La campagna agrumicola 2022-2023 in Sicilia è a rischio, stretta in una tempesta perfetta di aumenti a doppia cifra di logistica, energia, imballaggi e materie prime. È quanto è emerso da un incontro di Fruitimprese Sicilia con le aziende del territorio.
Sintetizzando le conclusioni dell'incontro tra le imprese più rappresentative dell'agrumicoltura isolana, Placido Manganaro, presidente Fruitimprese Sicilia, parla di "preoccupazione e sfiducia dilaganti tra gli operatori: i costi fuori controllo, le bollette pazze di gas e luce, i trasporti con costi proibitivi impediscono alle aziende qualunque programmazione in vista dell'avvio della campagna agrumicola che parte in ottobre con limoni e arance Navel per poi passare all'arancia rossa Tarocco, fino ai mandarini".
"Anche la filiera intermedia di trasformazione del prodotto è in emergenza - spiega ancora Manganaro - molte industrie di trasformazione stanno chiudendo e così viene meno anche la possibilità di collocare il prodotto di seconda/terza scelta che dovrà essere destinato al macero con elevati costi di smaltimento destinati, inevitabilmente, a ricadere sulle aziende produttrici visto che le arance di scarto sono considerate rifiuti speciali".
Ma a pesare per le aziende agrumicole non sono solo il caro energia e i maggiori costi delle materie prime: "Gli operatori si trovano in gravissime difficoltà a causa di costi colturali quasi raddoppiati a causa degli aumenti dell'acqua, dell'energia, dei concimi, dei fertilizzanti, e anche per l'aumento del costo della manodopera che ad oggi si attesta dagli 80 ai 100 euro al giorno per lavoratore".
Elemento dirimente è l'incertezza: il non poter prevedere quale sarà il prezzo dell'energia il anche a breve termine. E con consumi di agrumi previsti in continua diminuzione in Italia e in Europa, le aziende del settore si chiedono se vale la pena e a quali condizioni avviare una campagna agrumi che, al momento, non offre realistiche prospettive di reddito.
Manganaro sottolinea: "Non sappiamo quanto ci costerà tenere attivi gli impianti e le celle frigorifere, di conseguenza il rischio che gli agrumi restino sugli alberi è altamente concreto, con tutte le conseguenze del caso sul piano sociale e dell'occupazione".
"La Sicilia - aggiunge Manganaro -, oltre ai fattori congiunturali di crisi, soffre dei purtroppo noti gap strutturali tra i quali, per esempio, il maggior costo del trasporto, ma anche e soprattutto il costo del lavoro e dei contributi previdenziali, di molto superiori a quelli sostenuti dai nostri competitor europei".
Nel territorio siciliano si concentra il 57% delle produzioni nazionali di agrumi, circa 70mila ettari nella sola Sicilia Orientale. Nel comparto lavorano circa 18mila addetti tra fissi e stagionali per un giro d'affari di circa 1 miliardo di euro all'anno.
Nel 2021 l'export nazionale di agrumi ha superato i 234 milioni di euro . IL valore dell'export siciliano è di oltre 68 milioni di euro per le arance, 2,5 milioni per i mandarini e 2,6 milioni per le clementine, e quasi 59 milioni per i limoni.
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