L'olivicoltura nel suo complesso, e quella mediterranea in particolare, vede la coesistenza di forti elementi tradizionali con altri innovativi, che sembrano avere il dinamismo necessario per un effettivo consolidamento dei margini di redditività.

Aumentare il numero di piante per ettaro e la loro produttività media, diminuire il periodo improduttivo dell'oliveto, incrementare il tasso di meccanizzazione delle operazioni di potatura e raccolta, sembrano obiettivi difficili da raggiungere con gli attuali standard varietali. Il ricorso a nuove varietà sembra poter risolvere almeno in parte i problemi di adattamento al nuovo modello di olivicoltura superintensiva, ma pone un interrogativo su cosa ne sarà delle peculiarità qualitative delle nostre produzioni olearie, tanto apprezzate sui mercati internazionali.

La giornata di studio che si è svolta venerdì 12 novembre 2010 a Sassari, organizzata dai Georgofili in collaborazione con il Dipartimento di economia e sistemi arborei della Facoltà di Agraria, ha messo a confronto opinioni e competenze assai variegate per fornire ai tecnici e agli imprenditori agricoli gli elementi di valutazione fondamentali per associare le nuove tecnologie a nuove varietà e per stimare quali siano i margini di convenienza economica delle azioni sperimentate, anche in una olivicoltura fortemente tradizionale come quella della Sardegna.