrumelo. La filiera agrumicola si è adattata con un certo disagio a questo cambio di portinnesto: è stato infatti necessario adattare le cure colturali iniziali per le piantine a queste nuove combinazioni di innesto. Soprattutto su Citrange, che è stato ed è il portinnesto preferito dagli agricoltori, è stato necessario attenzionare alcuni aspetti relativi a irrigazione e concimazione e soprattutto è stato indispensabile l’approvvigionamento del seme per costituire le nuove piantine".
Gli agrumicoltori però lamentano anche una certa lentezza in questo processo. Come lo spiega?
"In un primo momento si è avuto un problema non indifferente con il materiale di propagazione vegetale: negli agrumeti adulti, in tutta la Sicilia, vi era una diffusione percentuale notevole di alcuni patogeni che non causano danni alle piante innestate su arancio amaro, ma sono dannosi alle nuove combinazioni di innesto su Citrange. Stiamo parlando di viroidi quali l’Exocortite o CEVd e la Cachexia o HSVd e dei gruppi di viroidi a basso peso molecolare.
L’uso di materiale non certificato e preso in aziende esistenti ha causato notevoli perdite alle aziende che iniziavano la riconversione e che si sono dovute orientare su materiale certificato proveniente dalla filiera vivaistica ufficiale.
Qui è sorto un altro problema. Il nostro centro Crea di Acireale è detentore delle strutture del “Programma nazionale di certificazione volontaria degli agrumi” voluto dal Mipaaf nel lontano 1976, programma ci ha permesso per anni di distribuire materiale sano di propagazione consistente in semi e marze da innesto, che sono state il primo passaggio della filiera vivaistica; a fianco di questo materiale d’eccellenza il Crea-Acm ha fornito anche materiale munito di Certificazione agricola comunitaria, che è il materiale minimo su cui deve basarsi la produzione. Nel momento in cui si è arrivati all’emergenza, il Crea Acm ha dovuto modificare i rapporti con la filiera vivaistica".
Cosa ha comportato il cambiamento dei rapporti tra Crea-Acm e filiera vivaistica?
"In primo luogo, la localizzazione in area infetta da Ctv del nostro Centro di “Premoltiplicazione”, da cui vengono ottenute le piante certificate per i vivaisti, richiede un controllo fitosanitario più intenso e continuo, con aggravi di costi e maggiore impegno di personale, anche questo non sostenuto da altri.
Seconda questione, la localizzazione dei campi di piante madri delle organizzazioni vivaistiche anch’esse per la maggior parte in aree infette, ha imposto la fornitura da parte nostra di piante innestate e non più di marze.
Terzo elemento: il materiale di categoria Cac, nel passato prelevato nell’azienda sperimentale del Centro, oggi non può essere più fornito in quanto proveniente da area infetta.
Vista la situazione attuale, senza un supporto economico da parte di altri enti pubblici o da parte delle associazioni di vivaisti, risulterà impossibile proseguire nella produzione di materiale di categoria “Base” o anche Cac per rifornire la filiera vivaistica, con la inevitabile immissione da altri paesi di grandi quantità di piante commerciali, condizione che porta con sé anche il rischio di introduzione di patogeni nuovi o di loro vettori".