Se già pratichi l'agricoltura rigenerativa o vuoi intraprendere la transizione verso la rigenerazione devi sapere che in Italia esiste l'Associazione Nazionale dei Produttori per l'Agricoltura Organica e Rigenerativa (Produttori Aor).
L'obiettivo di questa realtà è quello di coinvolgere in maniera pratica gli imprenditori agricoli in un processo di miglioramento delle pratiche e della salute delle condizioni dell'agroecosistema.
In questo articolo spieghiamo come funziona insieme ad Edmondo Soffritti, socio e rappresentante nel consiglio dell'Associazione del gruppo tecnico.
Abbiamo conosciuto Soffritti in occasione del press tour organizzato da Eit Food a settembre 2025. Insieme alla sua famiglia, Edmondo gestisce un'azienda multifunzionale organica e rigenerativa in Cilento (Campania), La Petrosa. Con il supporto di Deafal, organizzazione pioniera che dal 2010 promuove in Italia formazione, assistenza tecnica e ricerca in ambito di agricoltura organica e rigenerativa, Edmondo e la sua famiglia hanno convertito l'azienda all'agricoltura rigenerativa 10 anni fa, adottando un approccio tecnico e scientifico riconosciuto. Da allora sono ridotto notevolmente i costi legati agli input esterni ed è aumentata la salute del suolo e i servizi ecosistemici.
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L'Associazione Nazionale: dare voce ai produttori rigenerativi
Nata 3 anni fa su stimolo di Deafal, l'Associazione Nazionale Produttori per l'Agricoltura Organica e Rigenerativa "nasce come organismo finalizzato alla tutela, valorizzazione, rappresentanza, divulgazione e implementazione dei principi, dei valori e delle tecniche dell'agricoltura organica e rigenerativa. L'Associazione nasce da un gruppo di produttori per definire una identità comune per le aziende che praticano l'agricoltura organica e rigenerativa e rappresentare e tutelare questa identità nelle diverse sedi pubbliche e istituzionali", affermano sul loro sito web.
"L'idea era quella di creare una figura che rappresentasse i produttori di agricoltura rigenerativa - spiega Edmondo Soffritti - Questa esigenza è nata dal fatto che la parola rigenerativo si sta diffondendo sempre di più e al momento non c'è una regolamentazione europea né nazionale che definisce questo termine".
"Una delle caratteristiche principali dell'Associazione è che si basa sulla forma d'impresa e quindi è nata per rispondere alle esigenze di un imprenditore agricolo che fa questo di professione e che quindi ha l'esigenza di tirare avanti un'attività economica. Si parla non solo di rigenerazione agronomica ma anche economica e sociale".
Un'altra caratteristica importante è che all'interno dell'Associazione l'agricoltura rigenerativa non viene vista come un potenziale marchio, ma più semplicemente come un insieme di pratiche che possono anche essere diverse a seconda del proprio contesto agricolo: "Non siamo dogmatici. All'interno della nostra Associazione puoi occuparti di permacultura, food forest, eccetera. Per noi tutte queste pratiche sono rigenerative perché sono comunque pratiche agroecologiche".
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Come far parte dell'Associazione dei Produttori Aor: valutazione e non certificazione
"Noi che ci definiamo agricoltori rigenerativi, per dimostrarlo come facciamo? Abbiamo bisogno di fare una analisi oggettiva delle nostre aziende - spiega Edmondo Soffritti - Per questo motivo abbiamo creato un percorso di rigenerazione molto ampio che, come ho già detto, non vuole essere dogmatico visto che l'approccio rigenerativo è sostanzialmente un approccio agroecologico e può variare da azienda ad azienda. Abbiamo pensato di non scrivere qualcosa che andasse verso la direzione di una certificazione o che dicesse ciò che si può o non si può fare. Abbiamo redatto un percorso di rigenerazione che valuta l'approccio all'agroecosistema che ha l'azienda in ottica rigenerativa".
Si tratta di una autoanalisi che si fa attraverso un questionario da compilare al momento della richiesta di iscrizione all'Associazione, a cui si aggiunge una analisi del suolo e una valutazione empirica della qualità del suolo.
In questo modo nessuno impone un tipo di pratica e ognuno è libero di scegliere le pratiche che vuole a seconda della propria situazione economica e della propria realtà. L'Associazione preferisce osservare i risultati nel tempo e gli obiettivi raggiunti.
