Mancato per un soffio: per il 2026 abbiamo rischiato di avere, per una volta, il Pgra, il Piano di Gestione dei Rischi in Agricoltura, entro novembre 2025. Sarebbe stato un bel colpo. La speranza è ora quella di vederne l'approvazione entro fine 2025, comunque in un tempo ottimo per permettere agli agricoltori di ragionare, con calma, sulla gestione del rischio per la nuova stagione agronomica.
Il Pgra è un documento tecnico, rappresenta il vademecum indispensabile che raccoglie le regole per accedere ai contributi che arrivano da Bruxelles per l'adesione alle polizze assicurative agevolate e agli altri strumenti di gestione del rischio passiva. Avrebbe dovuto essere approvato in Conferenza Stato Regioni lo scorso 27 novembre ma qualcosa è andato storto nelle discussioni.
Si è parlato anche di questo al 7° Forum Internazionale sulla Gestione del Rischio in Agricoltura che si è tenuto il 27 e 28 novembre scorsi a Roma, organizzato da Asnacodi Italia. Fra i presenti alle multiple sessioni di dibattito e confronto c'era anche Giuseppe Blasi, responsabile del Dipartimento della Politica Agricola Comune e dello Sviluppo Rurale del Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste.
Guarda la videointervista ad Albano Agabiti, presidente di Asnacodi Italia e Angelo Frascarelli, professore all'Università degli Studi di Perugia
"Rilevo che non riusciamo mai ad approvare il Pgra nei tempi, o siamo noi incapaci - ha detto Blasi - o è un sistema che va presidiato meglio. Tutti gli interlocutori devono interfacciarsi in maniera più costruttiva. L'approvazione è saltata per aspetti amministrativi. La gestione del rischio è estremamente divisiva a livello territoriale, serve maggiore corresponsabilità", ha tuonato Blasi e poi, diretto specificamente alle regioni, ha detto che "bisogna essere consapevoli che se si trova una mediazione, allora bisogna starci. Non può essere che, all'ultimo minuto, qualcuno intervenga a bloccare la partita".
L'approvazione del Pgra è slittata, con ogni probabilità, alla prossima convocazione della Conferenza Stato Regioni, ma alcune anticipazioni sono comunque possibili, con tutti i condizionali del caso. La prima novità, praticamente certa, è che il Piano di Gestione dei Rischi in Agricoltura sarà biennale invece che annuale e questo darà più stabilità al sistema. "Sicuramente è un Piano molto interessante - ci ha detto Albano Agabiti, presidente di Asnacodi Italia - abbiamo due contenuti in particolare: siamo riusciti a integrare bene le polizze ordinarie con AgriCat e sarà lanciata, in maniera più completa, la Polizza Smart".
Per quanto riguarda proprio le Polizze Smart, anche dette Semplificate, che già erano presenti nel Pgra 2025, Agabiti ha spiegato che "nel 2025, con il Piano approvato praticamente a marzo, in piena campagna assicurativa era difficile farle partire. Forse siamo arrivati a una decina di polizze in tutto. Quest'anno però, se abbiamo l'approvazione del Pgra 2026 nei prossimi giorni, le compagnie assicurative sono veramente pronte per mettere sul mercato queste nuove polizze. Si tratta di polizze più semplici da gestire, che coprono solo i costi di produzione, non il ricavo dell'azienda. Quello che dovremo correggere in corsa però è la semplificazione amministrativa".

Albano Agabiti, presidente di Asnacodi Italia, nel corso del 7° Forum Internazionale sulla Gestione del Rischio in Agricoltura
(Fonte foto: Barbara Righini - AgroNotizie®)
In rappresentanza del Fondo AgriCat è intervenuto al Forum di Asnacodi Italia di Roma Giovanni Razeto della Direzione Gestione Avversità Catastrofali. "AgriCat - ha chiarito - è uno strumento unico in Europa che si rivolge a più di 700mila agricoltori, potenzialmente esposti ad avversità catastrofali (gelo e brina, alluvione e siccità). Naturalmente uno strumento di questo tipo ha bisogno di regolazioni in corsa. Stiamo mettendo a sistema le banche dati. Crediamo che AgriCat possa essere una sorta di ammortizzatore per le aziende. Quando i rischi aumentano, il mercato assicurativo riduce la propria esposizione. AgriCat questo non lo fa ed è qui che nasce l'importanza della partnership pubblico/privato".
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Forse è bene ricordare che in Italia sono attivi tutti gli strumenti di gestione del rischio passiva immaginati a livello europeo: la cassetta degli attrezzi, come in molti addetti ai lavori la chiamano, è completa e va dalle assicurazioni agevolate appunto ai Fondi di Mutualità Danni ai Fondi Ist di Stabilizzazione del Reddito fino ad AgriCat, fondo nazionale per i rischi catastrofali (nell'attuale Pac, con il Psp 2025 gli strumenti sono denominati SFR01-02-03 e 04). Praticamente da tutti i presenti è stata sottolineata però l'importanza di un maggiore coordinamento fra gli strumenti. "Oggi - ha detto Camillo Zaccarini Bonelli di Ismea - non si tratta più di inventare ma di razionalizzare, gli strumenti vanno messi a sistema".
