Molto probabilmente, questo trend positivo del settore proseguirà anche nel prossimo futuro in quanto, come ha ricordato Bertoldi, “il biologico può rappresentare una valida opzione e una risposta interessante alle domande poste con forza dall’attuale scenario agricolo, in rapida e profonda evoluzione”. “Un fenomeno, questo, – ha concluso il direttore di Brio – emerso chiaramente anche dal censimento Istat secondo il quale, ad esempio, nel settore ortofrutticolo convenzionale, dal 2000 al 2010 in Italia le aziende sono diminuite di oltre il 50%, passando da 1 milione a 463.000”.
Delle grandi potenzialità del biologico e delle opportunità che questo comparto può offrire ai soci ha parlato anche Cristian Moretti, direttore generale di Agrintesa. Ricordando che la cooperativa faentina insieme alla coop La Primavera, fondatrice di Brio, contano una produzione ortofrutticola di 300.000 tonnellate di cui 23.000 (pari all’8%) ottenute con tecniche di produzione bio, Moretti ha sottolineato che l’obiettivo del Gruppo è aumentare ulteriormente il numero dei soci e i volumi di prodotti biologici conferiti.
“Tutto ciò – ha aggiunto Moretti – per garantire redditività alle aziende agricole e offrire le risposte migliori alle esigenze dei consumatori, nel pieno rispetto delle persone, del territorio e dell’ambiente”. “Per Agrintesa – ha concluso Moretti – il biologico rappresenta una scelta strategica e consapevole tesa a valorizzare e soddisfare l’intera filiera”.
Passando dalla campagna al mercato, le prospettive dei prodotti ortofrutticoli bio sono state presentate da Tommasino Fusato, direttore commerciale Brio, società specializzata in questo settore con una produzione che nel 2015 dovrebbe raggiungere i 270.000 quintali, pari al 90% circa dell’intera gamma merceologica, e un fatturato ortofrutticolo che nei primi nove mesi dell’anno ha fatto registrare un aumento del 13,8% sul 2014. Per quanto riguarda le diverse referenze, Fusato ha ricordato che quelle più importanti per Brio sono gli agrumi, le mele, le pere, i kiwi e il pomodoro.
“Per migliorare ulteriormente il trend – ha dichiarato il direttore commerciale Brio – è necessario che la distribuzione comunichi maggiormente i valori della filiera biologica, come avviene in altri Paesi europei dove, non a caso, la percentuale di ortofrutta bio è nettamente superiore. In Svezia la quota di mercato supera il 12%, in Svizzera e Austria il 10%, in Germania e Danimarca l’8%, in Francia il 5%, mentre in Italia si attesta all’1,2% per un fatturato complessivo stimato in 135 milioni di euro. A livello produttivo invece, bisogna fare i conti con alcuni problemi come la scarsa ricerca specifica per il comparto, che ostacola la crescita delle aziende bio anche alla luce delle limitate risorse previste dall’Unione europea per gli agricoltori che intendono passare all’agricoltura biologica. Da parte nostra comunque – ha concluso Fusato – abbiamo predisposto un piano di sviluppo ambizioso che dovrebbe portarci a raddoppiare la produzione in pochi anni”.
Un obiettivo ambizioso, ma non impossibile se, come ha ricordato Vladimiro Adelmi, brand manager prodotto Coop Vivi Verde e Solidal – il biologico in Italia sta crescendo con un ritmo del 20% all’anno in valore e oggi rappresenta il 2,5% delle vendite alimentari totali, che equivale a circa 2,5 miliardi di euro a cui bisogna aggiungere 1,4 miliardi legati all’export. “Si tratta di dati assolutamente rilevanti – ha evidenziato Adelmi – anche perché ottenuti in un periodo in cui le vendite complessive di prodotti alimentari sono diminuite sensibilmente. A causa della recessione economica, infatti, dal 2008 ad oggi si è registrata una contrazione del 14% in valore, a prezzi costanti”.
“Il forte sviluppo che si sta registrando in Europa, ma anche in altri continenti come l’America, del Nord e del Sud con il Brasile in prima linea, in Asia e anche in alcuni Paesi un tempo chiamati del terzo mondo – ha affermato Lucio Cavazzoni, presidente Alce Nero – dimostra che il biologico non è una moda, ma una realtà ormai più che consolidata, che però non può essere considerata un punto di arrivo ma semmai un punto di partenza”. “Il bio – ha aggiunto Cavazzoni – non è soltanto un metodo di produzione per ottenere quello che potremmo definire il ‘cibo per la salute’, ma una filosofia che può consentirci di cambiare il territorio attraverso una diversa cultura che punta all’equilibrio dell’ecosistema”.
I lavori sono poi proseguiti con alcuni interventi più tecnici su temi come “Ecosostenibilità: le produzioni biologiche come salvaguardia dell’ambiente e della salute di agricoltori e consumatori. Progresso in agronomia e genetica agraria” (Giovanni Dinelli, professore ordinario al dipartimento di Scienze agrarie dell’Università di Bologna); “I mezzi tecnici per la produzione in agricoltura biologica: presente e futuro” (Massimo Benuzzi, Ibma Italia); “Meccanizzazione in agricoltura biologica: realizzazioni consolidate, innovazioni e prospettive future (Andrea Peruzzi, professore ordinario al dipartimento di Scienze agrarie dell’Università di Pisa); “La competitività economica delle produzioni ortofrutticole biologiche” (Maurizio Canavari, professore associato al dipartimento di Scienze agrarie dell’Università di Bologna).
Le conclusioni del convegno sono state affidate al presidente di Brio, Gianni Amidei, il quale ha ricordato come l’aggregazione che ha interessato questa società e le cooperative Agrintesa e La Primavera costituisca una risposta concreta all’esigenza di fare sistema per favorire lo sviluppo dell’ortofrutticoltura biologica in Italia. “A tale proposito – ha detto Amidei – il nostro obiettivo è una crescita del 15% all’anno per raggiungere i 370.000 quintali di ortofrutta fresca bio, di cui il 50% proveniente da soci e il 25% da filiere gestite, e a questo scopo promuoveremo un processo di conversione all’interno della nostra base sociale”.
“Per poter tagliare questo importante traguardo – ha concluso Amidei – è indispensabile il supporto delle istituzioni che devono sostenere il progetto di riconversione dall’agricoltura convenzionale a quella biologica attraverso gli strumenti dell’Ocm e del Psr. Parallelamente, poi, è necessario che il mercato garantisca la giusta remunerazione ai produttori agricoli e che il consumatore riconosca l’importante ruolo svolto dagli agricoltori biologici in difesa dell’ambiente e dell’ecosostenibilità”.
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Fonte: Apo Conerpo