Il 22 settembre 2017 il Comitato fitosanitario permanente, in seno alla Commissione Ue, ha rinviato per la terza volta la modifica della decisione di esecuzione 2015/789 Ue che contiene le norme volte a contenere l’espandersi dell’infezione da Xylella fastidiosa.

Ma un primo risultato c’è: ed è l’accordo per concedere alle aree infette la possibilità di tornare ad impiantare olivi, a condizione di utilizzare cultivar resistenti.

AgroNotizie ha sentito - sull’avvicinarsi di questa svolta nella lotta al batterio killer degli olivi - Giovanni Martelli, professore di Patologia vegetale nell'Università di Bari.

Sembra che per poter tornare a reimpiantare olivi in area infetta sia solo questione di tempo, ancora un mese e la decisione 2015/789 Ue dovrebbe essere modificata in tal senso, consentendo l’utilizzo di cultivar resistenti all’infezione. Vorrebbe darci il senso dell’accordo trovato in seno al Comitato fitosanitario?
"Il Comitato fitosanitario ha raggiunto un accordo. Posto che l’ideale resta non avere Xylella fastidiosa, e che quindi occorre mantenere il cordone sanitario intorno all’area infetta, la strada non può essere quella dell’eradicazione totale, ma dell’adattamento, quindi della convivenza con il batterio.
Al momento non si dispone ancora di piante immuni all'infezione, anche se ci sono prime evidenze, da confermare, per alcune piante originate da incroci spontanei, la cui resistenza potrà essere, in prospettiva, trasferita a cultivar commerciali attraverso un processo di miglioramento genetico tradizionale, che richiederebbe comunque non meno di 8-10 anni
".

In sintesi, Xylella rinchiusa nelle aree focolaio che diventano laboratori per la convivenza, il problema è dunque avviato a soluzione?
"Direi che quando avremo la modifica della decisione europea si sarà fatto sicuramente un passo importante, ma ovviamente si tratterà di affrontare un percorso non privo di difficoltà per implementare questa che, sia chiaro, è una possibilità e non un obbligo. Penso alle forti resistenze degli olivicoltori locali, ad esempio, a rinunciare a cultivar come l’Ogliarola e la Cellina".

Oggi abbiamo a disposizione delle cultivar resistenti come la F 17 (Favolosa), la Leccino e Frantoio, che consentono, anche se le piante si ammalano, di non avere segni evidenti di deperimento e quindi continuare la produzione, perché continuare a resistere?
"E’ sostanzialmente una questione affettiva. Ci sono già alternative che quanto a resa delle olive in olio non comportano differenze di rilievo con le cultivar in uso nel Salento. Occorrerà fare molta informazione e ci vorrà molta pazienza".

Poniamo che a questo punto sia vinta ogni resistenza, per risanare il Salento quanto tempo ci vorrà?
"Guardi, sono stime quasi impossibili da fare, perché comunque i nuovi oliveti impiegherebbero del tempo per andare in produzione e non verrebbero piantati tutti simultaneamente".

E per ottenere cultivar che non si ammalano?
"Per ottenere nuove varietà, magari del tutto resistenti all’infezione, potremmo impiegare, come ho già detto, tra gli 8 e i 10 anni".