Dall'alluvione che ha pesantemente ferito l'Emilia Romagna in maggio dal Ravennate fino a Bologna inizia ad emergere una prima stima dei danni e la fonte è autorevole: l'Assessorato Agricoltura della Regione Emilia Romagna parla apertamente di possibili danni per 1,5 miliardi di euro solo di mancata Produzione Lorda Vendibile.

 

E restano pertanto fuori da questo conto - già di per sé esorbitante - i danni permanenti alle coltivazioni arboree, quelli alle strutture ed infrastrutture agricole e senza tenere conto ancora dei danni subìti dall'industria agroalimentare: un disastro di dimensioni devastanti, che ha allagato una superficie coltivabile più che quadrupla rispetto a quella inondata nel novembre 1951 nel Polesine dal Po, e che pure ebbe pesanti e perduranti effetti sull'economia agricola e l'andamento demografico della provincia di Rovigo.

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E appare subito chiaro che i fondi stanziati dal Governo - pur nella prima emergenza - sono pochissimi ed insufficienti: 100 milioni di euro da ripartire più il Fondo Catastrofale AgriCat, che se anche venisse impiegato integralmente per quanto stanziato sull'annata 2023, non potrebbe dare più di 450 milioni di euro. Non solo: i 2 miliardi stanziati per tutto il disastro, verrebbero teoricamente assorbiti per il 75% dalla sola compensazione della Plv agricola andata persa.

 

Regione Emilia Romagna parla senza mezzi termini di "Un disastro per l'intera regione, un vero dramma per l'agricoltura, in un territorio a fortissima vocazione agroalimentare, seconda voce di export regionale dopo la meccanica: una ricchezza che rischia di essere in parte compromessa da questa catastrofe".

 

I primi dati sui danni

Il perché di questa allarmante diagnosi è tutta nei numeri forniti dall'Assessorato Agricoltura della Regione Emilia Romagna: "il 42% della Superficie Agricola Utilizzata è stato colpito dagli eventi alluvionali. Una prima ricognizione della situazione presenta un quadro fortemente preoccupante per quanto riguarda il tessuto socio economico legato all'agricoltura e all'agroalimentare dell'Emilia Romagna".

 

Va detto che la Sau in Emila Romagna, secondo l'ultimo censimento Istat del 2020, è pari ad un milione e 45mila ettari, pertanto, secondo la stima dell'Ente territoriale emiliano romagnolo gli allagamenti hanno colpito qualcosa come 438mila e 900 ettari, oltre il doppio dei 200mila ettari ipotizzati nei primi giorni del disastro. Per avere un'idea del danno prodotto basti pensare che nell'alluvione del Polesine furono circa 100mila gli ettari di campagna allagati.

 

E ancora. "Le aziende agricole presenti sul territorio coinvolto sono quasi 21mila, il 49% dell'intera regione, oltre il 29% è presente nei comuni con allagamenti e il 19% in quelli con frane".

 

"Gli addetti in agricoltura, caccia e pesca - continua la nota della Regione Emilia Romagna - che operano in comuni colpiti da almeno un evento sono oltre 41mila e rappresentano il 55% degli addetti del settore nell'intera regione". Tali forze di lavoro "Sono prevalentemente occupati in coltivazioni agricole e produzioni animali, attivi in zone interessate da allagamenti".

 

E si paventano pesanti danni anche per l'agroindustria: "le unità locali delle aziende alimentari e delle bevande presenti nelle aree coinvolte sono oltre 2.800 e sfiorano il 40% del totale regionale, con prevalenza nei comuni con allagamenti, ma con una significativa presenza anche in quelli interessati da frane". E gli addetti che operano in tali aziende "sono più di 23mila, quasi il 39% del totale regionale del comparto".

 

Una prima stima della diminuzione della sola Plv della fase agricola che "presenta le situazioni più critiche nelle province di Ravenna, Forlì Cesena, Rimini e Bologna", rappresenta un valore che "potrebbe andare - secondo Regione Emilia Romagna - oltre 1,5 miliardi di euro".

 

A questa perdita dell'anno vanno aggiunte le perdite di produttività futura per moria delle piante e animali, ma anche di superficie agricola per le frane e danni ai mezzi, attrezzature scorte e strutture, più i danni di tutta l'agroindustria.

 

Richieste al Governo

"Si tratta di uno scenario drammatico - commenta l'assessore all'Agricoltura della Regione Emilia Romagna, Alessio Mammi -: chiediamo risorse adeguate per risarcire le imprese agricole e agroalimentari per i danni produttivi, e contributi a fondo perduto per ricostruire le strutture, i mezzi, gli impianti frutticoli in campo, con un'intensità di aiuto che possa arrivare al 100% attraverso procedure rapide e snelle che diano velocemente liquidità alle imprese".

 

"Bisogna inoltre prevedere un adeguamento del quadro degli adempimenti amministrativi  - aggiunge l'assessore Mammi - per consentire deroghe e proroghe aderenti all'emergenza, anche verso gli obblighi sulla Politica Agricola Comune che abbiamo con Bruxelles".

 

"Inoltre - continua Mammi - condividiamo la richiesta delle parti sociali di attivazione degli ammortizzatori sociali per lavoratori agricoli e l'azzeramento dei contributi per l'anno in corso, la richiesta di deroghe fiscali per redditi e versamenti Iva, la sospensione delle rate dei mutui in scadenza e la sospensione dei contenziosi".

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Principali emergenze

Le principali emergenze individuate fin da subito dalla Regione Emilia Romagna sono i terreni completamente sradicati e franati, i siti alluvionati, l'asfissia che l'alluvione ha determinato nei vigneti e nei frutteti, gli allevamenti allagati, i danneggiamenti irreversibili alle infrastrutture viarie vicinali e poderali, le rotture degli impianti di irrigazione, i danni idrogeologici e spondali.

 

"Una situazione in continuo cambiamento, che rende molto complicata la ricostruzione del quadro post emergenza: preoccupa in modo particolare la mutata morfologia del suolo, completamente stravolta dalle frane" conclude la nota.

 

Una nota a margine

Le possibili conseguenze economiche e sociali dell'alluvione della Romagna assomigliano molto a quelle di un altro evento di diversa natura, che colpì nel 1980 un territorio dell'Italia per altro molto differente, le vaste aree montuose e collinari della Campania interna e della Basilicata: quello che passò alla storia come il terremoto dell'Irpinia.

 

Anche in quel caso, infatti, gli sconvolgimenti che ne derivarono, ben lungi dal colpire solo i centri urbani, pesarono non poco sulla fragile economia agricola di quelle aree. E importante e duraturo fu l'intervento dello Stato, anche mediante lo strumento dell'intervento straordinario: la Cassa per il Mezzogiorno oltre agli ingenti fondi stanziati con la Legge 219/1981 per le zone terremotate.

 

La pur ben più forte e coesa struttura produttiva e sociale della Romagna di oggi non è meno meritevole di aiuto rispetto all'Irpinia di 43 anni fa: anzi, proprio perché la prima costituisce un elemento trainante dell'economia agricola nazionale, oggi è resa ancor più vulnerabile dall'evento catastrofico che l'ha colpita e ha ancora più bisogno di un aiuto concreto per ripartire e - al contempo - per evitare che venga meno quell'effetto traino che ha esteso, fino ad oggi, i suoi positivi effetti su larga parte del Paese.