Proprio durante il Forum di Asnacodi Italia è stato ricordato come uno studio della Fao, datato 2023, abbia guardato ai danni post catastrofi dal 2007 al 2022. Secondo lo studio, le perdite agricole in quel periodo, a livello mondiale, hanno rappresentato il 23% dell'impatto totale dei disastri in tutti i settori. Da sola, la siccità, ha causato oltre il 65% delle perdite del settore agricolo. Si tratta di 3,8 trilioni di dollari negli ultimi trent'anni.
Uno studio di Asnacodi, citato sempre durante l'evento, ha stimano poi l'entità d'impatto del cambiamento climatico in Italia in 2,6 miliardi d'incidenza l'anno sul settore. In Italia diversi studi della Banca d'Italia hanno lavorato sui dati, a testimonianza che la preoccupazione per il primario occupa le migliori menti del Paese. Uno di questi studi in particolare, datato 2022 e firmato Accetturo e Alpino, ha guardato all'impatto della crisi climatica sulle rese di mais, grano duro e vite. I risultati non stupiranno gli agronomi: temperature sopra i 28-29°C fanno precipitare le rese di mais e grano duro, mentre l'effetto negativo per la vite si manifesta oltre i 32°C.
Se questa è la situazione, con la previsione di un peggioramento, ancora una volta è stato messo in evidenza come la gestione del rischio passiva non sia sufficiente, occorre investire in sistemi attivi (ad esempio sistemi antibrina o sistemi d'irrigazione di precisione, eccetera). "Investire 1 euro in azioni di pianificazione e strategia determina un valore aggiunto di 2,5 volte l'investimento" ha detto durante l'evento Andrea Berti, direttore generale di Asnacodi Italia. "L'approccio deve essere quindi quello di cultura di gestione del rischio". Senza dimenticare la necessità di innovare gli strumenti di gestione passiva del rischio e di utilizzare tutte le possibilità che le nuove tecnologie e il digitale offrono.
Da molti interlocutori sono state invocate le polizze assicurative parametriche, più adatte alle esigenze degli agricoltori che non coltivano molti ettari e che non hanno grande valore aggiunto. Le parametriche non sono ancora molto diffuse e offerte dalle compagnie assicurative italiane. Angelo Frascarelli, professore di Economia Agraria all'Università degli Studi di Perugia, vede delle criticità.
"La polizza parametrica - ha detto Frascarelli - è una polizza che risarcisce e stabilisce il danno sulla base di un parametro. Se la temperatura scende al di sotto di un certo livello, si presume che ci siano danni da gelo e viene pagato il danno da gelo, indipendentemente dal fatto che quell'agricoltore abbia o meno avuto effettivamente un danno. Questo chiaramente ha dei vantaggi, costano di meno. Però c'è un problema: l'Italia ha un territorio molto variabile. Già da una collina alla collina di fronte può cambiare il clima e quindi magari lo stesso calo di temperatura, in una collina genera un danno e in quella vicina non lo genera. Poi c'è un'altra questione: noi abbiamo molti prodotti in cui la qualità è importante e la polizza parametrica ha enormi difficoltà a valutare il danno di qualità. Quindi, a mio avviso, non ci possiamo aspettare in Italia una grande diffusione di polizze parametriche".
Samuele Trestini, professore dell'Università degli Studi di Padova, ha fatto il punto sui Fondi di Mutualità (per danni alla produzione e per sbalzi di mercato). Entrambi gli strumenti sono stati sviluppati in Italia ma molto c'è da migliorare per evitare che gli agricoltori che hanno deciso di aderire ai fondi, si disaffezionino.
"I Fondi Mutualistici sviluppati - ha detto Trestini - sono stati in grado di raccogliere 15mila imprese per quanto riguarda quelli che proteggono dalle perdite produttive e 3.500 imprese per quelli che proteggono dagli sbalzi di mercato (i Fondi Ist, Ndr). Tuttavia questi fondi hanno sofferto di grandissime difficoltà per risolvere le incertezze istituzionali-amministrative. I primi sono stati operativi nel 2019-2020 e stanno sperando ora di concludere con successo l'acquisizione della quota pubblica di contribuzione. I Fondi di Stabilizzazione del Reddito (Ist) italiani hanno una capacità di capitalizzazione che si approccia ai 20-25 milioni di euro. Rispondono alla stessa esigenza della Riserva di Crisi europea. Pur gestendo solo 3.500 imprese hanno capitalizzato. Entrambi i tipi di fondi sono importanti perché gestiscono rischi che il sistema assicurativo non copre, attacchi parassitari o rischi di mercato".
"Per quanto riguarda i Fondi Ist - ha continuato Samuele Trestini - è fondamentale ripartire con soluzioni tecniche da concertare con le istituzioni nazionali per far sì che la rapidità con la quale i fondi si capitalizzano sia la stessa che ha il Fondo Nazionale AgriCat". Una sollecitazione, quella del professore Trestini che solo con il tempo si capirà se troverà risposta nel dialogo con le istituzioni.






























