Lo si legge in un comunicato stampa congiunto di Distretto agrumi di Sicilia e coordinamento Agrinsieme della Sicilia diramato il 9 marzo 2018.
"La filiera agrumicola siciliana da anni solleva il problema e si batte per la valorizzazione delle produzioni agrumicole trasformate sostenendo l'importanza di immettere sul mercato un prodotto con la più alta percentuale di agrumi possibile" si legge nella nota.
"Per questo, già nel 2014, in sede di audizione in Commissione agricoltura del Senato, tutte le categorie agricole siciliane avevano espresso parere favorevole sull'aumento sino al 20% della percentuale di succo nelle aranciate e sono anni che, anche attraverso tavoli tecnici in assessorato regionale Agricoltura, si chiedono interventi sia a livello regionale sia nazionale" vi si aggiunte
La filiera agrumicola siciliana, pur accogliendo con "soddisfazione" la decisione di aumentare la percentuale di succo nelle bibite dal 12 al 20%, esprime tutto il suo scetticismo sull'utilità della misura. "Se non si assicura la tracciabilità del prodotto con una normativa ben chiara - da anni chiesta al Mipaaf e ancora incredibilmente assente al contrario di quanto avviene per altre filiere - si sottolinea nella nota - è praticamente impossibile garantire l'impiego di succo proveniente dalle produzioni italiane e siciliane e sta solo alla sensibilità etica delle aziende produttrici di bibite decidere se utilizzare succo italiano o approvvigionarsi all'estero.
La normativa, infatti, è entrata in vigore solo in Italia e tale provvedimento non può considerarsi assolutamente risolutivo".
Coordinamento Agrinsieme e Distretto agrumi di Sicilia, regione dove si produce il 58% degli agrumi italiani, avvisano: "Senza ulteriori interventi, dunque, la normativa entrata in vigore appare come una vittoria di Pirro sulla quale alcuni fanno solo un'operazione di marketing dimenticando di chiarire al consumatore e alla filiera agrumicola che il percorso è monco e pertanto c'è poco di cui vantarsi. Un'operazione che la filiera agrumicola siciliana non può permettersi”.
“L'aumento della percentuale minima di succo nelle aranciate prodotte e vendute in Italia, senza però indicare la provenienza delle arance, rischia di diventare una vittoria dei furbi. Una novità che in realtà va a scapito dei produttori agrumicoli italiani e siciliani in particolare, che da anni si battono non solo per il sacrosanto innalzamento della percentuale di succo di vere arance nelle bevande, ma anche perché nell'etichetta ne sia inequivocabilmente indicata la provenienza" afferma il coordinamento di Agrinsieme, costituito da Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari (Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative e Legacoop agroalimentare).
"La vera svolta sarebbe arrivare al 100% di succo di arance italiane nelle bevande - aggiunge il coordinamento di Agrinsieme - e le nostre organizzazioni si batteranno affinché si possa raggiungere presto questo obiettivo".
"Per valorizzare la produzione agrumicola siciliana - afferma Federica Argentati, presidente del Distretto agrumi di Sicilia al quale aderiscono i Consorzi di tutela delle produzioni Dop, Igp e bio oltre che Organizzazioni produttori, aziende singole di produzione, commercio e trasformazione della logistica e dei servizi - è certamente necessario ottenere una normativa chiara sulla tracciabilità, ma anche lavorare per chiudere un accordo di filiera condiviso fra produttori e industriali, dando vita a un monitoraggio serio e preciso della produzione che può essere conferita per la realizzazione di succo, non solo dalle produzioni d'eccellenza (Dop, Igp e bio) ma anche da quelle non certificate comunque prodotte in Sicilia. Solo così potremmo garantire ai trasformatori e dunque ai produttori di bibite i quantitativi necessari di succo italiano e siciliano".