Nel suo intervento di presentazione, il presidente del Cso Italy Paolo Bruni ha preso in esame il contesto produttivo e di mercato evidenziando i flussi di importazione e le potenzialità di sbocco per l’Italia. Attualmente l’India è la decima economia al mondo per Pil nominale, ma ha raggiunto il terzo posto, dopo la Cina e gli Usa, in termini di potere di acquisto (insieme a Brasile, Russia, Cina e Sudafrica rappresenta una delle maggiori economie emergenti).
Con oltre 1,2 miliardi di persone è il secondo Paese più popolato al mondo (ancora elevato il tasso di crescita e nel 2030, secondo alcune stime, potrebbe diventare il primo). Rappresenta, inoltre, il settimo Paese al mondo per estensione geografica (comprende una vasta gamma di condizioni meteorologiche e climatiche).
A livello di import l’India presenta un trend in costante crescita per numerosi prodotti ortofrutticoli tra cui le mele, importate da Cina (circa 40%), Usa (salite oltre il 30%), Cile (in flessione attorno al 10%), Nuova Zelanda (in ascesa oltre il 10%). L’Italia è in crescita con volumi che nel 2015 sono saliti oltre le 10mila tonnellate.
Per quanto riguarda il kiwi l’Italia è il primo fornitore dell’India, insieme alla Nuova Zelanda e anche sulle pere c’è un discreto flusso di importazione dall’Italia, ma il principale fornitore resta il Sudafrica.
L’India è un Paese dalle grandi potenzialità perché può importare numerosi prodotti ortofrutticoli italiani come mele, arance, pere, kiwi, uva e susine ed è un’economia in forte crescita.
“L’incremento delle esportazioni italiane in India - dichiara Paolo Bruni- può dare vantaggi a doppio senso: l’India avrebbe produzioni diversificate e di qualità e Italia avrebbe la possibilità di incrementare i propri scambi commerciali”.
“Per quanto riguarda le condizioni fitosanitarie che regolano l’import di alcuni prodotti ortofrutticoli - prosegue Bruni - sarebbe auspicabile un’applicazione omogenea delle condizioni, in tutti gli Stati dell’India abilitando i diversi porti di entrata”.
“Occorre tuttavia sottolineare - conclude Bruni - che per avviare un flusso di esportazione consistente servirebbero maggiori infrastrutture ed un sistema logistico efficiente in modo da garantire un elevato livello qualitativo delle produzioni in entrata”.