Il 3 dicembre, a Milano, è stato fatto il punto sul comparto ortofrutticolo durante la presentazione del XVI rapporto "Frutta e Verdura" di Mark Up - Italiafruit News.
L'annuale Monitor di Agroter ha portato numerosi spunti di riflessione animando una tavola rotonda incentrata sul come vendere e valorizzare più e meglio il comparto. Sono state intervistate 2000 famiglie italiane di ogni parte d'Italia e 2500 straniere (da Austria, Spagna, Germania, Regno Unito e Francia), ricavandone un quadro utile a orientare le scelte di tutti coloro che sono coinvolti nella filiera ortofrutticola.
I dati
Nonostante da parte dei media si insista molto sul messaggio che frutta e verdura fanno bene alla salute solo il 9% delle famiglie l'acquista giornalmente; il 63% degli italiani fanno acquisti in media 3-4 volte a settimana, scegliendo prevalentemente la grande distribuzione come canale di approvvigionamento.
Tale scelta però non è data dalla fiducia nei supermercati ma dalla comodità degli stessi e dal fatto che, con un solo viaggio, è possibile acquistare tutto il necessario. L'88% di chi acquista presso la Gdo non si dice soddisfatto, o meglio, trova qualche motivo di insoddisfazione: da sottolineare che per il 46% l'insoddisfazione deriva dalla mancata qualità e per il 28% dalla poca costanza della stessa nel tempo.
C'è poi ancora un problema di fiducia, relativa a tutti gli acquisti di frutta e verdura, anche di quelli effettuati dal fruttivendolo sotto casa (23% delle famiglie) o al mercato (28%). Solo un 6% degli intervistati dice di non fidarsi “per niente” dei prodotti italiani, ma un 62% usa la parola “abbastanza”, insinuando un dubbio e tale dubbio deriva soprattutto dal timore dell'uso di agrofarmaci, ma soprattutto dalla possibilità, messa in conto, che le terre sulle quali vengono coltivati i prodotti non siano salubri (citato il caso della Terra dei Fuochi).
Contrariamente agli italiani, gli stranieri si fidano moltissimo di ciò che arriva dal Belpaese anche se il settore non è percepito come rappresentante del made in Italy. Se ci si concentra sull'agroalimentare infatti al vertice ci sono: pizza e pasta.
Le riflessioni
La discussione seguita alla presentazione dei risultati, alla quale hanno partecipato, fra gli altri, Alessandro Dalpiaz, direttore di Assomela, Angelo Benedetti, presidente Unitec, Marco Pedroni, presidente del consiglio di gestione Coop Italia e Mario Gasbarrino, Ad Unes, ha analizzato il da farsi.
Oltre a comunicare meglio tutto il valore contenuto in un frutto o in una verdura coltivata in Italia, “Serve valorizzare, più consapevolezza – ha detto Roberto Della Casa, managing director di Agroter – bisogna passare dal made in Italy all'Italian way of life, dalla promozione fine a sé stessa alla capacità di proporci”, bisogna riuscire ad organizzare meglio la filiera e ad aumentare la fiducia del consumatore, che spesso teme di incappare in una fregatura comprando frutta e verdura.
Per aumentare la qualità e la sua durata nel tempo, la tecnologia può venire in soccorso. Per rendere più attraente un prodotto è necessario puntare sul packaging: “Riconoscibilità e presentazione accattivante sono fondamentali per fare leva sull'emozione”, ha sottolineato Fabio Zoboli, direttore commerciale Infia.
E se sono molti coloro che non sono pienamente soddisfatti della qualità riscontrata in frutta e verdura acquistate al supermercato, anche in questo senso bisogna lavorare. Per quanto riguarda la possibilità di coinvolgere maggiormente i produttori, responsabilizzandoli, Pedroni ha detto: “Su un'idea di accordi impegnativi di filiera stiamo lavorando da anni, ma le difficoltà sono molte perché gli accordi presuppongono una stabilità del rapporto e un impegno sui prezzi”.
Poi ha aggiunto: “Il grande tema è poi quello dell'efficienza logistica, dell'organizzazione. Bisogna incidere su quel 40% di area intermedia di costi che è rappresentata da trasporto, magazzini e logistica”.