Giuseppe Elias, come mai venti anni fa ha deciso di adottare un software per la gestione della stalla?
"Ero curioso di sapere se c'era uno strumento che mi permettesse di raccogliere dati oggettivi in modo da prendere decisioni sulla base di informazioni certe. Siamo stati i primi ad adottare Afimilk e insieme all'azienda abbiamo lavorato per rendere il software sempre più efficiente".
Qual è stato il valore aggiunto apportato dal sistema Afimilk?
"Poteva immagazzinare informazioni sui singoli capi e forniva diverse tipologie di statistiche. Il lavoro tuttavia si è fatto più interessante negli anni successivi, quando è stato possibile integrare anche i dati provenienti dalla sala di mungitura, dove in maniera automatica viene registrata la produttività e qualità del latte, e dai podometri di cui sono dotati gli animali, utili per rilevare calori e capi malati".
Quali sono i vantaggi che avete riscontrato dall'utilizzo di queste tecnologie?
"Prima di tutto la possibilità di avere dati oggettivi e non influenzati dall'operatore che li raccoglie. Dati che sono la base su cui un imprenditore prende le decisioni".
Ci può fare un esempio?
"Grazie ai software è facile oggi mettere in relazione la qualità del latte con l'alimentazione delle vacche. Quando modifichiamo la razione vediamo nel giro di pochi giorni come questa influisce sulla qualità del prodotto e quindi possiamo regolarci di conseguenza. Oppure possiamo avere statistiche affidabili sulla produttività di un capo".
Produttività sotto quale aspetto?
"Nei primi due anni di vita il bovino non è produttivo ed è soltanto una voce di costo. Quando al secondo anno inizia a produrre latte diventa remunerativo e il mio lavoro di imprenditore è cercare di allungare il più possibile la vita produttiva del capo. Avere dati puntuali su ogni singolo animale mi permette di capire se decisioni prese in stalla influiscono negativamente sulla vita utile dell'animale. Posso così fare delle scelte, ad esempio sulla vivibilità della stalla o sulle razze".
Come è stata accolta dal personale l'introduzione di questi sistemi?
"Fortunatamente quando abbiamo avviato la digitalizzazione il mio capo stalla aveva trent'anni e anche se non aveva una formazione informatica si è adattato bene all'utilizzo di questi strumenti. Credo che per un imprenditore la cosa fondamentale non sia tanto decidere un investimento, seppure ingente, quanto coinvolgere il personale nell'utilizzo attivo di questi sistemi e nell'inserimento accurato dei dati che il sistema non è in grado di raccogliere da solo".
Quante persone lavorano in stalla?
"Sono tre: il capo stalla, un mungitore e un addetto all'alimentazione. Uno staff ridotto che tuttavia è in grado di gestire in maniera ottimale la struttura".
In quale modo la tecnologia vi ha aiutato a razionalizzare l'impiego di forza lavoro?
"Molte delle operazioni che una volta venivano fatte dall'uomo oggi sono eseguite in automatico dalla macchina. Ad esempio abbiamo una sala di mungitura che può suddividere i capi in uscita in gruppi a seconda di differenti parametri".
Ci può fare un esempio?
"Quando deve venire il veterinario il sistema separa dalle altre le mucche che hanno bisogno di una visita, magari perché hanno partorito da poco. Oppure gli animali che, dall'analisi del latte fatta in automatico, risultano avere un principio di mastite o una chetosi. Tutto questo permette di sollevare l'operatore da lavori a basso valore aggiunto e farli invece concentrare dove l'apporto umano è fondamentale".
Secondo la sua esperienza l'investimento in queste tecnologie genera un ritorno economico sufficiente a ripagarsi?
"Sicuramente sì e il fatto che da vent'anni utilizziamo questi strumenti e programmiamo nuovi investimenti è la migliore prova che il digitale è un fattore di produttività e non solo un costo. In un settore come il nostro, soggetto ad una ciclicità dei prezzi, poter gestire in tempo reale la stalla ti permette di prendere decisioni utili a superare con minori danni i momenti di bassa quotazione del latte".
Oltre alla stalla Gestione aziende Bianchini ha anche 600 ettari di terreno coltivato. Che cosa producete?
"Principalmente mais, destinato alla vendita e alle bovine, ma anche frumento e altri cereali a paglia".
L'adozione della minima lavorazione permette di ridurre i costi e preservare la fertilità del suolo
Quali tecnologie impiegate?
"È da oltre dieci anni che come azienda abbiamo adottato un approccio conservativo. Facciamo quindi semina su sodo per i cereali e minima lavorazione per il mais. Questo ci permette non solo di preservare la qualità del terreno ma anche di poter effettuare la semina con appena tre persone: una alla lavorazione del terreno, una alla seminatrice e un'altra al supporto logistico del cantiere".
Utilizzate la guida automatica?
"Abbiamo introdotto questa tecnologia recentemente, quando nel 2014 abbiamo acquistato delle macchine della KUHN per effettuare lo strip tillage. La necessità di centrare l'elemento di semina sulla banda lavorata ha richiesto l'introduzione di un sistema di guida satellitare con correzione Rtk".
Utilizzate la guida parallela anche per altre attività?
"Abbiamo in tutto quattro trattrici dotate di guida di precisione Topcon che utilizziamo sia per la concimazione che per la semina. Inoltre abbiamo una botte con chiusura automatica delle sezioni che ci permette di eliminare le sovrapposizioni con un risparmio del prodotto e una migliore qualità del trattamento".
Il passo successivo in una gestione di precisione del campo è l'utilizzo di mappe di produzione e prescrizione…
"Venti anni fa abbiamo equipaggiato la mietitrebbia del nostro contoterzista con un sensore di carico per la realizzazione delle mappe di produzione. Si tratta di strumenti estremamente utili per capire come varia la produttività in un campo e prendere decisioni per renderla più omogenea".
Attraverso mappe di prescrizione?
"Nonostante l'estensione complessivamente alta, pari a 600 ettari, la taglia media di un nostro campo è di circa 7 ettari, con contorni spesso irregolari. In questo contesto l'utilizzo delle mappe di prescrizione secondo me è poco utile, poiché il costo delle attrezzature necessarie non è ripagato da un aumento di produttività. Per ora ci limitiamo a gestire in maniera manuale la variabilità in capezzagna".
Ad esempio?
"Quello che facciamo è ridurre di un 10-15% la densità di semina in capezzagna, dove abbiamo riscontrato esserci una più bassa produttività. In questo modo risparmiamo seme pur non riducendo il prodotto raccolto".
Schermata del sistema Field view che fornisce dati sull'evapotraspirazione della coltura
Per monitorare un numero così alto di campi sparsi su due province utilizzate qualche strumento digitale?
"Usiamo i dati provenienti dai satelliti per monitorare i campi e ultimamente stiamo utilizzando la piattaforma Field view di Bayer che fornisce informazioni interessanti sull'evapotraspirazione delle piante e quindi ci dà indicazioni sulla necessità di irrigare il mais".
Secondo lei perché un agricoltore dovrebbe adottare queste tecnologie per la gestione della stalla e dei campi?
"Ogni azienda è un caso a sé stante ed è dunque difficile generalizzare. Sicuramente però le tecnologie digitali permettono alle aziende, di qualunque dimensione, di raccogliere dati in maniera oggettiva e di sfruttarli per prendere decisioni che aumentino la produttività e quindi la sostenibilità economica dell'impresa. Spetta poi ad ogni agricoltore fare valutazioni su se e quali tecnologie adottare".
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