La competitività economica dell'albicocco in diverse regioni italiane, francesi, spagnole e greche è stata messa a confronto da uno studio dell'Università di Bologna realizzato con la collaborazione del Cso e il cofinanziamento della Regione Emilia Romagna. I risultati mostrano buone performance della produzione italiana, ma occorre prudenza negli impianti per non eccedere nell'offerta.

"Il settore dell’albicocco in Europa - dichiara Carlo Pirazzoli dell'Università di Bologna- sta attraversando una fase positiva confermata dagli interessanti risultati delle elaborazioni e dall’entusiasmo che accompagna questa specie fra gli operatori del comparto frutticolo nazionale ed estero. La conseguenza di tale entusiasmo è l’espansione della coltura, agevolata dal calendario di raccolta non particolarmente esteso e, quindi, suscettibile di ampliamento".

Proprio i consumi rappresentano una delle principali leve su cui agire, per consentire al mercato di recepire l’aumento di offerta senza incorrere in crisi e conseguenti cali dei prezzi. La produzione oggi in Europa raggiunge le 520.000 tonnellate e l'Italia è il primo produttore. Sul fronte consumi i dati dell’ultimo decennio (fonte Gfk Italia) evidenziano una modesta tendenza alla crescita, non superiore all’1,5% su base media annua e, inoltre, con frequenti oscillazioni. Positivo è invece l’aumento che si riscontra nei consumi dei mesi di fine estate, prerogativa all’espansione delle cultivar a maturazione tardiva.
 

L'export

Un altro canale di sbocco dell'offerta è l’esportazione verso mercati esteri, anche se la concorrenza con i vicini Paesi competitori è accesa. I dati del biennio 2010/2011 (fonte Eurostat) sono incoraggianti poiché l’export italiano è quasi raddoppiato rispetto ai volumi commercializzati nel periodo che va dall’inizio del millennio al 2009, senza contemporanee flessioni in termini di prezzo. Resta tuttavia forte la pressione competitiva di Francia, Spagna e Grecia: in particolare, la Francia detiene ancora una quota superiore ad 1/3 dei volumi complessivamente esportati dall’Ue, per un valore superiore al 40%. 
L’export complessivo dei Paesi comunitari evidenzia una crescita piuttosto limitata in volume (+3,5% su base media annua nel decennio 2002/2011) e ancora minore in valore (+0,8% nel medesimo periodo), segno di una tendenza all’impoverimento dei mercati di destinazione.

L'aspetto qualitativo

L’aspetto qualitativo dell’albicocca presenta vari attributi, ciascuno con proprie peculiarità e tendenze di mercato: in termini organolettici, particolare attenzione va posta al rapporto dolcezza/acidità, più apprezzata la prima in Italia e la seconda nel Nord Europa, mentre in termini estetico/visivi, più di altri frutti, nell’albicocca è apprezzata la colorazione più del calibro e della forma. I gusti dei consumatori hanno evidenziato una tendenza a privilegiare cultivar a sfondo aranciato con sfaccettature di colore rosso vivo. Infine, un aspetto determinante è quello tecnologico, connesso alla lavorabilità delle cultivar, per garantire che sulla tavola dei consumatori arrivi un prodotto integro.

 

La resa produttiva

A margine delle considerazioni di mercato la resa produttiva ha un aspetto determinante per la sostenibilità economica, poiché rese troppo basse non permettono adeguati livelli di redditività, soprattutto per le varietà che spuntano i prezzi più bassi, ma anche per le produzioni di più elevata qualità e quotazione nelle campagne negative.
L’albicocco è una specie dai costi di produzione decisamente alti, soprattutto se comparati con altre specie frutticole: in presenza di bassi quantitativi raccolti, che hanno anche l’effetto di rallentare la già contenuta resa dei cantieri di raccolta, l’onere da sostenere cresce rapidamente a livelli superiori a 0,80 euro/kg, ad eccezione di quelle aree dove si registrano i minori costi per i fattori della produzione.

 

Per il futuro dell’albicocco appare determinante la creazione di un sistema Paese coordinato, con la definizione di un’articolata logistica, dal confezionamento, al trasporto e fino alla distribuzione, che permetta di offrire una gamma produttiva rispondente alle esigenze dei consumatori. Per l’albicocco il tessuto produttivo estremamente frammentato impone uno stabile coordinamento tra i diversi attori della filiera, privati e pubblici. Senza coordinamento e cooperazione sarà difficile realizzare economie di scala e azioni di valorizzazione che rappresentano la forza di una moderna e competitiva frutticoltura.
 

Nella foto da sinistra: Carlo Pirazzoli  e Alessandro Palmieri Università di Bologna, Luciano Trentini Cso, Christophe Claude Cooperative Rhodacoop, Alberto Grassi Apofruit, Roberto Colombo Agrintesa, Carmelo Mennone Az. Pantanello-Alsia