Lo ha affermato ieri a Roma alla Camera dei deputati, Pietro Sandali direttore generale di Unaprol nel corso della presentazione di Enoliexpo Adriatica, fiera delle tecnologie, prodotti e servizi per la produzione di olio e vino che il prossimo 30 gennaio ospiterà a Fermo un evento congiunto di Coldiretti Marche e Unaprol su: “Un’olivicoltura competitiva, tra ricerca e innovazione”.
Le principali attività messe in atto nel campo della ricerca – ha affermato Sandali - hanno riguardato: il rinnovo dei sistemi produttivi; la razionalizzazione della tecnica colturale, in grado di ridurre i costi di produzione; la riduzione dell’impatto ambientale anche legata alla valorizzazione dei sottoprodotti; il miglioramento della qualità degli oli; la valorizzazione di prodotti secondari, in modo che possano diventare risorsa per incrementare il valore aggiunto dell’intero processo produttivo. “Anche se – ha poi aggiunto Sandali – il principale innovatore del settore resta il “mercato”, che l’intera filiera subisce perché ancora troppo frammentata”.
L’olivicoltura italiana è ancora costituita per la gran parte da oliveti di tipo tradizionale caratterizzati da alti costi di produzione, scarsa produttività, marcata alternanza di produzione, difficile adattabilità alla meccanizzazione. Questi oliveti, in moltissimi casi, vengono mantenuti e andranno salvaguardati in futuro non solo per motivi di conservazione del patrimonio varietale e dei caratteri di tipicità locali, ma anche per motivi culturali e paesaggistici e di governo del territorio, soprattutto collinare tenuto conto che oltre il 60% degli oliveti italiani insiste su territori con una pendenza superiore al 15-20%. Le altre esigenze di questo settore riguardano: certificazione genetica e sanitaria delle piante, per evitare in futuro altri casi tipo xylella fastidiosa; valorizzazione della funzione ambientale degli oliveti con funzione paesaggistica (azione di sequestro di Co2); sistemi di tracciabilità innovativi anche con l’ausilio della genetica.
L’oliveto Italia in cifre
L’Italia, secondo l’osservatorio economico di Unaprol, detiene una quota pari al 20% della produzione comunitaria. L’olivicoltura italiana vale 2miliardi di euro alla pianta; si estende su una superficie di circa un milione di ettari e 900.000 aziende olivicole che sviluppano circa 50 milioni di giornate di lavoro di assunzione di manodopera agricola all’anno.
I consumi a livello mondiale mostrano stabilità (circa 3 milioni di tonnellate). Gli italiani consumano mediamente 11/12 litri di olio a testa in un anno. Le aree di consumo più importanti sono l’Europa con il 57% e gli Stati Uniti d’America con il 10% del totale. In Italia operano, secondo i dati Agea circa 3760 frantoi attivi. I principali mercati di sbocco sono rappresentati da Usa e Germania; ottima anche la posizione del Giappone. Per le Dop l’Italia con 43 denominazioni (42 Dop e 1 Igp), detiene il 38% delle designazioni di origine dei marchi europei. Per le produzioni biologiche, il 14% delle superfici bio, pari a 164.488 ha sono olivicole concentrate in Puglia (33%), Calabria (30%) e Sicilia (11%).
Nelle Marche l’analisi dei dati di vendita nella Gdo (Iper + Super), relativi all’anno terminante a settembre 2014, indica che sono stati venduti circa 4,5 milioni di litri di extra vergine, per un corrispondente valore di 17 milioni di euro. Il prezzo medio si è aggirato intorno ai 3,8 euro/litro ed il 74% dell’olio extra vergine è stato venduto in promozione. Gli oli bio e a denominazione faticano ancora a trovare un segmento più ampio, all’interno del mercato dell’olio, collocandosi su livelli più alti di prezzo medio. Il 100% italiano mostra un prezzo medio di quasi 5 euro/litro, con circa 445mila litri venduti, per un corrispondente valore di 2 milioni di euro.
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