Con il questionario si analizzano 5 ambiti: suolo, allevamento, biodiversità, acqua e sistema socioeconomico.
Ad esempio, per analizzare la gestione del suolo in un'azienda che richiede l'iscrizione all'Associazione dei Produttori Aor, vengono fatte domande legate alle lavorazioni, copertura, rotazioni, nutrizione delle piante e gestione della flora spontanea. Un esempio di domanda può essere: "Con quale attrezzo viene fatta la lavorazione di affinamento effettuata con maggiore frequenza?".
Per sapere come funziona il sistema socio economico dell'azienda, si chiede come è organizzata la vendita dei prodotti aziendali: se attraverso la vendita alla Gdo, attraverso l'adesione ad una cooperativa, un consorzio o una Op, attraverso la vendita in circuiti locali o attraverso la vendita diretta con la Csa o i mercati locali.
Il risultato del percorso di rigenerazione è un punteggio che rappresenta il livello di rigenerazione dell'azienda agricola. Questo punteggio è determinato dai risultati del questionario, delle analisi del suolo e delle prove empiriche sul terreno, e non stabilisce se un'azienda è rigenerativa o meno, ma serve ad identificare i punti di forza e di debolezza. I livelli di rigenerazione vanno da 1 a 3: il livello 1 rappresenta un'azienda all'inizio del suo percorso di rigenerazione, il livello 2 rappresenta un'azienda con un percorso di rigenerazione già avviato e il livello 3 rappresenta un'azienda con un impatto rigenerativo consolidato.
Il tutto viene comunicato all'azienda anche attraverso una restituzione grafica che mette in evidenza i punti di forza e quelli di debolezza su cui bisogna migliorare.
Per questo motivo i risultati che si ottengono dal test non sono importanti in quel preciso momento a decidere se un'azienda è rigenerativa o meno; al contrario, servono per creare con il tempo un trend dell'azienda e capire i risultati che sta raggiungendo nel tempo, quanto e come sta rigenerando il proprio sistema agricolo, per intenderci. "Per esempio - spiega Edmondo - una analisi chimico fisica del suolo al tempo zero mi può dire che ho il 3% di sostanza organica, ma questo non basta a dire che un'azienda è rigenerativa più di un'altra. Ciò che è importante è ciò che succede a partire dall'anno zero, l'incremento che ci può essere di sostanza organica o di carbonio stoccato nel terreno. La cosa più importante è che le condizioni migliorino nel tempo".
Accompagnamento e inclusività
Una volta definiti i punti deboli, l'azienda può essere seguita da dei tecnici dell'Associazione o dei tecnici esterni.
L'Associazione, infatti, insieme a Deafal ha cominciato ad organizzare degli incontri rivolti alla formazione degli agronomi: "Stiamo cercando di formare degli agronomi più o meno diffusi su tutto il territorio italiano. L'obiettivo è quello di formare almeno 1-2 agronomi per regione in modo che, quando viene richiesta una consulenza in una determinata regione, riduciamo i costi legati agli spostamenti dei tecnici e otteniamo un supporto specifico per quel territorio", afferma Edmondo.
"Al momento alle nostre chiamate per la formazione hanno risposto in un buon numero. La prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di presentare il nostro questionario tecnico. I tecnici sono rimasti molto colpiti perché si tratta di un questionario redatto direttamente dai produttori, con il supporto degli agronomi, quindi c'è poca teoria e molta pratica".
Inoltre, uno dei principi su cui si fonda l'Associazione dei Produttori Aor è l'inclusione. Proprio perché il questionario non definisce chi è o non è rigenerativo, vengono accettate anche aziende convenzionali che vogliono iniziare la transizione.
"Vogliamo aiutare le aziende a fare la transizione. Con l'azienda che entra con un punteggio molto basso noi ci impegniamo a fare un monitoraggio continuo annuale e negli anni deve garantire che il punteggio sia in miglioramento. Se dopo due analisi consecutive, in cui il punteggio non migliora, vuol dire che l'azienda non sta rigenerando e non ha senso che rimanga nell'Associazione. Quindi inclusività ma anche rispetto".
