Per esempio per la frutta in guscio (nocciole, mandorle, noci …) si importano enormi quantitativi ogni anno. Al bisogno è stato varato qualche tempo fa un piano di settore nazionale.
Della cosa si è parlato in Fondazione Fico, in occasione del Nocciola Day, con la presenza dei maggiori esperti nazionali.
Di nocciole in Italia se ne potrebbero appunto produrre molte di più anche per la grande richiesta da parte della industria dolciaria. Alla notevole domanda e scarsa offerta nazionale si sopperisce con una larga importazione da paesi terzi (Turchia…) che però forniscono spesso prodotti di qualità scadente con problemi di aflatossine ma anche di agrofarmaci non più permessi in Italia (per esempio i ditiocarbammati).
Per la nocciola si è assistito nei recenti anni a un netto aumento dei nuovi impianti. Abbiamo però scoperto con sgomento che nessuno sa con precisione quanti ettari sono stati messi in coltura e che non vi è una politica concertata centralmente per armonizzare la nuova offerta con il mercato. In pratica come spesso, troppo spesso, succede manca un coordinamento fra le regioni.
Ancor peggio: pare che il nocciolo sia stato piantato anche in aree non vocate.
Lo diciamo da sedicenti esperti di mercato; tutto questo potrebbe (e tocchiamo opportunamente ferro) provocare squilibri, con oscillazioni negative delle quotazioni, pregiudizio della qualità generale e notevole danno per il settore agricolo.
Due piccole notazioni che valgono certo non solo per le nocciole ma per molte altre specie da frutto.
Per la prima è urgente creare un catasto nazionale dei fruttiferi; per la seconda bisogna avere una politica nazionale che partorisca per diversi prodotti chiare strategie di marketing che valgano per tutto il Paese non solo per le singole regioni.
In questa maniera i produttori potranno avere grandi soddisfazioni, i territori potranno sopravvivere, l'industria avere forniture di qualità.
E' l'uovo di colombo, anzi come dicevano i latini: nux in nucella.