L’articolo 41 del decreto Genova ha infatti elevato i limiti di molte sostanze, superati i quali non è possibile l’utilizzo dei fanghi in agricoltura come ammendanti. A ritrovarsi con nuovi e più permissivi valori limite erano stati gli idrocarburi (C10-C40), gli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), le diossine, i furani e i Pcb, ma anche Toluene, Selenio, Berillio, Arsenico, Cromo totale e Cromo VI.
Ieri l’approvazione in Consiglio regionale della Basilicata del disegno di legge della Giunta recante “Ulteriori disposizioni urgenti in vari settori di intervento della Regione Basilicata” riporta in vigore i limiti più severi per queste stesse sostanze già contenuti nell’allegato IB del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, fino a quando il legislatore nazionale non provvederà ad una riforma organica della materia.
Il provvedimento approvato ieri in Consiglio regionale adegua il contenuto di alcune disposizioni alle indicazioni pervenute dagli uffici governativi e recepisce le prescrizioni delle leggi statali sulle materie oggetto di intervento, ma solo per quanto attiene i materiali di scavo. Entra così definitivamente in vigore la Legge regionale 16 novembre 2018, n. 35 sulle “Norme di attuazione della parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica di siti inquinati – norme in materia ambientale e della legge 27 marzo 1992, n. 257 - norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto”.
"Impegno mantenuto. Il governo nazionale non può obbligarci. In 5 anni abbiamo diminuito l'uso dei fitofarmaci in questa regione del 30% e non permettiamo a nessuno di vanificare gli sforzi. Non diventeremo la sede di riversamento dei fanghi inquinati altrui. La contrarietà della Basilicata all'articolo 41 del decreto Genova è sempre stata netta, sin dalla sua emanazione, e ci siamo battuti in ogni sede per preservare i nostri campi e il nostro territorio" ha dichiarato ieri l’assessore alle Politiche agricole della Basilicata, Luca Braia
In Basilicata su 600mila ettari di superficie agraria utile, 100mila sono a biologico e la forte riduzione dell'utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura è apparsa sin da subito come in netto contrasto con l'elevamento dei limiti di legge per le sostanze contenute nei fanghi.
"Ripristiniamo, pertanto, per legge - prosegue Braia - il principio per cui i fanghi ad uso agricolo devono rispettare i limiti previsti per le matrici ambientali a cui dovranno essere assimilati. E saremo sempre intransigenti su questo”.
Infine, Braia spiega “La disciplina dell'uso agricolo dei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue è contenuta nel D.lgs. 27 gennaio 1992, n. 99 e parla di fanghi idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del terreno e che non contengono sostanze tossiche e nocive.
Non possono essere utilizzati a fini agricoli i fanghi che superano i valori limite per le concentrazioni di metalli pesanti e di altri parametri stabiliti nell'allegato IB, che però, tuttavia, non disciplinava la concentrazione di idrocarburi e fenoli. Una questione che il Governo ha pensato bene di inserire, apparentemente senza motivo, nel cosiddetto decreto Genova fissando i limiti di concentrazione di idrocarburi nei fanghi più alti rispetto a quelli consentiti per i terreni da bonificare (Tabella l, all. 5, Titolo V, parte IV del D.Lgs. a. 152 del 2006)”.