Gli obiettivi futuri dell'Associazione
L'Associazione dei Produttori Aor lavora per creare alleanze con altre associazioni europee (come Eara, Climate Farmers, eccetera). Come spiega Edmondo: "L'obiettivo è quello di fare advocacy sia a livello italiano che europeo", quindi sostenere attivamente la causa per prendere parte alle le decisioni politiche.
Al momento, sulla questione certificazione dell'agricoltura rigenerativa il dialogo è aperto: "Noi vorremmo evitare che qualcuno metta dei paletti sull'agricoltura rigenerativa, rischiando che faccia la fine dell'agricoltura biologica, estremamente normata e che non risponde più alle esigenze di un'azienda che vuole fare sostenibilità", afferma Soffritti.
Ma il consumatore è pronto?
"Oggi si parla di rigenerativo anche in agricoltura convenzionale e biologica, quindi sì, forse la gente oggi fa fatica a comprendere di cosa si tratta veramente. Ma uno dei valori di fare agricoltura rigenerativa è anche quello di lavorare attraverso il mercato locale dove magari è più facile creare un legame con il consumatore in maniera diretta. Non ha senso fare cibo sostenibile e poi utilizzare le grandi filiere industriali. Quindi partiamo dal territorio, per poi parlare di rigenerazione sociale, economica e alimentare. È chiaro che le filiere agroalimentari ci sono e ci saranno per parecchi anni, c'è necessità soprattutto per alcune realtà agricole", spiega Edmondo Soffritti.
La Petrosa: un laboratorio a cielo aperto di agricoltura rigenerativa
Le colture e il pistacchieto in keyline
La Petrosa è passata da essere un'azienda convenzionale con solo 2 colture - mais e triticale - ad essere un'azienda pioniera dell'agricoltura rigenerativa in Italia. Perché? Edmondo Soffritti e la sua famiglia si erano accorti che i costi aumentavano e la produzione diminuiva.
Oggi coltivano 1700 piante di olivo, 20 ettari sono destinati alla produzione di cereali per l'alimentazione umana (grano, farro, orzo e avena) che vengono trasformati in pasta, pane e biscotti, e per l'alimentazione animale; 1 ettaro è destinato alla produzione di ortaggi e 1 altro ettaro a quella di frutta. Da 5 anni in azienda si autoproducono anche i semi.
Soffritti ha collaborato con i tecnici di Deafal nella progettazione di un pistacchieto in keyline: "Mi affascinava molto questo sistema di gestione dell'acqua - afferma Soffritti - soprattutto perché è fondamentale per limitare i fenomeni di erosione. Dovendo fare un nuovo impianto ho pensato che fosse l'occasione buona per sperimentare. Ho realizzato questo pistacchieto in keyline che già a livello visivo colpisce perché è fuori dai canoni che conosciamo di un frutteto moderno".
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Quali vantaggi ha osservato nel tempo? "La prima cosa che si nota è che lì la copertura vegetale del suolo resta verde fino all'estate, proprio perché l'acqua non scorre via velocemente e riesce a distribuirsi in maniera omogenea nel suolo. Il secondo vantaggio più evidente è che il pistacchieto, che oggi è al quarto anno, non ha bisogno di irrigazione. Infatti, a parte il primo anno in cui ho irrigato, poi non l'ho più fatto e non ho nemmeno montato l'impianto di irrigazione. Le piante si mantengono perfettamente verdi", spiega Edmondo Soffritti.

Pistacchieto in keyline a La Petrosa
(Fonte: AgroNotizie®)
A La Petrosa oltre a pratiche come queste, di gestione dell'acqua rigenerative, adottano pratiche di conservazione del suolo come minima lavorazione e semina su sodo per non disturbare gli aggregati e migliorare la salute del suolo.
La conversione all'agricoltura rigenerativa non è stata facile. La transizione ad Edmondo è costata molto in termini di tempo e soldi: per i primi 3-4 anni c'è stata una forte diminuzione dei raccolti. Adesso però i risultati si vedono: maggiore sostanza organica, miglioramento delle produzioni, aumento della cattura di carbonio nel suolo, aumento della biodiversità, aumento della qualità delle produzioni e soprattutto riduzione degli input esterni.
