E, a partire dal 3 agosto, abbiamo vissuto a credito, usando cioè risorse che non sono mai più state rimpiazzate.
Buona parte delle stesse sono servite per produrre cibo, anche se poi un terzo di quegli alimenti è stato gettato o sprecato generando circa l'8% delle emissioni globali di gas serra.
Così tante emissioni di gas serra che, se lo spreco alimentare fosse un paese, vedrebbe solo Cina e Stati Uniti fare peggio.
Lo spreco, però, è anche sinonimo di "sovrasfruttamento del territorio", inteso come terra che viene usata per coltivare cibo che alla fine nessuno mangia. Ridurlo potrebbe far risparmiare fino a 1,4 miliardi di ettari di terreno (ossia il 30% della superficie agricola disponibile). Ma questo fenomeno implica anche un danno sociale, che si ripercuote su alcune della grandi sfide che l'Agenda 2030 dell'Onu ci invita a vincere: dalla fame nel mondo alla produzione di reddito, fino alla crescita economica dei paesi.
Insomma, se vogliamo raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile non possiamo non tener conto del modo in cui consumiamo e produciamo il cibo.
E' questa, in sintesi, la posizione della Fondazione Barilla center for food & nutrition (Bcfn), presentata in occasione della Giornata mondiale della terra in programma il 22 aprile.
L'Earth day, nato per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della terra, è la più grande manifestazione ambientale del pianeta che coinvolge ogni anno fino a un miliardo di persone in ben 192 paesi del mondo.
"Produzione del cibo, sovrasfruttamento delle risorse della terra e spreco alimentare sono elementi che ci separano dal raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile - spiega Ludovica Principato, ricercatrice della fondazione e dell'Università Roma Tre -. Se vogliamo puntare alla 'fame zero' non possiamo trascurare che l'impatto dello spreco alimentare, nei paesi sviluppati, vale 222 milioni di tonnellate di cibo, quasi quanto la produzione alimentare disponibile dell'Africa sub-sahariana (230 milioni di tonnellate). Insomma, se vogliamo migliorare e preservare il pianeta in cui viviamo dobbiamo partire anche dal nostro rapporto col cibo, dal modo in cui lo produciamo e da quello che mangiamo".
Sprechi a livello domestico e industriale
Secondo la Fao, nel mondo, il 45% di frutta e verdura viene sprecato.Lo spreco avviene sia a livello industriale, a causa di fattori climatici e ambientali non favorevoli e di surplus produttivi; sia a livello domestico, perché compriamo troppo o non conserviamo bene i cibi. In Europa circa il 42% di quello che compriamo finisce nella spazzatura perché andato a male o scaduto prima di essere consumato.
Eppure esistono paesi che si stanno distinguendo per la lotta alla cattiva gestione del cibo.
Secondo il Food sustainability index, Francia, Germania e Spagna rappresentano le realtà che più di tutte hanno compiuto dei passi concreti nella riduzione di questo fenomeno. Di contro, Indonesia, Libano ed Emirati Arabi sono i paesi che devono compiere i passi più importanti per superare questo problema.
L'Italia si distingue per i passi compiuti nella lotta allo spreco: confrontando l'Index 2016 con quello 2017, alla voce "Cibo sprecato (% della produzione alimentare totale del paese)"– riferito alla filiera alimentare e non al consumo domestico - si è passati dal 3,58% del cibo gettato rispetto a quello prodotto, al 2,3% del 2017. Il merito è delle politiche messe in campo, come avvenuto con la Legge Gadda che ha semplificato le procedure per le donazioni degli alimenti invenduti e puntato al recupero di cibo da donare alle persone più povere.
Gli sforzi maggiori andranno focalizzati, invece, sullo spreco domestico. Ogni anno gli italiani gettano in media 145 kg di cibo pro capite, più di quanto potrebbe consumare mediamente in un anno una famiglia di tre persone, mentre la frutta e gli ortaggi che gettiamo via nei punti vendita comporta lo spreco di più di 73 milioni di metri cubi d'acqua (usata per produrli), ovvero 36,5 miliardi di bottiglie da due litri.
Food Sustainability media award, il premio per raccontare i paradossi del cibo
Ancora una volta il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile passa anche dalle nostre scelte alimentari.Ecco perché il Barilla center for food & nutrition ha lanciato, in collaborazione con la Fondazione Thomson Reuters, il Food sustainability media award, l'iniziativa che premia giornalisti, blogger, freelance e talenti emergenti che hanno saputo dare visibilità ai paradossi del sistema alimentare, proponendo soluzioni concrete per rendere più sostenibili le nostre scelte in fatto di cibo.
© AgroNotizie - riproduzione riservata