I nuovi dispositivi sono stati progettati da un gruppo di ricercatori del dipartimento di Scienza dei materiali dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Imperial College di Londra con il coordinamento di Luca Beverina, professore associato di Chimica organica in Bicocca; lo studio è stato pubblicato sulla rivista Advanced Optical Materials.
Il funzionamento delle etichette si basa su una reazione chimica, appositamente ottimizzata dai ricercatori, in modo da attivare un pigmento organico posto su una pellicola di silice porosa che si applica sulla confezione del prodotto. Il pigmento viene “programmato” in modo che al tempo zero l'etichetta è incolore.
Se durante il tragitto la temperatura di conservazione rimane nell’ordine di +4 °C l'etichetta rimane incolore, se invece l’alimento è esposto a una temperatura superiore, fino a +9 °C per non più di 30 minuti, l’etichetta assume rapidamente un colore blu chiaro. Se, infine, l’alimento rimane per 3 ore a temperatura ambiente l’etichetta diventa blu scuro. La colorazione è sempre irreversibile in modo da permettere a consumatori e distributori di sapere qual è stata la storia della temperatura del cibo durante tutta la filiera di distribuzione fino al banco vendita.
"Le etichette che abbiamo sviluppato – spiega Luca Beverina – sono dispositivi semplici, economici e affidabili in grado di registrare tutta la storia termica di un pacchetto in modo facile e leggibile a occhio nudo. È una soluzione che aiuta produttori e distributori a evitare che alimenti freschi e deteriorati finiscano nello stesso frigorifero".
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