Mercato tonico, come rilevato anche da Crefis, il Centro di ricerca delle filiere suinicole, che per il mese di luglio rileva, accanto all'aumento dei listini, "anche il calo parallelo dei prezzi delle materie prime alimentari, che hanno sostenuto la redditività della suinicoltura italiana, tanto che l'indice Crefis ha mostrato un incremento del 3% su giugno". Numeri positivi, anche se il mercato, rispetto allo stesso periodo del 2018, è più basso del 9,9%, secondo le elaborazioni del Crefis.
Le prospettive sembrano sorridere alla suinicoltura italiana ed europea in generale, anche (purtroppo) per l'epidemia di peste suina che sta mettendo in forte difficoltà il settore in Cina.
"La diffusione della peste suina africana è una delle ragioni della ripresa dei prezzi dei suini sui mercati internazionali" spiega Thomas Ronconi, presidente dell'Associazione nazionale allevatori di suini (Anas). "L'Europa è diventata uno dei principali fornitori di carne suina, con la conseguenza di un alleggerimento della pressione all'interno dell'Ue stessa".
Le preoccupazioni per la situazione oltre la Grande Muraglia sono elevate, anche perché filtrano notizie non univoche. Secondo le previsioni 2019-2028 dell'Ocse-Fao sulla care suina, recentemente diffuse, "la presenza del virus della peste suina africana in Cina determinerà nel 2019 un decremento della produzione del 5% circa e un incremento delle importazioni da parte del paese asiatico, mentre nel 2020 la produzione ed i consumi dovrebbero ritornare ai livelli del 2018 per continuare a crescere negli anni successivi".
Secondo gli analisti della banca olandese Rabobank, uno dei più importanti fornitori di servizi finanziari per l'agricoltura e l'alimentare a livello mondiale, la situazione sarebbe ben più grave rispetto a quanto diffuso dai funzionari cinesi. Tanto che, secondo gli esperti di Rabobank, "l'allevamento di maiali cinesi potrebbe dimezzare entro la fine del 2019 rispetto all'anno precedente e la produzione potrebbe impiegare più di cinque anni per tornare ai livelli precedenti alle epidemie mortali poiché le sfide, tra cui la mancanza di soluzioni per prevenire la malattia e la mancanza di capitale limiteranno il ripopolamento".
In pratica, in base al report di Rabobank rilanciato sui principali media economici mondiali, se le stime ufficiali cinesi riferivano di una diminuzione del numero dei suini tra il 15% e il 26% rispetto a un anno fa, l'istituto olandese stima il calo nell'ordine del 40%, con i volumi di carne in diminuzione del 25% rispetto all'anno precedente. Una diminuzione inferiore rispetto alla perdita di animali, a causa dell'elevato numero di animali macellati nella prima metà del 2019.
E comunque, "la produzione di carne di maiale probabilmente diminuirà di un ulteriore 10-15% nel 2020".
A commento del report di Rabobank, Daniel Azevedo, direttore dei settori "commodity e commercio internazionale" di Copa-Cogeca, con un tweet ha rassicurato sul fatto che "i produttori di suini sono pronti a fornire al mercato cinese carne di alta qualità, riconosciuta da oltre 130 mercati in tutto il mondo. Copa-Cogeca ritiene che sia molto importante che i nostri partner commerciali, come Cina, Giappone, Corea, eccetera, riconoscano il principio di regionalizzazione". Tema, quello appunto dell'accreditamento regionalizzato, particolarmente caro all'Italia, che potrebbe esportare carne e salumi dai distretti dei prosciutti di Parma e di San Daniele verso la Cina, qualora venissero portate a termine le operazioni di accreditamento dalle autorità sanitarie cinesi.
Quanto al mercato italiano, "nelle prossime settimane - prevede Thomas Ronconi - grazie anche all'effetto turismo, che, comunque, contribuisce a sostenere i consumi, soprattutto d'estate, e a una domanda superiore all'offerta di animali, i listini dovrebbero mantenersi su un quadrante di crescita, almeno per le prossime due sedute di mercato".