La crisi che in queste ore si sta consumando tra produttori di pomodoro da industria e industriali conservieri nel bacino del Centro-Sud Italia è di quelle che sembrano lasciare il segno. I produttori di pomodoro sono infatti sul piede di guerra a causa del contratto che regola la commercializzazione della materia prima e sul quale non manca l'accordo. Sono molto distanti le parti: da un lato i produttori, dall'altro l'industria con una forbice di 0,018 euro per chilogrammo sul pomodoro lungo tra domanda ed offerta.
"Un abisso che se non verrà colmato scatenerà una deregulation nel comparto, con tutti i rischi connessi" ha denunciato la Cia-agricoltori italiani durante il Macfrut di Rimini.

"Si sta profilando una situazione esplosiva sui campi, e nelle prossime ore formalizziamo la richiesta al ministero per le Politiche agricole per convocare le parti e facilitare l'intesa sul prezzo" osserva Alessandro Mastrocinque, vicepresidente nazionale della Cia e presidente della Cia Campania, sentito da AgroNotizie.

"Gli agricoltori si sono indebitati per impiantare le coltivazioni, il che significa che senza la chiusura del contratto nessuno è in grado di garantire la copertura perlomeno dei costi di produzione - aggiunge Mastrocinque, che sottolinea - siamo di fronte a uno scenario intollerabile, tanto più in Campania che ha il comparto più importante d'Italia e d'Europa".

A circa due mesi dall'avvio della raccolta del pomodoro, con le piante già a dimora, tutte le aziende del Centro-Sud del paese non hanno alcun riferimento e si teme il caos nel comparto. Lontanissimi tra loro i prezzi offerti: Anicav aveva proposto euro 0,087 al chilogrammo per il pomodoro lungo ed euro 0,082 per il tondo.
Mentre si attestavano invece a euro 0,105 per il lungo e euro 0,095 per il tondo, i prezzi contenuti nella controproposta della parte agricola, composta dalle Op Assodaunia, Aoa, Apopa, Almaseges, Concoosa, Aom, Apom, La Palma, Apo Foggia, Conapo, Apoc Salerno, Fimagri, Terra Orti.

"Lo strumento del contratto - evidenzia la Cia in una nota - è l'elemento di garanzia che va anche oltre gli aspetti commerciali, infatti le regole sono propedeutiche anche per tracciare la qualità del prodotto e quindi di quel pomodoro che finirà nelle scatole destinate alla vendita per i consumatori".

La Campania costituisce il maggiore bacino di produzione di pomodoro trasformato, con oltre il 50% delle aziende industriali nazionali concentrate prevalentemente nelle province di Napoli e Salerno, dove sono presenti i principali gruppi del comparto a livello nazionale e comunitario. Il fatturato del settore nella regione vede 1,5 miliardi di euro su un fatturato nazionale di 3 miliardi, ed è da sempre leader nei derivati del pomodoro, primo fra tutti il pomodoro pelato.

Il comparto impiega circa 3mila lavoratori fissi e in un arco temporale molto limitato (60 giorni) circa 12mila lavoratori stagionali ogni anno, cui va aggiunta la manodopera impegnata nell'indotto (officine meccaniche, imballaggi, distribuzione e logistica, case sementiere, vivai). Per il pomodoro da industria sul versante agricolo dati Istat 2016 in Campania ci sono oltre 4mila ettari seminati e una produzione di oltre 2,5 milioni di tonnellate.