Non che ci sia da esultare e gridare al miracolo, giacché se è vero che il saldo della bilancia commerciale dell’ultimo anno è in attivo per 869 milioni di euro, si registra un calo del 14% rispetto al 2013 legato prevalentemente a un forte aumento delle importazioni solo parzialmente compensate da quello dell’export.
Il settore ortofrutticolo continua dunque a essere uno dei motori del nostro agroalimentare, ma deve continuare a crescere per competere sui mercati esteri. Una crescita che non può non passare attraverso una maggiore aggregazione della produzione, ma anche per un nuovo sistema di supporto politico, amministrativo e logistico in grado di creare quello che Matteo Giuliano Caroli, docente della Luiss, ha definito un "ecosistema favorevole".
Export a due facce
I dati dell’export mostrano una sostanziale differenza da prodotto a prodotto. I migliori risultati sono senza dubbio quelli del kiwi, di cui siamo primi produttori al mondo e di cui esportiamo oltre l’80% in 100 Paesi. Ottimi risultati anche per le mele di cui esportiamo il 40% della produzione. Sempre il 40% è l’export per la produzione di uva, settore che sta scontando una fase di riconversione varietale ancora in atto. Decisamente mene bene va l’export delle pere, che raggiunge appena il 20%, e anche peggio quello delle arance, che non arriva al 10% (con il paradosso di fortissime importazioni nonostante i volumi produttivi interni). Pessime le performance di pesche e nettarine, dove negli ultimi dieci anni abbiamo perso mercato per un totale superiore al milione di tonnellate e siamo finiti dietro la Spagna.
Significativo anche il dato generale che vede un aumento dell’export del 4,4% in termini di quantità a cui corrisponde un -1,2% in termine di valore.
Europa debole e altri problemi
Nella segnalazione dei motivi di queste difficoltà sui mercati esteri è finita sotto la lente la politica dell’Europa, ritenuta debole e incapace di gestire le crisi in maniera unita. L’esempio portato da Salvi è quello dell’embargo russo, in cui “ogni Paese ha tirato l'acqua al proprio mulino”.
“Il recente caso Xylella ha confermato l'estrema fragilità dell'Ue. Sull'embargo si poteva avere un approccio più "corretto" evitando di litigare con il principale "cliente". Le risorse di aiuto, inoltre, non sono state ben distribuite e gestite. L'Europa dovrebbe guardare di più agli Stati membri e meno a quello che ci suggeriscono dall'altra parte dell'Oceano”, ha aggiunto Salvi.
Mancherebbe, dunque, una strategia comune. Ha dichiarato Salvi: "Il frammentato panorama del sistema sanitario e fitosanitario è lì a confermarlo, servono ancora oggi accordi bilaterali, azioni singole: possibile che verso un mercato strategico come la Cina possiamo esportare solo kiwi mentre Belgio e Olanda sono già là con le pere? Assurdo poi che la Francia si permetta di chiudere i confini per la Xylella, con effetto domino nei Paesi del Maghreb anche per zone che con la Puglia non hanno niente a che fare".
Nonostante il riconoscimento unanime dell'alta qualità al prodotto italiano, del favorevole cambio euro/dollaro e della forte crescita dei mercati asiatici, le imprese italiane continuano a sbattere contro il muro della burocrazia, a inciampare in barriere fitosanitarie penalizzanti e a trascinarsi dietro costi di produzione superiori a quello dei competitor.
Tra le altre note dolenti citate da Salvi il peso dell'Irap, l'art. 62 e il reverse charge.
Ne ha avuto per tutti, Salvi. E i suoi messaggi hanno trovato riscontro negli interventi dei diversi rappresentanti istituzionali presenti.
Le parole delle istituzioni
Francesco Boccia, presidente della V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei Deputati, si è detto preoccupato per l'aumento dell'import di frutta fresca e ortaggi, sintomo a suo avviso di un malfunzionamento del sistema attuale, e ha sottolineato l'opportunità di istituire fondi di rotazione per sostenere finanziariamente l'internazionalizzazione delle imprese.
Bruno Caio Faraglia, del Mipaaf, è entrato nel dettaglio delle barriere fitosanitarie, “elemento strategico nel commercio internazionale”, sottolineando come le trattative bilaterali siano al momento l’unica strada percorribile per ottenere risultati in tempi relativamente brevi e come le trattative attualmente in corso abbiano bisogno di “adeguato sostegno anche da parte degli imprenditori".
Un coinvolgimento degli imprenditori è stato richiesto anche da Riccardo Mario Monti, presidente dell'Ice, che ha parlato del piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia per il quale sono stati stanziati 230 milioni.
"Uno dei capisaldi consiste nel rafforzare le grandi fiere nazionali - ha detto Monti - per quelle del settore ortofrutticolo sono raddoppiati i fondi, ma devono essere gli imprenditori a dire qual è la fiera più efficiente".
Secondo Monti, che si è rallegrato per i numerosi accordi bilaterali in corso, ci sarà un’enorme promozione per i prodotti italiani tipici negli Usa e il governo sta già lavorando a sistemi di export-financing volti anche alla creazione di centri distributivi e logistici nei principali paesi target.
Soddisfatto dei risultati del settore anche il viceministro delle Politiche Agricole, Andrea Olivero, che ha indicato nell’innovazione, qualità e tracciabilità delle produzioni e sostenibilità ambientale le strade da seguire.
"Come Governo siamo impegnati sia sul fronte dell'internazionalizzazione sia sul rilancio dei consumi interni – ha detto Olivero - Condivido la proposta di Fruitimprese di un tavolo ministeriale per discutere le problematiche e siamo consapevoli della necessità di operare sulle barriere fitosanitarie. Altro impegno che assicuro, la riduzione del carico burocratico. Quanto ai controlli, il vero problema è il numero di soggetti diversi che li effettua. Stiamo arrivando alla fine del registro unico dei controlli in agricoltura, che è un primo passo".
Olivero ha concluso annunciando iniziative interministeriali per il rilancio dei consumi interni.
Conclude la carrellata di interventi dei rappresentanti istituzionali il parlamentare europeo Giovanni La Via, che ha esordito con un appello: “Utilizzate di più il Parlamento europeo. Voi non vi rendete conto della potenza di fuoco che possiamo esprimere”.
La Via ha poi proseguito ammettendo che sugli aiuti per l'embargo russo si sarebbe potuto fare di più, ma ricordando di contro come si sia riusciti a mantenere invariato il budget comunitario per il settore. Molte delle colpe attribuite all’Europa, ha sostenuto La Via, sono in realtà di competenza nazionale, come la questione Irap e l'Imu agricola.
“Sempre a livello nazionale – ha detto La Via - si può operare meglio, ad esempio rafforzando le Op con l'ingresso di privati. Anche il progetto "Frutta nelle scuole" può essere fatta meglio evitando che parta a fine anno scolastico”.
La Via ha concluso ribadendo che il Ttip non vedrà la luce prima del 2018 e che quindi rimane la necessità di andare avanti con gli accordi commerciali bilaterali, negoziando clausole di salvaguardia efficaci nei rapporti con i Paesi emergenti.