“Una filiera – come spiega Francesco Giani, direttore commerciale della cooperativa – abbandonata ormai quasi trent’anni fa a scapito invece nel frattempo del massiccio sviluppo della coltivazione del pomodoro da industria che in questa zona ha preso piede andando praticamente a opprimere la produzione di patate praticamente scomparsa. Riteniamo ciò possibile grazie allo sviluppo di efficaci politiche di marketing ed alla creazione di una vera e propria filiera 2.0 di moderna concezione che punti alla valorizzazione della patata legata al marchio registrato Maremma che…® di proprietà della Mcm Srl. L’obiettivo è quello di commercializzare da qui a cinque anni 10mila tonnellate di patate”.
“Abbiamo registrato il marchio nel 2014 – sottolinea Giani – stiamo lavorando per consolidarci sempre di più, sia in termini di visibilità che in termini superfici. La strada del nostro lavoro non è poi così difficile da percorrere; questo perché i margini di crescita sono davvero ampi rispetto alle posizioni di partenza”.
Anche a livello tecnico e agronomico la cooperativa agricola Semia si presenta come una realtà innovativa.
"Abbiamo fatto dei test, disponiamo di semi selezionati accuratamente. Vogliamo garantire la miglior salubrità possibile per il prodotto ai consumatori. Mettendo in dispensa uno dei prodotti a marchio Maremma che…® il consumatore sa ciò che mangia perché sa da dove proviene decidendo di affidarsi per la garanzia di qualità e di genuinità dai valori che contraddistinguono la vecchia cultura contadina maremmana. Riteniamo di aver intercettato la nuova tendenza, sviluppando in base a essa l’attività senza l’affannosa e sfrenata caccia alla distintività, offerta da concetti secondo noi superati. Puntiamo alla semplicità dell’accesso alle informazioni e a una crescente presa di coscienza da parte del consumatore medio, che ha la possibilità di porsi in maniera sempre più attenta ed edotta nei confronti della cultura di ciò che mangia”.
E sulla volatilità dei mercati e dei prezzi conferiti ai produttori, Giani non è preoccupato. “Non subiamo questo tipo di flessioni perché consigliamo alla Grande Distribuzione il prezzo di uscita al pubblico grazie al fatto che ci collochiamo nel segmento delle patate a marchio. E’ fondamentale garantire marginalità e redditività agli imprenditori agricoli che vogliono investire sul rilancio del settore primario nelle produzioni di massa”.