Intere generazioni di agricoltori sono cresciute anche seguendo i cicli vegetativi di questa storica coltura che garantiva una buona fonte di reddito e alla quale tantissime aziende agricole destinavano ingenti superfici ogni anno grazie al buon reddito che ne derivava. Un altro aspetto da considerare è quello delle dotazioni meccaniche che occorrevano per la coltivazione di questa coltura, ovvero macchinari che comportavano notevoli investimenti da parte degli agricoltori stessi, e che oggi rischiano di essere inutilizzati, per la notevole difficoltà di riconversione verso altre colture.
Ma la domanda è: quali colture possono sostituire la bietola e fornire un qualche reddito?
“Devo dire che non esiste una coltura che offra gli stessi risultati della bietola - sostiene Mario Turroni, responsabile del Settore cereali del Consorzio agrario di Forlì-Cesena e Rimini -. Né dal punto di vista tecnico né per ciò che può riguardare le potenzialità in termini di produzione lorda vendibile e, quindi, di reddito. Questa, purtroppo, è la realtà. Ma come sempre l’agricoltura non finisce. Dopo un’annata di grande incertezza, a causa di un andamento stagionale che non ha permesso nessuna programmazione, siamo pronti a ripartire e a proporre alternative. La novità per il nostro territorio è la colza, della quale ormai si parla ovunque. Non solo, ma anche in considerazione di risultati sperimentati ed acquisiti, sia a livello di mercato che di reddito per gli agricoltori, direi che una valida opportunità viene sia dal pisello proteico che dal grano duro”.
Il Consorzio agrario è stato fra i primi a credere nella coltivazione della colza, si è attivato nella ricerca delle migliori varietà ed è in grado di offrire contratti di coltivazione a prezzo definito (220 euro a tonnellata + iva per l’azienda agricola).
Questa coltura va seminata tassativamente entro settembre e le aziende interessate dovranno accelerare i tempi della preparazione del terreno per rispettare le date di semina.
Pisello proteico, coltura non nuovissima, ma anche per questa specie sono state introdotte nuove varietà che possiedono un notevole potenziale produttivo. Secondo i tecnici del consorzio, questa coltivazione seminata in autunno potrebbe produrre molto di più di quanto aveva reso quando era stata seminata in primavera.
Grano duro: questa coltura torna prepotentemente alla ribalta per le innovazioni introdotte dalla Pac (Politica agricola comunitaria) che ha portato una pesantissima riduzione (un milione di ettari circa) in tutta l’area tipica di coltivazione del centro e sud Italia.
La ricerca, promossa dal Consorzio agrario in riferimento ai terreni e alle specificità della Romagna, ha introdotto nuove varietà altamente produttive e di ottima qualità, portando gli agricoltori a riconsiderare la coltura e la stessa industria molitoria ad apprezzare la produzione di tale zona.
Il Consorzio ha quindi attivato tutta la sua struttura operativa: tecnici, agenti e uffici commerciali per fornire informazione, assistenza tecnica, mezzi tecnici e per coordinare la raccolta della produzione dalle aziende agricole socie o clienti.
Pertanto sono disponibili contratti di coltivazione per: Grano Bologna, Grano Paterno, Grano Q. C., Grano Duro, Grano da biscotti, Pisello proteico, Colza.
“Un’ultima ma importante annotazione – conclude Turroni - che ci sembra importante sottolineare: non possediamo soluzioni definitive, però abbiamo messo in campo alcune alternative. Avendo presente che per stare sul mercato occorre sempre più recuperare le buone abitudini agronomiche che negli ultimi tempi sono state un po’ abbandonate e che, invece, sono indispensabili per il successo finale delle coltivazioni, ovvero un reddito congruo per l’azienda agricola. Infine, ci teniamo a precisare che non abbiamo tralasciato il settore delle colture da biomassa per usi energetici delle quali tanto si parla: ci stiamo lavorando, ma per il momento non riteniamo possano dare risposte concrete per gli agricoltori”.
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Fonte: Agronotizie