"Agrion - spiega a Italiafruit News il direttore della Fondazione, Silvio Pellegrino - ha avviato una mappatura dei terreni in collaborazione con l’Università di Torino, da cui sta emergendo che le piante starebbero seccando per saturazione di acqua alle radici, complici il compattamento dei terreni argillosi, le “rotaie” di passaggio degli atomizzatori e la sempre maggiore mitezza delle condizioni climatiche".
Come è stato spiegato dai relatori intervenuti, a essere interessati sono dunque soprattutto suoli con componente argillosa molto elevata, esattamente come a Verona. La soluzione al problema, tuttavia, ancora non c'è.
Graziano Vittone e Luca Nari di Agrion hanno parlato di “fenomeno in rapida espansione, imprevedibile ed irreversibile, senza nessun nesso causale, con primi sintomi a giugno e luglio e decorso molto rapido: dall’iniziale appassimento leggero si passa repentinamente all’arresto della crescita della pianta e dei frutti, cui fa seguito il collassamento”. Il terreno assume la condizione tipica del suolo da risaia.
Le analisi effettuate dal settore fitosanitario regionale e dall’università torinese non hanno evidenziato la presenza di funghi e batteri fitopatogeni primari; la gestione dell’irrigazione rappresenta un fattore determinante, ma i punti da chiarire e approfondire restano tanti.
Per tutelare i nuovi impianti, Vittone ha sottolineato l’importanza di un preventivo studio del suolo, di una preparazione adeguata del terreno (distribuzione di sostanza organica, baulature, sovescio), di un impianto irriguo che soddisfi il fabbisogno idrico della specie relativamente alla natura del terreno insieme alla predisposizione di strumenti atti a verificare l’effettivo stato idrico (tensiometri). Irrigare in base all’effettivo fabbisogno, inoltre, è considerato fondamentale.
Quanto agli impianti già esistenti ubicati in zone a rischio o che presentano “avvisaglie” il decalogo comprende valutazione ponderata dei volumi irrigui, esame delle condizioni dell’apparato radicale, erpicatura dell’interfila e assolcatura centrale, mantenimento di un numero adeguato di rami in rapporto all’effettiva attività potenziale delle radici, impiego oculato di prodotti fitoregolatori.
La diffusione della moria del kiwi in Piemonte, in definitiva è preoccupante. Ma Pellegrino si dice cautamente fiducioso: “confidiamo non si verifichi un’espansione come quella registrata in Veneto, siamo in tempo per modificare la sistemazione e l’assetto dei terreni limitando gli eccessi idrici”.
Autore: Mirko Aldinucci
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Fonte: Italiafruit