Il Consorzio di Tutela del Pecorino Romano Dop si opporrà con tutti i mezzi legali alla costituzione di una Dop Cacio Romano a tutela non solo del comparto che conta 15mila operatori con un fatturato al consumo di circa 600 milioni, ma anche di tutte le indicazioni geografiche e del consumatore, che rischierebbe di essere clamorosamente tratto in inganno al momento della scelta del prodotto. Allo stesso tempo il Consorzio avvierà una battaglia con le istituzioni europee contro l'ordinanza della Corte di Cassazione che riconosce la legittimità dell'uso di un marchio che ricalca il nome della storica Dop Pecorino Romano. È quanto si afferma in una nota ufficiale diramata il 7 aprile 2023 dal Consorzio di Tutela del Pecorino Romano Dop.

 

Dall'altro lato della barricata una pattuglia di imprenditori caseari laziali e Coldiretti Lazio che, per mano del presidente David Granieri, ha già chiesto all'assessore all'Agricoltura della Regione Lazio, Giancarlo Righini, di riattivare l'istruttoria per il riconoscimento della Dop Cacio Romano, in forza dell'ordinanza della Cassazione, che è immediatamente esecutiva.


Ma dall'Ente di tutela con sede a Macomer si ricorda come la domanda di riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta Cacio Romano è stata in più occasioni archiviata dal Ministero dell'Agricoltura, e che pertanto "non si comprende come un discutibile uso di un marchio individuale circoscritto nel tempo e non corrispondente ad alcuna tradizione produttiva possa ora diventare una Dop concorrente, con il concreto rischio di minare la tenuta di decine di migliaia di aziende".


"Abbiamo preferito attendere, e dopo una compiuta analisi, esprimerci sul contenuto di un'ordinanza che, a volerla analizzare anche con gli occhi di un non addetto al settore, appare pregiudizievole per tutto il sistema delle produzioni di qualità, nessuno escluso", dice il presidente del Consorzio, Gianni Maoddi.

 

"L'ordinanza della Cassazione di fatto dichiara legittima l'esistenza sul mercato del Cacio Romano, sottolineando che non c'è assonanza che possa creare confusione fra i due prodotti né trarre in inganno i consumatori. Questa incredibile decisione dei giudici della suprema corte butta via anni di sacrifici e di duro lavoro, e peggio ancora la richiesta del riconoscimento di una Dop" afferma Maoddi.

 

"La politica - sottolinea Maoddi - non può ignorare quello che sta accadendo, e deve sostenere non solo battaglie all'estero, come per esempio quella giustissima sul Nutriscore, ma anche battaglie interne al nostro Paese come questa. Facciamo appello anche alle associazioni di categoria affinché sostengano le nostre ragioni, a tutela di tutti".

 

Il riferimento alla politica sarda di Maoddi, è una chiara richiesta di schieramento a favore del territorio, atteso che l'assessore laziale all'Agricoltura Righini ha già deciso di riattivare l'istruttoria per la richiesta della Dop Cacio Romano, su richiesta di Coldiretti Lazio.


Ma il Consorzio di Tutela del Pecorino Romano, tiene a sottolineare che il noto formaggio Dop Sardo "oltre che in Sardegna conta su importanti realtà anche in Lazio e Toscana: 12mila allevamenti ovini che conferiscono latte per la produzione della Dop e di circa 3mila persone impegnate nella trasformazione e commercializzazione. Numeri che la dicono lunga su quanto importante sia la ricaduta economica e occupazionale in tutte e tre le regioni interessate".


"Ma a chi giova tutto questo? La domanda sorge spontanea all'indomani di una decisione che, tra gli innumerevoli sostenitori del made in Italy e del sovranismo nostrano avrebbe dovuto, quanto meno, determinare una levata di scudi in favore della Denominazione, primo fra tutti il Ministero dell'Agricoltura, e invece tutto tace" afferma il presidente del Consorzio tutela del Pecorino Romano.

 

"Si assiste - incalza Maoddi - alla sola schizofrenica presa di posizione di chi al mattino combatte contro l'Italian sounding, il pomeriggio aderisce alla causa contro il Consorzio e la sera promuove la creazione di una Dop Cacio Romano con l'obiettivo di indebolire e dividere una filiera fondamentale per i territori di produzione. La nostra è, e sarà, una battaglia per la tutela di un patrimonio collettivo, per tutti coloro che operano nella filiera e per le loro famiglie, nonché per le istituzioni italiane che hanno la responsabilità e dovere di tutelarle. Ogni e più opportuna azione sarà intrapresa, a tutti i livelli nazionali ed europei", conclude il presidente del Consorzio.