Se con l'agricoltura convenzionale spendeva anche migliaia di euro per la gestione delle colture cerealicole, oggi spende 200-300 euro ad ettaro per le lavorazioni e la raccolta. Il suolo si è rigenerato e adesso non utilizza più fertilizzanti chimici e ha ridotto il consumo annuale di carburante da 15mila a 6mila litri. Al posto dei classici input esterni utilizza cover crop, rotazioni, compost fatto con il loro letame e biofertilizzanti prodotti con gli scarti aziendali.
L'allevamento razionale
A La Petrosa gestiscono un allevamento al pascolo di tipo razionale: gli animali ruotano di parcella in parcella lasciando così all'erba il tempo di rigenerarsi. Si tratta di 20 parcelle delimitate da una recinzione elettrica che viene spostata giornalmente (ci vogliono solo 10 minuti); la grandezza delle parcelle e il numero di animali al pascolo variano a seconda della stazione.
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Gli animali pascolano 365 giorni l'anno: ci sono 70 capre e 5 bovini per cui coltivano medicai e cereali autunno vernini in rotazione con leguminose per l'alimentazione umana (come ceci e fagioli) e per l'alimentazione animale (come pisello proteico e favino).
Nelle stalle aperte utilizzano la paglia come lettiera, in questo modo il letame viene già parzialmente digerito prima di essere compostato.
Rigenerazione culturale e sociale
La rigenerazione dell'azienda non è solo legata alla produzione agricola ma anche all'aspetto sociale e culturale che caratterizza il territorio.
La Petrosa è un'azienda agricola che riesce ad occuparsi autonomamente del 100% della propria filiera: il fresco viene trasformato nel loro ristorante, venduto attraverso la loro bottega e presso un mercato locale; le eccedenze vengono trasformate in conserve.
"Il nostro caposaldo è il consumo consapevole del cibo e il rispetto delle stagioni. Al mercato locale che frequentiamo possiamo avere un contatto diretto con i consumatori", afferma Soffritti e continua: "Abbiamo anche spiegato l'importanza del recupero del vetro delle passate di pomodoro che facciamo. In 2 anni abbiamo recuperato il 90% dei nostri barattoli che poi laviamo e riutilizziamo. Noi vogliamo stimolare ad uno stile di vita consapevole".
All'agriturmismo, nato ormai 30 anni fa, si consumano solo prodotti di stagione appena raccolti, a raccontarlo le sorelle di Edmondo, Simona e Luigia Soffritti: "Qui al ristorante si continua a fare il lavoro che si fa in campagna perché seguiamo la stagionalità. Le persone che vengono non scelgono cosa mangiare da una lista immensa di prodotti. Hanno il piatto del giorno che a sua volta è dettato dalla cassetta dell'orto. A volte a colazione ci chiedono cosa si mangerà a pranzo ma noi non lo sappiamo finché non arriva la cassetta con i prodotti raccolti nell'orto. A volte può essere difficile programmare il menù, quando per esempio abbiamo dei ricevimenti, ma il nostro obiettivo è quello di far capire agli ospiti il senso della stagionalità, che secondo noi si è perso".

Pasta e fagioli a La Petrosa
(Fonte: AgroNotizie®)
A La Petrosa è importante anche la connessione con altre attività legate al territorio, per questo da qualche anno hanno recuperato del patrimonio edilizio dove oggi ospitano l'atelier "Cucilento". Qui si fa moda riutilizzando i packaging di alcuni prodotti agricoli e non solo: sacchi di iuta delle patate o del caffe, reti per la raccolta delle olive, eccetera.

L'Atelier Cucilento a La Petrosa
(Fonte: AgroNotizie®)
Questo articolo fa parte di una serie dedicata all'agricoltura rigenerativa in Italia.
L'agricoltura rigenerativa è un approccio che integra pratiche agricole e agroecologiche per aumentare la biodiversità, arricchire i suoli, migliorare i bacini idrografici e potenziare i servizi ecosistemici.
Il press tour organizzato da Eit Food ha offerto l'occasione di conoscere da vicino i risultati della formazione e del supporto fornito alle aziende italiane impegnate nella transizione verso questo modello.
Durante le visite abbiamo incontrato la Cooperativa Agricola Nuovo Cilento, l'azienda multifunzionale La Petrosa e l'azienda vitivinicola Morasinsi, realtà diverse unite dallo stesso obiettivo: rigenerare la terra partendo dal suolo.





























